Halo: recensione della serie tv di Paramount Plus
L'universo narrativo di Halo si arricchisce di un nuovo tassello
L’annuncio che Halo, famoso videogioco il cui primo volume risale al 2001, sarebbe diventato una serie tv live-action ha suscitato interesse e preoccupazione. In più di venti anni, Halo è diventato un vero e proprio franchise che comprende romanzi, fumetti, webserie e due film d’animazione.
Annuncio che risale oramai al 2013, quando è stato dichiarato che a Steven Spielberg era stato affidato il ruolo di produttore esecutivo. I molteplici cambi di showrunner e sceneggiatori hanno fatto ritardare l’uscita della serie al 2020, quando ha subito l’ennesima battuta d’arresto a causa della pandemia.
L’entusiasmo dietro a questo progetto si è ulteriormente scemato alla notizia che la serie si sarebbe discostata dal resto del franchise e che avrebbe preso spunto solamente da alcuni elementi narrativi – specialmente dai videogiochi e dai romanzi -, ma la storia sarebbe stata inedita. E così è stato. Il risultato non è però dei migliori.
Indice
- La trama
- Le prime traballanti impressioni
- Le fragilità di Master Chief
- La rappresentazione della guerra
- Conclusioni
La trama – Halo, la recensione
L’umanità è minacciata da una specie aliena, i Covenant, che distruggono e lasciano una scia di terra bruciata al loro passaggio. I popoli sono terrorizzati e non sanno a chi fare appello, lasciati al loro triste destino. I soli che sono intenzionati a fermarli sono gli spartani, un gruppo di super soldati nati dal progetto Spartan dalle forze speciali UNSC. Gli spartani sono modificati in modo tale da essere letali, potenziati psicologicamente, fisicamente ed anche emotivamente in quanto privati – tramite un chip – dei loro ricordi, sentimenti ed emozioni.
Tra di loro brilla Master Chief, chiamato anche John-117, che porta in salvo l’unica sopravvissuta del pianeta Madrigal. In una grotta vicino al luogo dello scontro, i soldati rivelano una keystone che reagisce solamente al tocco di John e che avrà su di lui degli effetti inaspettati che lo porteranno a mettere in discussione tutta la sua vita.
Le prime traballanti impressioni – Halo, la recensione
Fin dalla prima puntata non è chiaro quale sia il target di pubblico a cui Halo si riferisce.
La guerra che fa da sfondo alle vicende, Madrigal e la stessa natura degli spartani è confusionaria. Non sarebbe un problema se la serie avesse intenzione di unire i tasselli col tempo, ma ancor prima di dare una visione d’insieme e far capire la natura degli spartani ad uno spettatore che non conosce la storia del videogioco, il personaggio di Master Chief subisce un cambiamento repentino che non può essere apprezzato.
Nel videogioco la soggettiva è fondamentale per creare l’immersività necessaria per uno sparatutto e questa viene enfatizzata da una divisa che copre le fattezze degli spartani, anche il volto.
Non sono pochi i personaggi di cui il viso non viene rivelato o mostrato solo per pochi minuti; personaggi il cui costume è parte integrante della loro personalità e missione. Il viso non rivelato è un simbolo e, per Halo, è fondamentale che siano proprio gli spartani – super soldati addestrati ad uccidere a sangue freddo – ad essere l’unica possibilità per l’umanità dalla quale sono stati forzatamente allontanati.
Tutto questo nella serie arriva dopo alcune puntate, facendo perdere l’importanza del gesto simbolico di Master Chief (Pablo Schreiber) che si toglie il casco e con il quale starà senza per la maggior parte del tempo.
Le fragilità di Master Chief – Halo, la recensione
Purtroppo questa superficialità nel trattare una storia che, al contrario, avrebbe molto da dire è un difetto che si può riscontrare in tutta la prima stagione.
L’idea di partenza è quella di mostrare i risvolti della guerra e come colpiscono le classi sociali considerate più deboli che devono battersi per sopravvivere ma, al tempo stesso, anche utilizzando il punto di vista di super soldati creati appositamente per uccidere i Covenant e chiunque si pari sul loro cammino. La drammaticità di come vengono obbligati i soldati ad obbedire viene svelata pian piano e, i flashback di Master Chief, si rivelano i soli momenti toccanti della serie.
Halo dà molta più importanza al chip installato agli spartani per bloccare le loro emozioni e renderli persone prive di identità, ricordi e quindi facili da manipolare. Gli spartani vengono completamente modificati e trattati alle stregue di vere e proprie macchine da guerra.
Master Chief mostra debolezze e fragilità, è scosso da dubbi che non ha mai avuto prima e non sa di chi fidarsi, cadendo in errori già commessi perché, per la prima volta, conosce la sensazione di essere solo e di avere paura. Tutto questo viene semplificato, introdotto fin troppo tardi nella narrazione andando così a limitare l’empatia che si poteva creare con John.
La rappresentazione della guerra – Halo, la recensione
Come già accennato, Halo vuole mostrare la guerra sotto due punti di vista differenti utilizzando a tale scopo il punto di vista dei due protagonisti della serie: Kwan Ha e Master Chief.
I due, che durante il primo episodio hanno fortunatamente sfiorato il pericolo di far richiamare troppo alla mente The Mandalorian con un rapporto padre-figlia adottiva, sono i due lati ella stessa medaglia. Con John si segue la storyline principale, quella anche più interessante e meglio sviluppata alla quale viene affiancata Cortana e la scienziata Catherine Halsey con la sua idea distorta di progresso, anche se questo vuol dire sacrificare vite umane.
Il secondo punto di vista che coincide con la storia di Kwan Ha da quando il suo pianeta viene preso d’assalto e lei si ritrova orfana poteva essere omesso senza che la serie, in generale, perdesse un tassello importante.
La sua missione e la sua voglia di ribellione dovrebbero mostrare i disastri che la guerra crea, con tutti gli squilibri tra le classe sociali che vengono inevitabilmente accentuati. Ma Kwan Ha, come tutto il resto dei personaggi – a parte la dottoressa Halsey che è una piacevole eccezione – manca del mordente necessario ad empatizzare con i personaggi. Il ritmo della serie è, in questo modo, irrimediabilmente compromesso.
Conclusioni – Halo, la recensione
È difficile capire a chi si rivolge Halo. La serie, allontanandosi volutamente dal mondo videoludico e letterario creato dal franchise, si vuole posizionare nel mezzo e cercare di accontentare tutti, sia i fan di vecchia data che il semplice curioso che guarda la serie senza aver mai giocato all’opera primaria. Non avendo una direzione precisa, Halo fallisce in fretta nel suo tentativo. Solamente nel finale, quando si decide a prendere apertamente ispirazione dal mondo videoludico, il ritmo si accelera e le scelte – sia narrative che stilistiche – convincono pienamente.
Ma prima delle puntate finali, il ritmo è continuamente smorzato da storyline secondarie di dubbio interesse, personaggi non approfonditi e supportati solamente da un’estetica ben curata che, però, non riesce da sola a supportare il world building necessario per apprezzare in tutto per tutto una serie dalla grande portata come lo è, sulla carta, Halo. Con una seconda stagione già annunciata, le speranze non sono ancora svanite del tutto.
Halo
Voto - 5
5
Lati positivi
- L'estetica ben curata
- La parte finale
Lati negativi
- I personaggi mancano di introspezione e profondità
- Le due storyline principali si perdono in fretta a discapito del ritmo e dell'immersività