Hanno ucciso l’Uomo Ragno: la recensione della serie sulla leggendaria storia degli 883
La genesi degli 883 e il racconto dell'amicizia tra Max Pezzali e Mauro Repetto nella serie Sky Original di Sydney Sibilia: la nostra recensione di Hanno ucciso l'Uomo Ragno
Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare spesso di effetto nostalgia legato a prodotti seriali e cinematografici ambientati in un’epoca precisa, quella a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, il periodo storico in cui è cresciuta la fetta di pubblico cui questi prodotti (principalmente) sono indirizzati. Uno strumento potente, tanto a livello narrativo quanto di marketing, che va sapientemente dosato e sfruttato. Hanno ucciso l’uomo ragno – La leggendaria storia degli 883, la serie Sky ora disponibile su NOW in tutti i suoi 8 episodi, con l’effetto nostalgia ci gioca al meglio. Creata e scritta da Sydney Sibilia insieme a Francesco Agostini, Chiara Laudani e Giorgio Nerone è prodotta da Sky Studios e Groenlandia, la casa di produzione indipendente fondata da Sibilia e Matteo Rovere. Dietro la macchina da presa, oltre allo stesso Sibilia, ci sono Alice Filippi e Francesco Capaldo e nei panni di Max Pezzali e Mauro Repetto i bravissimi Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli.
Hanno ucciso l’uomo ragno prende avvio a Pavia, alla fine degli anni Ottanta, con il giovane Massimo Pezzali fresco di bocciatura e quindi costretto a passare l’estate nella monotona cittadina lombarda aiutando i genitori nel negozio di fiori. Un dramma. Massimo è ossessionato dalla musica, con una conoscenza enciclopedica della scena punk-rock anni Settanta, e ha velleità artistiche che la pratica e provinciale Pavia non può soddisfare. Ma è quando è costretto a cambiare scuola che la vita di Massimo prende una svolta grazie all’incontro con il suo nuovo compagno di banco Mauro Repetto, ambizioso aspirante deejay. Quell’incontro si trasforma in una grande amicizia tra opposti che si attraggono e completano: Max è quel pezzetto che mancava a Mauro e viceversa. Insieme daranno vita agli 883, un gruppo che da improbabile duo di provincia si trasforma in uno dei fenomeni musicali più rilevanti – forse il più significativo – degli anni Novanta in Italia.
Indice:
- Una serie con le vibes giuste che sfrutta al meglio l’effetto nostalgia senza rimanerci ingabbiata
- L’anima degli 883 e il racconto di formazione di due ragazzi qualunque
Una serie con le vibes giuste che sfrutta al meglio l’effetto nostalgia senza rimanerci ingabbiata – Hanno ucciso l’Uomo Ragno recensione
Il soggetto di Hanno ucciso l’Uomo Ragno prende ispirazione dalla biografia di Max Pezzali I cowboy non mollano mai, adattata e romanzata da Sydney Sibilia e il team creativo per dar vita a quella che è La leggendaria storia degli 883 per il piccolo schermo. Una storia personale e ben precisa, fortemente connotata dall’epoca in cui si svolge, che nelle mani di Sibilia si trasforma in una parabola che riesce a uscire dal suo tempo pur essendovi ancorata. La serie non è mai è solo un’agiografia degli 883 permeata di quell’effetto nostalgia che avrebbe potuto risultare stucchevole, ma è il racconto di due ragazzi qualsiasi che riescono a realizzare i propri sogni tra coraggio, incoscienza, la giusta spinta e una sana dose di incazzatura a fare da motore. Una storia che, nonostante la fortissima connotazione temporale e l’identità dei protagonisti, riesce perfettamente a farsi godere e apprezzare anche da chi con gli 883 non solo non ci è cresciuto ma magari, negli anni Novanta, nemmeno era nato.
Un pregio non da poco, questo, che allarga il bacino di fruizione della serie oltre quella fascia di pubblico cui Hanno ucciso l’Uomo Ragno è idealmente destinata. Certo, gli 8 episodi sono intrisi di quelle vibes che chi in quell’epoca ci è cresciuto accoglierà e vivrà con un sentimento di malinconia e un pizzico di rimpianto, ma la penna di Sibilia mescola queste istanze a uno spirito comico e ironico irresistibile. Non ci si crogiola nella nostalgia né la serie vi rimane ingabbiata o appesantita. Il contesto è vivido, disseminato di elementi iconici di quegli anni – la sala giochi, lo stereo con le cassette, le VHS, i motorini Piaggio e via dicendo – ma la confezione estetica e visiva è contemporanea e la storia di formazione e crescita dei due protagonisti universale. E ancora, lo slang è quello anni Novanta, con la tipica connotazione lombarda, ma la scrittura è quella di una serie fresca e moderna.
L’anima degli 883 e il racconto di formazione di due ragazzi qualunque – Hanno ucciso l’Uomo Ragno recensione
La leggendaria storia di Max Pezzali e Mauro Repetto è raccontata come un romanzo per immagini, addirittura quasi con l’andamento di un fumetto. La voce narrante di Elia Nuzzolo ci accompagna in ogni capitolo, con un commento che non è mai fastidioso, banale o sovrabbondante, ma che serve a farci entrare ancor più in empatia con il suo Max. Il punto di vista che assumiamo è il suo, siamo guidati dalla sua voce e guardiamo gli altri personaggi come li guarda lui, viviamo le situazioni con quel misto tra propensione al sogno e pratico disincanto che caratterizza il suo personaggio. Nuzzolo centra in pieno quell’alone di sfrontatezza, romanticismo e sfiga del personaggio che Pezzali raccontava nelle sue canzoni. Siamo lontani dalla semplice imitazione, Elia Nuzzolo coglie il cuore del suo Max. Matteo Oscar Giuggioli, altro talento da tener d’occhio, porta all’estremo l’esuberanza di Repetto e rilegge il suo personaggio in una chiave sopra le righe davvero irresistibile. Bene anche il Claudio Cecchetto di Roberto Zibetti, colui che nell'”impresentabile” duo di Pavia vede un potenziale dirompente, e la Silvia di Ludovica Barbarito, interesse amoroso di Max sin dal primo episodio e figura chiave nella storia.
Quello di Silvia è un personaggio di finzione ispirato a varie figure femminili della vita di Pezzali e qui oltre alla ragazza dei sogni è la musa ispiratrice di Max, protagonista di una storyline parallela con un bell’arco narrativo compiuto. Quel che emerge, insomma, non è solo l’anima degli 883 e la genesi di un fenomeno musicale di rottura nell’Italia anni Novanta delle canzoni d’amore disperate cui il duo di Pavia contrapponeva brani coinvolgenti dai testi semplici che l’Italia dei ragazzi la raccontavano davvero. A saltar fuori è il racconto di un legame tra due ragazzi qualunque, complementari ma diversissimi, che maturano e cambiano inseguendo un sogno non privo di ostacoli. A completare il quadro di una serie davvero brillante, che coinvolge e intrattiene, una colonna sonora che sfrutta alla perfezione i brani degli 883 come meccanismo narrativo e non come semplice commento. Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 (qui il trailer) è disponibile in streaming su NOW.
Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883
Voto - 7
7
Lati positivi
- La scrittura brillante e le interpretazioni di Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli
- Il modo in cui la serie gioca con l'effetto nostalgia senza rimanerci intrappolata
Lati negativi
- Non tutti i personaggi secondari funzionano e hanno il giusto spazio