High Flying Bird: recensione del film originale Netflix sull’NBA!
La nostra recensione del nuovo film di Steven Soderbergh
High Flying Bird recensione. Ci sono cineasti che fano passare anni tra un film e il successivo. Altri invece, come fino allo scorso anno Woody Allen, sfornano un quantitativo esagerato di titoli. Quasi un appuntamento annuale. Steven Soderbergh appartiene alla seconda categoria: dalle serie tv ai lungometraggi, il regista americano sembra non avere un momento libero. E se a ciò uniamo una sperimentazione continua dei suoi prodotti, sotto ogni punto di vista, il suo operato acquista ancora più valore. Il regista della saga di Ocean’s e Traffic apre questo 2019 con una nuova opera contraddistinta da una forte critica socio-politica.
Ambientato nel mondo dell’NBA, High Flyng Bird narra una storia turbolenta. Le riprese, affidate all’ormai di famiglia iPhone, ci fanno entrare in un contesto che ci ricorda come dietro lo sport ci sia molto di più di quello che vediamo. Soderbergh, che si appresta anche a tornare sul piccolo schermo, collabora con Netflix in quello che è uno dei prodotti più interessanti di questo inizio 2019. Scopriamo altro in questa recensione di High Flying Bird.
Il lockout – High Flying Bird recensione
Alla base di High Flying Bird c’è una parola: lockout. Il lockout, tradotto in italiano, è un vero e proprio sciopero. In questo caso è strettamente legato all’NBA, la National Basketball Association, e a richiederlo possono essere i giocatori, i dirigenti o gli arbitri, ad esempio, per divergenze negli accordi. Nel momento in cui inizia un lockout lo stallo può durare settimane e addirittura mesi, fino a che gli accordi non vengono trovati.
È su queste basi che inizia la narrazione del film. I protagonisti sono l’agente sportivo Ray Burke e il suo cliente Erick Scott. Quest’ultimo non è un semplice giocatore NBA, in realtà non lo è ancora. Lo è ma solo sulla carta, essendo un rookie, un debuttante, al suo primo anno nella lega.
Il problema è che Erick, pur avendo firmato il contratto che lo legherà alla squadra di New York, non è ancora riuscito a mettere piede in campo. Il motivo? Lo sciopero, il lockout. Proprietari bianchi e i giocatori neri sono in una situazione di stallo. I primi non hanno fretta, i secondi non hanno tanto potere. Il ragazzo oltre a non giocare, non è neanche pagato. Ma la bancarotta e i disagi non sono alla finestra solo per lui. Anche il suo agente, Ray, vede tutto sgretolarsi quando l’agenzia per cui lavora, proprio per via delle partite non giocate, vede i suoi introiti diminuire drasticamente. Nella mente dell’agente, allora, comincerà a prendere piede un piano non solo per migliorare le condizioni sue e del suo assistito, ma per cambiare le carte in tavola nell’intera situazione di stallo che si è creata.
La macchina che muove lo sport – High Flying Bird recensione
High Flying Bird non è un prodotto facile da descrivere, diverso da molti e insolito sotto tutti i punti di vista. Da un film ambientato nel mondo dell’NBA ci si aspetterebbe di vedere spalti gremiti, riflettori, grandi star e poderose schiacciate. Niente di tutto questo ci viene mostrato nel nuovo film Netflix. Ciò che ci viene sparata addosso fin dal primo istante è un discorso legato alla macchina che muove tutto, a ciò che rende vivo lo sport, la televisione e la stessa vita delle persone: il business. In questo caso il business dietro la più grande lega professionistica di basket al mondo. Nessuna delle cose che noi vediamo dello sport è qui descritta. Vediamo solo i macabri giochi di potere e di sfruttamento economico dietro questo grande meccanismo. Vediamo agenti, vediamo contratti, scioperi, denaro, schiavitù psicologica di giovani sportivi, per lo più afroamericani.
Il film è un prodotto estremamente riuscito se si pensa alle premesse. Svelare, con sincerità e spirito quasi documentaristico o giornalistico, i giochi dietro ciò che vediamo con tanta ammirazione. Il film mette a nudo aspetti che riguardano i media, il potere avido dei proprietari e dei grandi dirigenti, il potere limitato dei giovani giocatori e la sempre presente supremazia che il bianco vuole rivendicare. Lo sport professionistico, come ce lo descrive Soderbergh, non è tanto affascinante se visto sotto questo punto di vista. Un film che feroce che fa della critica sociale la sua fortissima base. Pur essendo temi e contesti forse troppo spesso ripresi, proprio la sincerità di questa rabbia è ciò che colpisce.
Lo spazio drammatico – High Flying Bird recensione
Tutto l’insieme è valorizzato da ciò che sostiene con fermezza l’intero film: una sceneggiatura solida e piena di consapevolezza. Autore di questa è il drammaturgo Tarell Alvin McCraney (premio Oscar al suo esordio con la sceneggiatura di “Moonlight“). La sceneggiatura colpisce per la capacità con la quale pone i personaggi in relazione alla storia, facendo emergere le storie dei protagonisti ma ponendo anche gli altri elementi al centro del vortice che risucchia tutti. Lo sguardo è fissato verso le ingiustizie e le assurdità della società. La scrittura crea un intreccio serpentino che costruisce una grande sceneggiatura, poetica quanto forte e identitaria. In tutto questo si notano la formazione teatrale dello sceneggiatore che porta un dramma da palcoscenico su una piattaforma di streaming.
Se la scrittura fornisce una base importante, è la messa in scena costruita da Soderbergh che ci fa entrare con morbosità nella storia. Girando quasi interamente con un iPhone 7 (già testato nel precedente Unsane), il regista invade gli spazi e senza chiedere il permesso si infiltra nelle vicende altrui facendoci cogliere i lati nascosti dei meccanismi che si celano dietro tutto. Tutto condito da alcune buone performance, tra le quali sono da sottolineare quelle di André Holland, Zazie Beetz e Sonja Sonh. Nel cast troviamo anche Zachary Quinto, Bill Duke e Kyle McLachlan, oltre che alcuni reali giocatori professionisti militanti nella lega.
Conclusioni – High Flying Bird recensione
Giocando attorno al tema, ormai cliché, del lavoratore schiavo del capitalista, Soderbergh e McCraney creano una storia intensa. Questa, contaminata da cultura pop, poesia e religione, riesce ad essere aperta ad un pubblico molto più vasto di quello che si possa pensare. Il ritmo non è sempre alto e spesso le dinamiche dietro il meccanismo del potere possono diventare soporifere: di certo è richiesta un po’ di pazienza (e non guasterebbe anche un certo grado di familiarità con gli argomenti) per seguire alcune rapide successioni narrative. Forse la troppa carne al fuoco eclissa alcuni elementi che sarebbe stato bello vedere più approfonditi e forse la durata breve (90 minuti) non aiuta.
Un prodotto delicato, pur contraddistinto da una forte rabbia, che rieece a farci riflettere su tantissimi temi. Molti temi lasciano spiragli aperti, spiragli che dovremmo colmare noi, con i nostri punti di vista e i nostri pareri critici. High Flying Bird è quel tipo di film adatto ad una discussione post visione sulla contemporaneità: discussione che deve coinvolgere, in primis, il nostro esseri umani e la consapevolezza del futuro che vogliamo. Una storia vecchia quasi quanto lo sport che rappresenta, ma in una nuova e interessante veste cinematografica. Presentato al Sundance Film Festival, è disponibile dall’8 febbraio su Netflix.
High Flying Bird, di Steven Soderbergh
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- La sceneggiatura: una piccola perla di scrittura del drammaturgo Tarell Alvin McCraney
- La regia di Soderbergh: l’iPhone 7 aiuta ad infiltrarci con morbosità dentro il dramma
Lati negativi
- Il ritmo della vicenda: spesso altalenante e confusionario