House of the Dragon: recensione della serie spin-off di GoT
Lo spin-off de Il Trono di Spade non delude e regala una prima stagione introduttiva, ma avvincente
House of the Dragon è la nuova serie HBO tratta dal romanzo di George R.R. Martin dal titolo Fuoco e sangue, già autore della famosa saga Il Trono di Spade.
Game of Thrones si è conclusa ben tre anni fa, lasciando scontenti alcuni, rendendo soddisfatti altri, ma che sia piaciuta o meno è stata un vero e proprio spartiacque, un punto d’arrivo per la serialità statunitense. GoT è stata tra lei serie più chiacchierate degli anni 2000, ha fatto riscoprire al pubblico la passione per l’uscita settimanale, per le teorie, per i confronti che essi fossero dal vivo o si consumassero su blog e social media come solo Lost, X Files e Twin Peaks sono riusciti a fare.
La notizia, quindi, che uno spin-off stava prendendo vita ha creato molto hype, soprattutto quando si è saputo che la protagonista della serie sarebbe stata la casata dei Targaryen e i suoi intrighi, 172 anni prima della nascita di Daenerys Targaryen.
House of the Dragon è approdata in Italia distribuita da Sky e Now Tv in contemporanea con l’uscita settimanale, concludendosi il 24 ottobre.
Indice
- Trama
- Il dipinto di una società patriarcale
- La rappresentazione della maternità
- Le prove recitative
- Pareri tecnici
Trama – House of the Dragon, la recensione
Viserys Targaryen (Paddy Considine, che regala un’interpretazione magistrale) è il primo del suo nome, un Re gentile e onesto che ha cuore l’unione e la pace del suo regno. Una pace che è mantenuta anche dalla garanzia di una successione: quando Viserys e la regina consorte non riescono ad avere un secondo figlio, il Re decide di nominare sua figlia Rhaenyra (interpretata nei primi cinque episodi da Milly Alcock e successivamente da Emma D’arcy) la legittima erede al trono. Una decisione che divide le altre casate, indignate e furiose per la prospettiva che una donna possa sedere sul trono di spade.
La sua nomina viene messa continuamente in discussione a favore degli altri due uomini più vicini al trono, anche se totalmente inadeguati: il fratello del Re, Daemon (Matt Smith) e dal fratellastro più giovane, Aegon II, nato dal matrimonio tra Viserys e Alicent, un’amica d’infanzia di Rhaenyra. Entrambi sono uomini brutali, dediti ai vizi, alla bella vita e all’esercita il proprio potere ogni volta che ne hanno l’occasione.
Il dipinto di una società patriarcale – House of the Dragon, la recensione
Ai due opposti di questa dinamica ci sono le due protagoniste il cui rapporto varia continuamente, diventando fin dalla prima puntata il punto nevralgico della serie e il vero motore narrativo. Le due vivono una vita che sono i due lati della stessa medaglia: entrambe sono incastrate in un gioco di potere che le vuole deboli e malleabili, il cui unico compito è quello di essere madri. House of the Dragon mette in scena tutti gli elementi della società patriarcale che dipinge le donne come angeli dei focolari e poco altro. L’unica aspettativa che grava sulla loro testa è quella di farsi da parte e far figli, non è possibile essere madri e combattenti allo stesso momento.
È il meccanismo in cui Rhaenyra si ritrova incastrata involontariamente anche se è la legittima erede al trono. Tutti i suoi diritti sono messi in discussione a causa della dubbia paternità dei suoi primi geniti: poco importa se è lei la futura regina e che i suoi eredi sono, senza dubbio, suoi figli; la possibilità che lei abbia dei figli bastardi è una facile scappatoia per considerarla inadeguata al sedere sul trono. Rhaenyra è vittima di una delle discriminazioni più antiche: i re, anche prima di essere incoronati, hanno molti figli bastardi che sono un motivo di vanto. Ma Rhaenyra è donna e, anche in un mondo fantasy, se cerca di avere la stessa vita degli uomini e pretende gli stessi diritti, viene accusata di essere inadeguata.
La rappresentazione della maternità – House of the Dragon, la recensione
Per Rhaenyra essere madre è una gabbia dal quale è difficile uscire. È un dovere a cui tutti i sovrani devono sottostare per garantire l’eredità alla casata, ma per una regina vuol dire anche essere vista come debole. In House of the Dragon viene portato alla luce come la maternità sia fondamentale per mantenere vive le tradizioni su cui si basa la corona, ma un corpo gravido sia visto come un ostacolo, una debolezza. I figli di Rhaenyra hanno un ruolo molto particolare per una serie mainstream: non sono solamente dei doveri, sono degli ostacoli. Prima sono usati come una banale scusa, poi sono un vero e proprio ostacolo fisico quando deve esercitare il suo diritto al trono.
In modo simile è dipinta la regina Alicent (interpretata da Emily Carey quando è giovane e da Olivia Cooke da adulta). Spinta dal padre a corteggiare il re appena la regina viene a mancare, Alicent viene vista solamente come una moglie gentile che venera il proprio marito e una perfetta madre. Poco importa se non ha mai provato nulla per Viserys – dimostrando al contrario una profonda connessione con Rhaenyra che sfocia in un amore non dichiarato – o se non mostra amore per i suoi figli, che crede completamente inadatti alla successione, il suo dovere lo ha fatto e da lei ci si aspetta che esegue gli ordini del padre e del Re.
Le prove recitative – House of the Dragon, la recensione
La sceneggiatura è la vera chicca di House of the Dragon, caratterizzata da personaggi affascinanti e sfaccettati e da una trama che si snoda per via di giochi di potere, inganni e ambizioni.
In questo, House of the Dragon ha ripreso lo spirito di GoT, ma non è riuscito a tratteggiare personaggi davvero ignobili. Daemon è interpretato magistralmente da Matt Smith, ma il suo personaggio – violento, crudele, cieco d’ambizione e alla ricerca della gloria a ogni costo – si perde nelle puntate centrali, diventando sempre più carismatico e incontrando, involontariamente, il favore del pubblico.
Aegon II doveva essere il Joffrey di questa stagione: stupratore, pedofilo, incurante del male che fa agli altri, un bambino troppo cresciuto e viziato. Sebbene il messaggio venga colto senza problemi, il suo personaggio è troppo messo da parte per brillare. Al contrario le due protagoniste e chi le interpreta – in ogni fascia d’età – danno vita a due regine stoiche, due personaggi iconici che riescono perfettamente nel loro ruolo. A penalizzarle è il cambio repentino di parte del cast e del salto temporale a metà stagione, quando il pubblico si era già affezionato alle protagoniste. Un dispiacere che dura molto poco visto la bravura di D’arcy e di Cooke.
Pareri tecnici – House of the Dragon, la recensione
Ad essere affascinanti sono anche le ambientazioni che si focalizzano specialmente negli interni dei castelli e delle casate, enfatizzando i giochi di potere che si svolgono solamente tra le file alte della gerarchia. Poco spazio è dato agli altri regni e alla città stessa, poco importante per la trama che, al contrario, è completamente focalizzata sulle famiglie reali. Una scelta calzante e ponderata che si sposa con la storia che si impegna di raccontare: solo a Viserys Targaryen interessa il suo popolo, gli altri lo sfruttano.
A dare qualche delusione è la CGI che – in alcune delle scene più complesse, specialmente quelle con i draghi – è vittima di diversi scivoloni. House of the Dragon riesce infine nel suo intento: essere uno spin-off piacevole che richiama alla memoria Games of Thrones e che, se riuscisse a prenderne solamente gli elementi cardine senza cadere nel derivativo, promette di essere tra le serie più avvincenti di questi anni.
House of the Dragon
Voto - 8
8
Lati positivi
- La rappresentazione della società
- Alicent e Rhaenyra, due facce della stessa medaglia
- Gli interpreti protagonisti
Lati negativi
- I personaggi più crudeli perdono in fretta il loro mordente
- La CGI carente in alcune scene