How to have sex: recensione dell’ottimo film d’esordio di Molly Manning Walker
La trentenne Molly Manning Walker sbarca a Cannes e poi ad Alice nella città con How to have sex, esordio alla regia che la rende nota al grande pubblico e che la porta a vincere il premio Un Certain Regard a Cannes 2023 e il premio Fassbinder come miglior rivelazione agli European Film Awards 2023. Il film ha inoltre guadagnato anche una nomination come miglior film britannico ai BAFTA 2024. Direttrice della fotografia e sceneggiatrice britannica con How to have sex (qui il trailer) la regista dimostra una capacità e costruzione della messa in scena sorprendente e carica di un’energia che riesce ad essere tanto delicata quanto esplicita. Un film assolutamente da vedere.
Indice
Trama – How to have sex, la recensione
Tara, Sky ed Em sono unite da una profonda amicizia che dura da anni: insieme hanno vissuti tutti i turbamenti, le gioie e i dolori dell’adolescenza. Alla fine del liceo si meritano di festeggiare la conclusione di un’era. Il posto migliore per farlo è Malia, sull’isola di Creta, dove i party non finiscono mai, ci si nutre di alcool e fumo e dove sicuramente c’è una smisurata possibilità di conoscere qualcuno. Perché il divertimento, in particolare per Tara, deve portarla a togliersi di dosso un peso che si porta dietro da troppo tempo e cioè quello di essere vergine. Le amiche vogliono che quella vacanza per lei serva anche a quello. Le 3 ragazze conoscono 3 persone poco più grandi di loro: i ragazzi Badger e Paddy e una ragazza, Paige. Le ipotetiche coppie sembrano formate e Tara si trova però spesso divisa tra Badger e Paddy, più affine al primo, ma convinta da Skye che Paddy sia molto più intraprendente e affascinante. Le pressioni innocenti delle amiche e lo stesso iniziale bisogno di uscire dalla sua condizione di essere vergine, per Tara si trasformano nel reale peso che la opprime: dare un senso a quella vacanza. Nella mente di Tara accade qualcosa, e si sente divisa, incapace di capire e reagire; quanto è vicina all’immagine che ha sempre da di sé e quanto c’è di lei in quella ragazza estroversa e disinvolta che gli altri vedono?
Distrarsi per non pensare neanche un minuto – How to have sex, la recensione
Le menti annebbiate, le immagini sfocate, i vestiti stretti e scomodi, le piscine dove si ergono corpi perfetti e statuari, forme definite e accentuate da bikini e copricostumi trasparenti, e che bisogna mettere anche se non lo si vuole: questo è tutto il mondo di How to have sex. Non è la moda che la regista, sempre con rispetto e prudenza, racconta e descrive, attraverso immagini perfette e definite nei colori, nei rumori di sottofondo e nelle assordanti grida di entusiasmo e implacabile clima da festa, ma l’impossibile volontà di non seguirla, che verrebbe considerato sbagliato, strano, lontano dall’obbiettivo di divertirsi veramente. È nel trucco che cola su visi accaldati dalle notti in discoteca, nell’alcool che scivola in corpo e sul corpo, nei brillantini, nell’eyeliner, nella matita, nel mascara, nel lucida-labbra e in qualsiasi altro cosa possa servire per essere perfette, bellissime, sensuali e pronte a quella che sarà di sicuro la miglior vacanza di sempre.
Mentre la fotografia esplode nell’energia del verde, del giallo, del bianco e delle luci stroboscopiche delle discoteche, la regia segue Tara, che tanto timida quanto disinibita, si fa largo tra la gente, tra chi si bacia e si avvinghia, chi beve e chi fuma, chi le sta accanto senza vederla né sentirla davvero. È attento e delicato lo sguardo di Molly Manning Walker, che cattura con una costruzione della messa in scena impeccabile e nuova, di stampo britannico. Narrare di una generazione, di un’adolescenza allo sbando, che sa divertirsi nel peccato e nel vizio della sensazione di essere sempre storditi, disorientati, fuori dal proprio corpo; sia questo causato da ciò che si beve o da ciò che si fuma. È un’età giovanile che crede di sapere cosa vuole, che fa dello smartphone e di ciò che riprende la vera realtà. Una realtà dettata dall’inesperienza e l’ingenuità dell’essere giovani, uno smarrimento che andrebbe accolto, senza rincorrere quella vita adulta dove si pensa che tutto realmente cambierà. Dove la vera maturità arriverà senza troppa ricerca.
Un film da non perdere – How to have sex, la recensione
Tara è mossa solo da un’unica idea, un traguardo e un obiettivo da raggiungere: quello di fare sesso, di non essere più la vergine del gruppo; è quasi vista come l’unica medicina per guarire e superare una malattia che non esiste, ma che fa sentire totalmente inadeguati e diversi. Ma se Tara si sente così è perché convenzioni sociali, mondo giovanile e frasi che feriscono più di quanto potrebbe sembrare le hanno fatto pensare che così debba essere. Perché il dramma dell’essere ancora vergine non è poi così sofferto come le vogliono far credere. Ecco che i veri turbamenti e traumi arrivano dopo, sul finire di una vacanza di perdizione, tra feste estreme e divertimento sfrenato, dove il giorno diventa la notte, la luce il buio e non si sa più di chi si sta vivendo la vita. Se il post-diploma è un periodo di transizione, con la fine della scuola dell’obbligo, l’inizio dello straordinario universo del college e il passaggio alla vita adulta, la vacanza è l’ultimo momento per affacciarsi a un mondo nuovo senza trovarsi impreparate.
In How to have sex, magistralmente interpretato e girato, è tutto latente, velato, mascherato ma esplicito negli occhi, nei gesti, negli sguardi e nelle risposte che non si danno. C’è così tanto nei dialoghi dove il non detto è l’intesa dell’amicizia, la comprensione di un dolore, di un qualcosa che rimarrà sempre, ma che si può superare. Ma è anche l’incapacità di parlare, di dire qualcosa che tra vergogna e confusione, fa rendere conto che a mancare sono i punti di riferimento. Le certezze di una cultura e di una società che lascia indietro, in ogni ambito, quella gioventù che andrebbe aiutata, accompagnata, seguita, ma soprattutto capita. Perché come tempi e mondi cambiano, anche i momenti della vita cambiano e nella difficoltà di conoscere ciò che si sente lontano, si preferisce voltare le spalle. Il film si inserisce così nel luogo del divertimento per eccellenza, dove tutto e tutti lavorano e arrivano per passare momenti indimenticabili.
Conclusioni – How to have sex, la recensione
How to have sex è una piccola opera d’arte, matura e filtrata da un occhio autentico, che sa cosa vuole trasmettere e che sceglie una tecnica che ricorda in qualche modo Aftersun. Come il film di Charlotte Wells, sempre di stampo britannico, affrontava la crisi dei 30enni, How to have sex mostra quella dei 20enni, che non si sa cosa abbiano dentro, e che non riescono spesso ad esprimere a parole. How to have sex sfiora la tematica del consenso, suggerendo, senza però focalizzarsi su quello, come violenza psicologica e fisica siano due terribili facce di una stessa medaglia. Non c’è indagine, colpevoli e vittime, perché Molly Manning Walker rappresenta, fotografa, inquadra, segue le sue protagoniste in quelle giornate che, uguali a se stesse, dovrebbero arrivare a un punto, a una fine, ma che invece sono solo i più assurdi, fantastici giorni di libertà, prima di tornare nella monotonia della realtà e nelle preoccupazioni della quotidianità. Ma se per le 2 amiche che ruotano attorno a Tara sarà così, forse per lei quella vacanza significherà sempre qualcosa di diverso.
How to have sex
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Perfetta costruzione dell'immagine
- Interpretazioni e tematiche complementari e originali