I leoni di Sicilia: recensione dei primi episodi
I primi episodi della nuova serie tv italiana sono intriganti in quanto raccontano di una fetta di storia italiana ignorata dalla serialità, ma non esente da difetti.
Tratto dall’omonimo romanzo di Stefania Auci e diretta da Paolo Genovese, I leoni di Sicilia è la nuova attesa serie tv italiana di Disney Plus. Divisa in due blocchi – i primi quattro episodi sono usciti il 25 ottobre e per vedere le ultime puntate dovremo aspettare il primo novembre -, la serie ricostruisce le vicende della famiglia Flori nella Sicilia di inizio Ottocento. I Flori nascono come una famiglia povera che abita in un’ostile Calabria scossa da continui terremoti fino a quando il patriarca Paolo Flori decide di averne abbastanza e di trasferirsi a Palermo per aprire una bottega di spezie.
L’intuizione è giusta, Palermo è una città in fermento e in costante cambiamento grazie ai suoi porti che la rendono il posto perfetto per un padre di famiglia ambizioso. La piccola bottega, con gli anni, diventa una vera e propria impresa basata sul profitto e sul commercio di qualsiasi cosa su cui Vincenzo Flori – il figlio di Paolo – riesca a mettere le mani. I leoni di Sicilia si concentra su di lui, sull’ascesa e la creazione del nome dei Flori in una società ostile e governata dalle crudeli leggi che governano le classi sociali.
Indice
Lo sfondo socio-economico – I leoni di Sicilia, la recensione
La storia de I leoni di Sicilia è affascinante già dalle sue premesse: un’epoca della storia italiana poco conosciuta e narrata, quella del commercio marittimo dominato dalle spezie e che sta attraversando una fase difficile quanto trascinante, quella della rivoluzione industriale, delle piccole botteghe che diventano delle imprese, di uomini d’affari che si arricchiscono mentre la manodopera viene meno perché comprare una macchina costa meno che pagare delle persone che fanno il medesimo lavoro in più tempo e con meno precisione. La Sicilia, in particolare Palermo, è l’ambientazione perfetta per raccontare come l’Italia stava cambiando e come questi cambiamenti hanno accentuato ancor di più il divario sociale ed economico tra la borghesia, i commercianti e la classe operaia.
La famiglia Flori – I leoni di Sicilia, la recensione
Tutto questo è racchiuso in una saga familiare, anche qui ci troviamo di fronte ad una scelta ottima. Conosciamo Vincenzo fin da quando è in fasce e lo seguiamo per fino alla sua età adulta, anni in cui la rivoluzione di cui parlavamo poco fa riesce a consolidarsi e a diventare la quotidianità invece che un sogno (o una minaccia) in lontananza. La famiglia Flori non prospera nelle migliori condizioni: il padre di Vincenzo, Paolo, fonda prima il suo negozio e poi la sua ristretta impresa sulla violenza, l’inganno, il rancore e la rabbia. Come si suol dire, la mela non cade lontano dall’albero e Vincenzo cresce con l’idea che con il pugno duro si ottiene tutto.
Una peculiarità accentuata anche dalle discriminazioni continue che i Flori subiscono da sempre. Per quanto la famiglia Flori sia prospera e molti nobili hanno solamente un titolo, ma nessun possedimento e sono costretti a chiedere prestiti proprio a Vincenzo. Si assiste quindi alle radici della discriminazione e vengono evidenziate ogni loro discrepanza ed ipocrisia: i nobili, poveri, si ergono ancora sul trono sebbene abbiano un tenore di vita umile e si avvicinano pericolosamente alla povertà; mentre Vincenzo, ricco e astuto, viene visto ancora come un mendicante solamente perché lavora e commercia.
Una sceneggiatura altalenante – I leoni di Sicilia, la recensione
Queste prime puntate presentano alti e bassi. I pregi risiedono principalmente nell’estetica e nel comparto visivo: la fotografia è morbida e avvolgente e richiama un’ambientazione marina del sud Italia senza essere stereotipata; i costumi sono ben fatti e, nel complesso, tutto riesce a far immergere lo spettatore in una Palermo di inizio ‘800. La regia non si prende troppe libertà artistiche né guizzi creativi, rimane sempre molto scolastica ed è questo ad essere il problema di I leoni di Sicilia. Sebbene la narrazione viaggi su due binari paralleli e dia più livelli di lettura, la storia dei Flori e quella dei cambiamenti socio-economici sono strutturate in modo diverso.
La seconda, che resta sullo sfondo e viene plasmata pian piano, è nettamente più interessante della prima. Le vicende dei Flori sono raccontate in modo fin troppo didascalico e veloce, senza dare il tempo per soffermarsi sui rapporti tra i personaggi o su quest’ultimi. L’unico ad essere scritto in modo migliore è Vincenzo e come viene plasmato dall’educazione rigida e violenta del padre prima e dai cambiamenti che il mondo occidentale stava vivendo poi. Vincenzo quindi non gode solamente di un attore (Michele Riondino) che riesce a far risaltare le peculiarità del personaggio, ma anche di una scrittura migliore rispetto agli altri personaggi che al contrario sono solamente abbozzati.
Conclusione – I leoni di Sicilia, la recensione
Le prime puntate di I leoni di Sicilia sono intriganti, ma non esenti da difetti. La scrittura dei personaggi, in particolare, è il vero grosso difetto della serie che sposta l’ago della bilancia in un’opinione tiepida e meno entusiasta rispetto alle aspettative iniziali.
I leoni di Sicilia
Voto - 7
7
Lati positivi
- Lo sfondo socio-economico dell'Italia di inizio Ottocento
- La scrittura di Vincenzo e come Michele Riondino porta sullo schermo il suo personaggio
Lati negativi
- La scrittura è piatta e carente nel raccontare tutti gli altri personaggi che sono poco più che macchiette