Il buco – Capitolo 2: recensione del sequel del film spagnolo Netflix
Galder Gaztelu-Urrutia torna su Netflix con Il buco - Capitolo 2, ancora più brutale ed estremo: la nostra recensione
A quattro anni di distanza dal primo film, Il buco (qui la recensione), uscito nel marzo 2020 su Netflix, il regista Galder Gaztelu-Urrutia torna con il sequel, Il buco – Capitolo 2. Protagonisti questa volta sono Hovik Keuchkerian nei panni di Zamiatin e Milena Smith nel ruolo di Perempuan, prigionieri della cella 24 e appena entrati nella Torre. Il buco 2 (qui il trailer), disponibile su Netflix a partire dal 4 ottobre 2024, cambia personaggi e cambia sistema, introducendo nuove tematiche ed eccedendo su una violenza diversa rispetto a quella che contraddistingueva il primo capitolo.
Indice
Trama – Il buco 2 recensione
Le regole sono cambiate, o per meglio dire, esistono e sono molteplici. Si può scegliere un solo cibo da mangiare alla propria entrata nella Torre, e quello sarà per tutti i mesi a venire. Non si può mangiare qualsiasi altro piatto sia presente sulla tavola, in modo che ogni piano abbia la propria razione giornaliera di cibo. Se qualcuno muore, il suo piatto dovrà essere buttato e non può essere equamente diviso tra gli altri. A stabilire queste vere e proprie leggi gli Unti, che fanno capo a un leader, tanto temibile quanto incapace di provare pietà, pronto a infliggere torture e a condannare a morte chi non segue tali regole. Ognuno in questa Torre ha una colpa e la loro non è una scelta, ma sono obbligati a stare lì. Prima di venire raggiunti dagli Unti in caso di reati commessi, si passa attraverso un processo di pacificazione che prevede un combattimento tra chi ha infranto la legge e chi invece continua a seguirla, e che avviene sulla piattaforma ad ogni piano, quando ad esempio, i così detti “barbari” tentano di scendere al di sotto della propria cella.
Il combattimento avviene quando i prigionieri dei vari piani hanno modo di incontrarsi, quando la piattaforma scende, nei pochi minuti che si ha prima che scenda di nuovo, togliendo così tutto il tempo per mangiare. Finché non intervengono gli Unti, le battaglie possono protrarsi per giorni e nessuno avrà così modo di mangiare. C’è una comunicazione interna tra un piano e l’altro, in modo che tutti si assicurino che ciascuno svolga il proprio compito: mangi il proprio cibo, lasci quello degli altri intatto, partecipi alla pacificazione e consegni senza pietà i barbari agli Unti. Per Zamiatin, matematico con un problema di rabbia e Perempuan, artista che porta sulle spalle un doloroso ricordo, è il primo mese nella Torre, al piano 24, e un giorno, a Zamiatin prima, a Perempuan poi e infine a tutti gli altri, è chiaro come ci sia qualcuno, ai piani alti, che non sta rispettando le regole. Ma non solo, perché da un certo piano in poi, non c’è mondo di avere notizie.
Metafore intrinseche e spaventose suggestioni – Il buco 2, la recensione
Il sequel di Galder Gaztelu-Urrutia è ancora più brutale e violento di quel fenomeno Netflix che è stato il primo film, Il buco, 4 anni fa. Sempre più ambiguo e simbolico il finale, che svela dei misteri ampliando la narrazione del primo capitolo, ma aggiungendo un’aura di enigmatico, esoterico e criptico al senso logico. Un senso logico che non era da ricercarsi neanche nel film del 2019, perché sono 2 le riflessioni su cui vuole puntare Il buco 2, riconfermando quello che, con feroce evidenza, aveva in parte già detto anni fa. Perché il messaggio del primo film, e ciò che forse l’ha reso così popolare e angosciante, era proprio l’impossibilità di cambiare le cose. Un atto di arrendevolezza che obbligava a piegarsi di fronte a un’autorità che non si può sconfiggere. E questo nemico invincibile altro non è che la natura umana, privata dei bisogni primari, che si modifica e si trasforma, tirando fuori il peggio di sé, quando le circostanze la portano all’estremo.
Quindi istinto di sopravvivenza e totale incertezza sulla reale possibilità di cambiare le regole, di vivere secondo l’uguaglianza e la collaborazione tra esseri umani. Se Il buco lasciava una speranza, Il buco 2 afferma come non c’è modo di trovare una legge giusta, quella che lo sia per tutti: l’autorità vincerà sempre. Tra simbolismo, fede, religione, senso di colpa, sacrificio, sistemi di tortura e rispetto, che sempre fanno ricorso a sopraffazione e dolore, Il buco 2 esprime le sue tematiche più profonde espandendo e portando all’ennesima potenza tutto ciò che nel primo film veniva esteriorizzato e pronunciato con bestiale immediatezza. Una crudeltà ed efferatezza che è, da questo secondo capitolo, un tratto distintivo di quella che potrebbe diventare una vera e propria saga.
Elementi ripugnanti – Il buco 2, la recensione
Il genere del film questa volta si avvicina fin troppo a quello dell’horror e l’aspetto più onirico e visionario che lega l’inconscio, nella sua ottica più astratta, all’istinto, nella sua ottica più concreta, di infliggere dolore. Che questo sia per affermare se stessi, la propria libertà o il proprio diritto alla vita. In questo caso mangiare. I tormenti della fame, così inimmaginabili, che coinvolgono l’intero organismo, visibili all’esterno e all’interno di un soggetto, non possono che indurre alla totale incapacità di distinguere giusto e sbagliato, portando alla perdizione della propria anima. Ma Il buco 2 va oltre perché mostra come l’anima di chi entra in quella Torre verticale che sembra non avere fine, è già compromessa; le terribili azioni delle quali si è macchiata una persona non possono che peggiorare. Non c’è redenzione e non c’è assoluzione.
Il buco 2 però questa volta esagera arrivando a guadagnarsi l’appellativo di “disgustoso”, a tratti inguardabile in come sceglie di rappresentare quella famelica voracità, quella spietata violenza e quella cruda sete di sangue per chi si oppone. Il buco 2 insiste troppo su certe sequenze, lunghe e dettagliate, che spesso si ripetono. Ciò che aveva reso Il buco un film nuovo, da vedere e forse da leggerne le metafore all’interno, era anche la scelta di mettere in scena aggressività, crudeltà e malvagità attraverso dialoghi e scene che mostravano le persone nella Torre mangiare senza misura, avere pochi minuti per ingurgitare la maggiore quantità di cibo possibile. Non c’era niente di così sanguinario o atroce nei momenti che realmente rappresentavano il temperamento più selvaggio e animalesco: quello di chi sa che l’unica cosa a separarlo dalla morte sono quei pochi minuti che ha per mangiare.
Conclusioni – Il buco 2, la recensione
Nel primo film c’erano scene più crude, ma non erano quelle a rimanere indelebili e la violenza era più forte e percepibile nei momenti che di feroce non avevano nulla. Che mostravano la rapacità, l’ingordigia e la smania dei piani più alti, e i morsi della fame, il bisogno incontrollabile di mangiare dei piani più bassi. Coloro che miravano al più basilare sostentamento: alla possibilità di nutrirsi e non patire gli stenti di un digiuno prolungato. La forza di Il buco 2 sta quindi maggiormente in tutto ciò che ha caratterizzato la prima parte: il tavolo pieno, ora con la possibilità di scegliere un solo cibo, il tavolo con piatti e bicchieri vuoti, e quel numero scritto sul muro che è un chiaro indizio su come si vivrà il mese a seguire.
Il buco 2, quindi, non raggiunge la forza del primo film, che aveva tanto di nuovo e di originale e che, con una messa in scena essenziale e minimalista e con una particolare estetica del cibo rendeva il film di Galder Gaztelu-Urrutia uno dei migliori prodotti distopici degli ultimi anni. Ma in questo secondo capitolo è palese, fin da subito, come di tutta quella sanguinaria violenza presente, e a volte gratuita, non ce ne fosse proprio bisogno.
Il buco 2
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Le tematiche espresse sono d'impatto
- Una nuova matrice sulla quale riflettere
Lati negativi
- Uso dell violenza spesso inutile dal punto di vista visivo e narrativo
- Il film assomiglia troppo a un horror più che a una distopia