Il Contagio – La Recensione
Vi presentiamo la recensione de Il Contagio, il nuovo e discusso film con Vinicio Marchioni, in sala dal 28 Settembre.
Ci si troverebbe in grande difficoltà se si dovesse raccontare in maniera sistematica quale sia la trama de Il Contagio, tanto è liquido e ambiguo il film in questione.
Da una parte ci sono Simona e Mauro, giovane piena di speranze lei e spacciatore dalle grandi ambizioni lui; dall’altra troviamo la coppia composta da Chiara e Marcello, casalinga insoddisfatta lei e nullafacente cocainomane lui, che trova una fonte di guadagno nella svendita del proprio corpo allo scrittore Walter, vanamente innamorato del suo escort di fiducia. Tutt’intorno una girandola umana di anime tristi e senza alcuna possibilità di salvezza.
A distanza di sette anni dal successo di Et in terra pax, Matteo Botrugno e Daniele Coluccini tornano sul luogo del delitto e proseguono idealmente il duro lavoro cominciato con il primo film, tracciando un affresco doloroso e per nulla rassicurante della loro Roma. Che la capitale sia stata protagonista indiscussa di parecchi film italiani delle ultime stagioni è un dato di fatto; tuttavia, qui non troviamo né i ricchi salotti felliniani de La grande bellezza né la famelica sete di potere che guidava i sordidi abitanti della Suburra di Stefano Sollima. Se proprio dovessimo trovare un precedente, qui saremmo piuttosto dalle parti della periferia desolata e desolante della trilogia di Caligari e, in particolare, di Non essere cattivo (anche in questo caso a produrre è la Kimera Films). E di atmosfere pasoliniane è intriso il presente lungometraggio, così come il romanzo dal quale esso è tratto e del quale è autore Walter Siti, grande studioso nonché curatore delle opere di Pier Paolo Pasolini.
E, d’altra parte, la sfida del duo registico stava nel rendere sul grande schermo la complessità di un romanzo che è sommatoria di immagini piuttosto che narrazione di eventi concatenati. In questo senso, la rischiosa scelta di Botrugno e Coluccini si realizza nella netta divisione dell’opera in due sezioni ben delineate. La prima parte ha una dimensione prettamente corale ed omaggia l’andamento per suggestioni di Siti, accarezzando le disperazioni delle due coppie principali e degli altri inquilini del condominio in cui queste risiedono, con una particolare attenzione alle figure femminili: dalla mesta Chiara della straordinaria (se ancora avessimo avuto bisogno di ulteriori conferme) Anna Foglietta all’ingenua Simona di Giulia Bevilacqua, passando per l’innamorata vessata di Lucianna De Falco e la mater dolorosa di Alessandra Costanzo, che regala una delle scene più commoventi del film.
La seconda parte, invece, si focalizza sul solo Mauro e sulla sua personale discesa agli inferi, resa con misura da un ottimo Maurizio Tesei. In mezzo, attraversano l’intera pellicola il Marcello del bravissimo Vinicio Marchioni e il malinconico Walter del sorprendente Vincenzo Salemme, spesso presente come lettore fuoricampo di stralci di frasi originali di Siti, che in questo personaggio trova il suo alter-ego sulla scena. Proprio in questa bipartizione sta sì l’originalità del prodotto, ma probabilmente anche il suo limite principale. Infatti, il cambio di rotta a tre quarti dal finale è troppo drastico e forse eccessivamente straniante per lo spettatore abituato dal tempo precedente all’andamento felicemente ondivago del racconto. E, invece, d’improvviso i caldi colori aranciati di un’umanità comunque vitale al di là della sofferenza vengono sostituiti dai freddi neon delle notti criminali di Mauro: la narrazione si fa più lenta; i tempi si dilatano; i sottofinali si accumulano; la tragedia incombente è spiegata con un ralenti esasperato e il film ne perde in incisività, risultando meno efficace di quanto avesse fatto fino a quel momento.
Ad ogni modo si tratta di qualche lungaggine di troppo sulla quale si può passare oltre senza alcun accanimento, perché ciò che più interessa Botrugno e Coluccini sembra essere proprio la determinazione dei caratteri in campo. In fondo, il contagio è quello di un male di vivere che rode senza posa corpi e menti di donne e uomini soli, un’epidemia che non arresta la corsa e non lascia scampo. Le donne cercano nelle frivole chiacchiere di cortile e in un’antica remissività la via per la sopravvivenza. Dal canto loro gli uomini sono percorsi da un’omosessualità più o meno latente, che è innanzitutto compassione per i guasti altrui, che in realtà sono anche i propri: da un lato troviamo l’ambiguo legame che unisce Mauro e Marcello; dall’altro quello tra Marcello e Walter, che regalano una tra le scene d’amore più belle viste negli ultimi anni al cinema, romantica nel suo essere intessuta di splendide parole ed erotica nel suo essere suggerita e mai esplicita.
Non ricercano assoluzione queste creature sconfitte dalla vita, né tanto meno sono condannabili: incapaci di reagire tirano a campare senza troppe pretese, condannati ad un ergastolo individuale che loro stessi si sono inconsciamente inflitti. E ad assistere a questo macello umano troviamo la soleggiata Roma di borgata: incrollabile eppur ferita come i personaggi che ospita, quel prodigio sempiterno che i due registi hanno a ragione definito ‘una città debole in un corpo bellissimo’.
‘Prima della penetrazione, si apre il prato delle confidenze, dei piaceri segreti dell’innocenza, della gioia di immaginare le stesse cose nel medesimo istante. Poi accade quello che deve accadere. Guardarlo in faccia, mentre si abbandona. La lingua fuori, piegato a libro. Il broncio infantile. Il mio concludere è così intenso che a lui scappa da ridere, e a me viene in mente come sarebbe bello avere un figlio da lui. Il male non esiste. La pace bussa quando vuole‘.
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Il Contagio - La Recensione
Drammi tossici di periferia - 8
8
The Good
- Soggetto; caratterizzazione dei personaggi; interpretazioni.
The Bad
- La seconda parte del film non è efficace al pari della prima: troppo prolungata e troppo esasperata nei toni.