Il materiale emotivo: recensione del film di Sergio Castellitto
Dopo l'anteprima al Bif&st 2021, arriva al cinema dal 7 ottobre Il materiale emotivo, film di Sergio Castellitto con Matilda De Angelis da un soggetto di Ettore Scola
Sergio Castellitto torna dietro la macchina da presa con Il materiale emotivo, di cui vi proponiamo la nostra recensione, prossimamente al cinema dal 7 ottobre. Scritto da Margaret Mazzantini, il film è tratto da un soggetto di Ettore Scola, Un drago a forma di nuvola, firmato dal cineasta insieme alla figlia Silvia e a Furio Scarpelli. Le vicende si svolgono in una Parigi fuori dal tempo; una sospensione che la capitale francese condivide col protagonista della storia, il libraio Vincenzo. Il personaggio di Vincenzo ha il volto dello stesso Castellitto. Accanto a lui Matilda De Angelis, alle prese con un’ulteriore conferma del suo talento, e Bérénice Bejo, rispettivamente nei panni della figlia di Vincenzo, Albertine, e l’attrice di teatro Yolande.
Arricchiscono il cast Alex Lutz, Marie Philomène Nga e Nassim Lyes insieme a Sandra Milo e al rapper Clementino presenti con due camei. Castellitto porta dunque sullo schermo quella che è l’ultima idea di Ettore Scola, che nel 2014 diventa una graphic novel, realizzata dal regista insieme con Ivo Milazzo, anche autore delle illustrazioni. Il materiale emotivo è una co-produzione italo-francese, recitato per gran parte nella lingua d’oltralpe e girato interamente in interni; più precisamente al Teatro Cinque di Cinecittà, il favorito di Federico Fellini. Dopo la presentazione in anteprima al Bif&st 2021 arriverà nelle sale cinematografiche a partire da giovedì 7 ottobre. Prima di passare alla recensione de Il materiale emotivo, riprendiamone i tratti salienti della trama.
Indice:
- La trama
- Fra teatro, letteratura e attualità che uccide
- Punti di forza e debolezze
- Considerazioni finali
La trama – Il materiale emotivo, la recensione
Vincenzo è un libraio che gestisce il suo negozietto in una piccola piazza di Parigi, di fronte a un teatro. Vive sopra la sua libreria insieme alla figlia Albertine, costretta su una sedia a rotelle a seguito di un tragico incidente occorsole quand’era ancora una bambina. Il trauma ha portato Albertine a un mutismo assoluto e Vincenzo comunica con lei attraverso i suoi amati scrittori. Le legge brani dei suoi libri preferiti, cercando di farla evadere dalla prigione “fisica” ed emotiva in cui è costretta. Le giornate scorrono sempre uguali, fra le visite dell’affascinante e giovane medico Gérard e le amorevoli cure della simpatica governante Colombe.
Fin quando, un giorno, Yolande fa letteralmente irruzione nella vita e nello spazio personale di Vincenzo. Yolande è un’attrice di teatro vulcanica ed esuberante, alle prese con un regista che non sopporta e le nevrosi di una vita quotidiana caotica e frenetica. Non potrebbe essere più diversa da Vincenzo eppure, tra i due, scatta qualcosa. Yolande travolge la statica, ma rassicurante, quiete di Vincenzo come un fiume in piena, costringendolo a confrontarsi nuovamente con emozioni sopite da tempo.
Fra teatro, letteratura e attualità che uccide
Il materiale emotivo si apre con un sipario che si alza per richiudersi sul finale. Il teatro è parte integrante della vita di Yolande e del suo agire, istanza narrativa fondamentale, nonché vera e propria cifra stilistica del film. E Sergio Castellitto ce lo comunica chiaramente sin dall’apertura: siamo chiamati ad assistere alle vicende dei personaggi come di fronte a una rappresentazione teatrale. Le stesse scenografie – peraltro molto curate e suggestive – richiamano il teatro; sia negli interni, che nei pochi spazi esterni di una Parigi un po’ retrò e a tratti favolistica. In qualche modo lo spettatore stesso si ritrova a rifugiarsi in una dimensione che non è quella del veder scorrere la realtà. Con una sorta di “filtro” che è sì piacevole a livello percettivo e poetico nel significante, ma che non aiuta a sentire i personaggi vicini a sé.
Vincenzo, invece, “filtra” la sua realtà e vive la sua vita attraverso la letteratura e, per suo tramite, cerca di regalare un mondo immaginario e sicuro per Albertine. Ci sono Cechov e Dostoevskij, Calvino e Cervantes e ciascuno di loro porta con sé una suggestione, un’idea, una possibile via da percorrere o un messaggio di speranza cui aggrapparsi. Il libraio prova a portare Albertine altrove, in una finzione che è sempre migliore della vita vera, perché “l’attualità uccide”. Uccide e annichilisce con la sua brutalità, costringe a confrontarsi col dolore. È una prigione da cui è possibile evadere solo rifugiandosi in un passato (letterario) che spalanca mille porte e offre continuo conforto. I classici della letteratura sono quindi via di fuga e mezzo di comunicazione affettivo tra un padre e una figlia. Un aspetto interessante, questo, nel film di Castellitto, nonché quello meglio messo in luce e sviluppato.
Punti di forza e debolezze – Il materiale emotivo, la recensione
Abbiamo detto poco sopra nella nostra recensione come uno dei punti di forza maggiori de Il materiale emotivo sia la rappresentazione della letteratura come mezzo di comunicazione; di cura, potremmo aggiungere. Il rapporto tra Vincenzo e Albertine è messo in scena con una certa poesia e accentuato dalla sintonia che traspare fra Sergio Castellitto e Matilda De Angelis. Ancora una volta De Angelis dà prova del suo talento; questa volta, impegnata a cimentarsi in un ruolo in cui non c’è spazio alcuno per la parola. Albertine comunica solo con lo sguardo (peraltro sempre eloquente) e la giovane attrice carica di intensità ogni espressione del volto, dando forma e “voce” a ciascuna emozione. Al polo opposto c’è il personaggio di Yolande, con Bérénice Bejo impegnata in una flusso pressoché continuo di parole.
Anche Bejo è artefice di un’ottima prova, ma il suo personaggio – come quelli di Vincenzo e Albertine – soffre per una mancanza di profondità. Conosciamo poco il passato – la storia – di Vincenzo e Albertine e per niente quello di Yolande; gioco forza, finiamo per sentirli distanti. Non li conosciamo abbastanza. Paradossalmente, nel film di Castellitto, scarseggia proprio il materiale emotivo e il racconto rimane in superficie. L’impressione generale è quella che ci si sia voluti concentrare più sulla messa in scena che sul contenuto. Alla fine del film quel che rimane in mente sono le belle scenografie, i dettagli degli ambienti e l’atmosfera senza tempo di un racconto un po’ artificioso che non colpisce né emoziona come vorrebbe.
Considerazioni finali – Il materiale emotivo, la recensione
Calato letteralmente il sipario, l’ultimo film di Sergio Castellitto si lascia dimenticare. Non lascia impressioni profonde nel complesso, ma si fa di contro apprezzare volentieri nei dettagli. Uno di questi – se di dettaglio si può parlare – è l’interpretazione di Matilda De Angelis. La giovane attrice, vale la pena ripeterlo, è in grado di restituire tutto il disagio, la tristezza e la rabbia del suo personaggio senza dire una parola. Ed ecco che nelle interazioni fra lei e Castellitto le emozioni emergono colpiscono, senza bisogno di artifici.
Le sovrastrutture lasciano il posto alla sostanza e ci si sente vicini a un padre e a una figlia i cui tormenti sono reali e credibili. Lo stesso discorso non si applica alla relazione tra Vincenzo e Yolande, carica di troppe forzature e manierismi che stancano presto. Arrivati alla conclusione della nostra recensione, possiamo dire che Il materiale emotivo è un film ben confezionato ma che non arriva come dovrebbe. Una storia che vorrebbe essere un racconto universale sulla riscoperta dei sentimenti ma che fatica a legarsi alle corde emotive dello spettatore.
Il materiale emotivo
Voto - 6
6
Lati positivi
- L'idea della letteratura come mezzo di comunicazione, rifugio e strumento di cura è interessante e ben rappresentata
- Matilda De Angelis dà ulteriore prova del suo talento in un ruolo che non lascia spazio alcuno alle parole
Lati negativi
- La storia non cattura né emoziona come dovrebbe, lasciandosi dimenticare in fretta
- Conosciamo poco del passato, del vissuto e della storia dei protagonisti: diventa difficile entrare in relazione con loro