Il nostro pianeta 2: la recensione della seconda stagione della docuserie Netflix
La serie naturalistica narrata da David Attenborough torna su Netflix confermando la formula vincente della prima stagione, senza mancare di emozionare
Dal 14 giugno è disponibile su Netflix la seconda stagione della serie britannica di documentari naturalistici Il nostro pianeta 2. Quattro episodi, narrati, ovviamente, ancora una volta dal divulgatore scientifico e naturalista David Attenborough, che confermano la formula vincente dell’annata precedente (immagini uniche realizzate con tecniche all’avanguardia, forte resa estetica, intenti ambientalisti), spostando però l’attenzione su un fenomeno nuovo. Seguendo una narrazione più eclettica e dinamica rispetto alla prima stagione prende infatti vita una storia che questa volta mette al centro i movimenti migratori di diverse specie animali, fotografate negli angoli più svariati del pianeta.
Un mondo in movimento seguito con la consueta attenzione al dettaglio e con uno sguardo capace, ancora una volta, di far emergere l’impatto devastante dell’azione antropica sull’ambiente circostante. Un’idea sicuramente meno forte rispetto a quella dell’annata precedente ma che si dimostra un’ottima occasione per riproporre immagini uniche, tanto “costruite” nei loro intenti estetici, drammaturgici e ideologici quanto profondamente vere e autentiche.
Indice:
Trama – Il nostro pianeta 2 recensione
Dal Golfo del Messico all’Antartide, dalle Montagne Rocciose alle cime dell’Himalaya. È un mondo in costante movimento quello che brulica da un estremo all’altro del pianeta. Un insieme di migrazioni regolate dal passare dei mesi e delle stagioni, spesso interconnesse tra loro in un rapporto di codipendenza capace di unire, in un equilibrio perfetto, terra e cielo, mari e fiumi, prede e predatori, dai pinguini della Nuova Zelanda ai puma della Patagonia, dalle Zebre del Serengeti alle balene del Pacifico. Un movimento incessante e fondamentale per la salute del pianeta, oggi sempre più minacciato dall’attività umana e dai cambiamenti climatici.
È in questo nuovo contesto che si susseguono così le storie di un gruppo di animali alle prese con rotte migratorie vecchie anche milioni di anni, frutto di un istinto impossibile da sopprimere anche quando in ballo c’è la vita stessa. Siano fatte per il cibo, per accoppiarsi o per garantire un futuro alle nuove generazioni, queste migrazioni sono essenziali tanto per chi le compie quanto per la vita del pianeta stesso. Un bene preziose che siamo chiamati a salvaguardare e proteggere per il futuro di milioni di specie.
La solita (brutta) storia
A guardare i primi minuti di questa nuova stagione de Il nostro pianeta 2 potrebbe quasi sembrare di avere a che fare con un documentario vecchio stampo, popolato da animali alle prese con un’esistenza certamente difficile ma interamente dominata e condizionata dalle leggi naturali. Basterebbe attendere ancora qualche momento – fino alla scena in cui, con un cambio di prospettiva agghiacciante, la presenza umana emerge nel peggiore dei modi – per rendersi conto, però, di essere ancora in pieno “Antropocene”.
Mentre un isolotto delle Hawaii si rivela essere una discarica di plastica a cielo aperto, causa della lenta morte di un’intera colonia di pulcini di albatros (in una sequenza che fa il paio, per drammaticità, con quella dei trichechi della prima stagione), diventa infatti chiaro come il senso dell’operazione della docuserie Netflix sia sempre lo stesso: tracciare l’affresco, suggestivo e terribile al tempo stesso, di un mondo bellissimo ma sempre più minacciato dall’attività umana.
Una presenza ingombrante?
È ancora una volta dalla nostra ingombrante presenza che parte dunque questa seconda stagione. Se nella prima, però, l’attività dell’uomo era raccontata in relazione ai diversi habitat naturali, luoghi un tempo estesi e incontaminati e ora da esso minacciati e messi a rischio, qui il rapporto è più sottile e meno immediato, legato com’è alle migrazioni delle diverse specie all’interno del globo. “La vita sul pianeta dipende dalla libertà di movimento”, spiega David Attenborough nel primo episodio della stagione, ed è proprio seguendo queste linee migratorie che la serie racconta una storia di esistenze interconnesse e perfettamente equilibrate, dimostrando come, oggi, rischino di essere minacciate e alterate per sempre.
Ma Il nostro pianeta 2 racconta anche la storia di come, volendo, la presenza umana possa giocare un ruolo positivo in questo equilibrio da lei stessa compromesso, diventando salvifica se consapevole dei delicati equilibri che la circondano. Forse per questo, per la prima volta, la serie fotografa non solo le conseguenze delle azioni umane sul mondo animale e vegetale ma anche la sua presenza. Una presenza spesso e volentieri nefasta (le battute di caccia, il disboscamento), qualche volta positiva (le nuove infrastrutture per limitare i pericoli di certe specie, l’aiuto dato ad animali disorientati dal nuovo paesaggio), ma sicuramente ormai impossibile, nel bene e nel male, da lasciare fuori campo.
Un racconto coinvolgente
Attraverso una narrazione scandita dal passare dei mesi e delle stagioni, inseguendo il sole e un’idea di racconto dinamico ed elaborato, sorretto dalla consueta eccellenza tecnica e fatto di differenti location, “personaggi” ricorrenti e una drammatizzazione – tra picchi di tensione, manipolazioni del tempo e veri e propri cliffhanger tra un episodio e l’altro – tanto evidente quanto utile allo scopo, Il nostro pianeta 2 cambia oggetto ma non spirito.
Aggiustando il tiro, portando in un certo senso il discorso dal globale al particolare (non più la salvaguardia del pianeta in generale ma la garanzia della libertà di movimento di alcune specie), senza per questo perdere la propria specificità, la serie può così permettersi un maggiore ottimismo e una nota di speranza in più. Come a dire che la salvaguardia del pianeta passa anche dalle piccole cose. Aiutare un gruppo di crostacei ad arrivare al mare, per esempio, o un branco di elefanti ad attraversare campi e foreste devastate dalla cementificazione.
Il nostro pianeta 2
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Come per la stagione precedente "Il nostro pianeta 2" regala immagini dal forte impatto visivo ed emotivo, anche grazie a una qualità tecnica fuori dal comune
- La varietà di location e situazioni diverse permette alla serie di essere dinamica e coinvolgente
Lati negativi
- Rispetto ai temi della stagione precedente sembra che qui la serie aggiusti il tiro, affrontando un aspetto più specifico e circoscritto
- Il forte uso narrativo e la “drammatizzazione” delle immagini riprende l'approccio della prima stagione. Se non vi è piaciuta non cambierete idea.