Il re di Staten Island: recensione del nuovo film di Judd Apatow
Scott è un ragazzo fin troppo problematico e deve capire che direzione dare alla propria vita
Dopo mesi e mesi di astinenza finalmente si torna al cinema, più o meno. In Italia infatti le sale hanno riaperto, anche se le cose non sono ancora tornate alla normalità e i cinema non sono frequentati come un tempo. Per questo motivo alcune pellicole vengono distribuite in sala ma anche on-demand, permettendo alle case di produzione di ricavare qualcosa da questi progetti sfortunati. È il caso de Il re di Staten Island, la nuova pellicola di Judd Apatow di cui vi proponiamo la nostra recensione.
Apatow è un regista noto per aver regalato al pubblico commedie come 40 anni vergine, con l’iconico Steve Carell, e Molto Incinta, interpretata dall’altrettanto iconico Seth Rogen. Visti i precedenti, quindi, ci si aspettava dal regista una pellicola sulla stessa scia; ma non è stato così. Il re di Staten Island cerca di essere divertente, ma sin dal trailer è ravvisabile un’atmosfera più seriosa rispetto a quanto visto in passato. Il film, infatti, narra la vita romanzata di Pete Davidson, attore protagonista e co-sceneggiatore, mostrando come sarebbe stata se egli non fosse diventato un comico. Con queste premesse la pellicola prometteva decisamente bene, ma purtroppo non tutto è andato come previsto.
Indice
Trama: Vita allo sbando – Il re di Staten Island, la recensione
Scott è un ragazzo di 24 anni che passa il tempo tra una canna e una birra con gli amici. Per tutta la sua adolescenza il giovane ha sofferto la mancanza del padre, vigile del fuoco, morto in un incendio quando lui era piccolo. Le uniche sue passioni sono il disegno e i tatuaggi; il suo sogno, per quanto strambo, è quello di aprire un ristorante che serva pollo e faccia tatuaggi. Con il diploma della sorella però le cose cambiano: la più piccola della famiglia è ormai cresciuta e pronta per il college. Così, quando la ragazza parte, Scott si ritrova da solo con la madre Margie, che da anni ormai cerca di portare il figlio sulla giusta strada.
Dopo l’ennesima bravata del ragazzo, che ha tatuato un bambino di 9 anni, Margie si ritrova a discutere con Ray, il padre del ragazzino. Cercando di risolvere la questione tra i due scocca qualcosa e, dopo ben 17 anni di solitudine, finalmente la donna ritrova l’amore. I due però non hanno tenuto conto di una persona molto importante: Scott. Il ragazzo, infatti, non prenderà bene la relazione della madre e darà di matto quando scoprirà che anche Ray è un vigile del fuoco. La partenza della sorella e il fidanzamento della madre daranno il via ad una serie di eventi che sconvolgeranno il suo mondo. Dopo anni passati ad oziare, è giunto per Ray il momento di prendere in mano la propria vita e decidere cosa farne.
Una trama fin troppo complessa – Il re di Staten Island, la recensione
Come accennato nell’introduzione, Judd Apatow è da anni associato a commedie di stampo comico; ciò che non è ben chiaro, però, è quale direzione volesse prendere con questo film. Sin dai primi secondi della pellicola è ravvisabile che, a differenza dei prodotti precedenti, Il re di Staten Island racconti una storia più matura. Un ragazzo rimasto orfano del padre, pieno di problemi e totalmente allo sbando, che deve fare i conti con le difficoltà della vita. Nel fare ciò, il regista ha tentato di aggiungere un pizzico di comicità ad una trama che letta così sembra un dramma. Purtroppo però, per tre quarti della durata del film, non si riesce a capire dove voglia andare a parare.
Scott ha un gruppo di amici ai quali sembra essere molto legato, che ad un certo punto del film spariranno per poi riapparire sul finale. Stesso discorso per la relazione tra il protagonista ed una ragazza, Kelsey, che non verrà minimamente approfondita nel corso della pellicola e spunterà di nuovo sul finale. Lo spettatore resta perciò spaesato di fronte ad una serie di eventi superflui, che allungano il brodo e creano unicamente confusione. Prima di arrivare alla conclusione, infatti, è davvero difficile capire quale sia il messaggio del film e se si tratta di una storia comica, di un dramma o di qualunque altra cosa volesse essere. Il risultato è che Il re di Staten Island architetta una trama estremamente articolata per raccontare una storia fin troppo semplice.
Una storia fin troppo profonda – Il re di Staten Island, la recensione
Parlando di questo film risulta davvero complicato descriverne pregi e difetti. Il re di Staten Island, infatti, tutto sommato, non è un film pessimo; la vita di Pete Davidson, seppur romanzata, è interessante e funge da specchio per tanti ragazzi che come lui si trovavano allo sbando. Purtroppo però il tutto è raccontato nel modo sbagliato. Per quanto interessante, infatti, la trama non è poi così originale. Il re di Staten Island sarebbe stata decisamente un’ottima commedia: personaggi divertenti e a cui ci si riesce ad affezionare, una storia di formazione con una buona morale di fondo ed un pizzico di comicità. Ma le cose sono andate diversamente.
A risentirne maggiormente è la godibilità del film: l’eccessiva durata della pellicola rende la visione fin troppo pesante, rovinando una storia che poteva essere raccontata nel giro di un’ora e mezzo. Fortunatamente il cast di attori si è rivelato convincente e, anche grazie alle loro performance, si riesce ad arrivare fino alla fine senza annoiarsi; resta comunque il fatto che il tutto sia troppo lungo. Insomma, Il re di Staten Island era decisamente un film ambizioso e lo si può notare dal modo in cui il regista si è approcciato al film; purtroppo però l’ambizione è stata la pecca maggiore della pellicola. Piuttosto che realizzare un prodotto leggero ma valido si è deciso di puntare più in alto, ma la volontà di rendere a tutti i costi il film “profondo” e più maturo ha finito per snaturarlo.
Il re di Staten Island
Voto - 6
6
Lati positivi
- Performance attoriali estremamente convincenti
- Trama interessante e coinvolgente...
Lati negativi
- ...rovinata dalla volontà di rendere il tutto troppo "profondo"
- Durata decisamente eccessiva