Il Signor Diavolo: recensione del film diretto da Pupi Avati
Il regista emiliano torna al cinema con un horror ricco di spunti e dall'innegabile fascino gotico
Pupi Avati con Il Signor Diavolo torna a quel genere horror che tante soddisfazioni gli aveva dato in passato. La pellicola è ispirata al romanzo omonimo scritto proprio dal regista e pubblicato per la casa editrice Guanda nel 2018. Era da diversi anni che Avati non realizzava un’opera destinata alla distribuzione nei cinema, avendo lavorato per lungo tempo a prodotti televisivi. Come ha ammesso lo stesso regista emiliano lavorare per la tv permette di ideare intrecci narrativi più consolatori ma molto lontani dal cosiddétto “gotico padano”. Con questo termine si intende il genere che lui stesso ha inaugurato e sviscerato nel corso della sua carriera: un tipo di cinema dove al centro della narrazione acquisiscono ugual importanza la sacralità e il nord est della penisola italiana. Procediamo quindi nell’analisi e nella recensione de Il Signor Diavolo.
Avati ha deciso di chiamare a lavorare con se molti artisti con cui aveva già collaborato nei suoi film horror passati; su tutti spiccano i nomi di Lino Capolicchio, Massimo Bonetti e Alessandro Haber. Questo gli ha permesso di mettere in scena il più fedelmente possibile ciò che aveva immaginato, riducendo i rischi dovuti ad un progetto tanto ambizioso. L’obiettivo era duplice: ritornare alle proprie origini e riportare in vita il cinema di genere. Si può affermare senza timore di essere smentiti che Pupi Avati con Il Signor Diavolo ha fatto centro. Il film turba lo spettatore con intelligenza, riuscendo a fare ciò che un film horror dovrebbe sempre fare: spaventare.
Indice
Trama – Il Signor Diavolo recensione
La storia è ambientata nell’autunno del 1954, in prossimità delle elezioni politiche. Nel nord est è in corso l’istruttoria di un processo sull’omicidio di Emilio, un adolescente con alcuni disturbi fisici e psicologici. Questi sono la causa del suo isolamento, la fantasia popolare lo ha infatti etichettato come indemoniato. L’ispettore del Ministero incaricato di indagare sulla vicenda è Furio Momentè, un uomo inetto che non riesce a spiccare nel lavoro tanto quanto non riesce a interagire con l’altro sesso; cercando di cogliere l’occasione lavorativa della sua vita decide quindi di investire tutto nella delicata missione affidatagli dal Ministero. La vicenda oltre che per i contorni macabri dovuti alla giovane età dei protagonisti rischia di influenzare pesantemente le imminenti elezioni. La vittima è infatti il figlio di una delle donne più potenti della zona, in grado di spostare una gran quantità di voti.
Carlo, l’omicida, è un 14enne che ha per amico Paolino. La loro vita scorre serena fino all’arrivo di Emilio, un essere deforme figlio unico di una potente possidente terriera. Le leggende che accompagnano il trasferimento del giovane sono terribili, si vocifera infatti che avrebbe sbranato a morsi la sorellina appena nata. Paolino, incurante delle dicerie, lo umilia pubblicamente cercando di impressionare la bella Liù, ragazza di cui era innamorato. L’episodio manda su tutte le furie il nuovo arrivato che mettendo in mostra una dentatura da verro lo morde. L’episodio sembra concludersi li se non fosse che durante la cerimonia delle Prime Comunioni Emilio fa cadere Paolino mentre è in procinto di ricevere l’ostia. Il povero malcapitato calpesta la particola con grande sgomento di tutti i presenti, di qui l’inizio di una serie di eventi sconvolgenti.
La cura per i dettagli
Ciò che sorprende di più nella messa in scena de Il Signor Diavolo è l’incredibile attenzione dedicata ad ogni aspetto. L’unico modo per far sospendere l’incredulità al pubblico quando si decide di trattare un tema fantastico e sovrannaturale è non lasciare nulla al caso. Avati decide così di approfondire non solo la storia principale ma anche tutto ciò che la circonda, come il periodo storico in cui è inserita. Tutto ciò non si traduce come ci si potrebbe aspettare in un appesantimento della narrazione o in un risultato finale caotico. Quello che riesce a fare il regista è far intuire allo spettatore un intero mondo disseminando nel corso della pellicola minuscoli dettagli. L’esempio più eclatante riguarda l’ispettore Furio Momentè del cui passato e del suo carattere non ci viene detto nulla, perlomeno in modo esplicito. A raccontare il personaggio sono i suoi gesti e quelli di chi lo circonda.
Quella di Pupi Avati sembra quasi una prova di forza nei confronti di un cinema di genere che negli ultimi anni ha portato più delusioni che gioie. Non serve a nulla avere una storia terrificante se poi non si riesce a metterla in scena in modo convincente. Sono i dettagli a far sì che nella mente dello spettatore si generi quel processo di immedesimazione necessario per ottenere l’effetto voluto. Tutti nel pubblico, specie i più agée non avranno nessuna difficoltà nel ritrovare nel film dinamiche e situazioni proprie dell’Italia degli anni’ 50 (e non solo). Un mondo, specie quello di paese, dominato dalla superstizione e dalla fede, che può essere raccontato in modo efficace solo da chi l’ha veramente vissuto.
Aspetti tecnici – Il signor Diavolo recensione
Alle persone cattive bisogna portare il dovuto rispetto.
Così il sagrestano spiega il perché della sua abitudine ad appellare il Diavolo col termine “Signore”. La riverenza nei confronti del Maligno viene esternata non solo attraverso le battute dei personaggi ma anche, e soprattutto, attraverso una sapiente regia. Molte scene del film sono girate ponendo la macchina da presa al livello del suolo e osservando il mondo da quella particolare prospettiva. Pupi Avati decide di mostrarci i protagonisti attraverso gli occhi del Diavolo che, non senza sforzo, cerca di uscire dal suo regno per prendersi le anime degli uomini. Un dettaglio che si percepisce soltanto andando avanti nella storia ma che arricchisce la pellicola di quel tocco autoriale che solo i grandi del cinema sanno dare. Il comparto degli effetti speciali è stato affidato ad un gigante del settore come Sergio Stivaletti e la scelta ha dato i suoi frutti.
La loro realizzazione è di così ottima fattura da lasciare sgomenti gli spettatori. In un’epoca in cui la CGI la fa da padrona vedere dei prodotti “fatti a mano” da sapienti artisti riscalda il cuore di tutti gli appassionati del genere. Proprio in quest’ottica è necessario sottolineare come Il Signor Diavolo non sia stato risparmiato dalla tecnologia: l’utilizzo in un paio di circostanze di effetti chiaramente realizzati al computer stona con l’intera atmosfera e fa storcere il naso allo spettatore più attento ed esigente. Il cast in stato di grazia riesce a trasmettere con efficacia al pubblico quel senso di omertà mista a paura provato dai protagonisti; questi indipendentemente dal numero di battute a disposizione, riescono a raccontare molto di più grazie al loro agire e al loro vestiario. Una narrazione che quindi non si esaurisce alla semplice messa in scena.
Considerazioni finali – Il Signor Diavolo recensione
Pupi Avati confeziona con l’abilità di un artigiano un prodotto che sorprende e colpisce lo spettatore. Il Signor Diavolo fa egregiamente il suo lavoro dando la boccata d’aria fresca che serviva al cinema horror italiano, dopo i fasti dei decenni passati. Si capisce da subito il valore che l’opera in sé ha per lo stesso regista emiliano, dopo aver scritto il libro ha infatti curato la sceneggiatura e la regia della trasposizione cinematografica.
A contribuire alla riuscita dell’intero progetto l’interpretazione di ogni membro del cast. Tutti sono infatti riusciti a donare con la loro interpretazione, indipendentemente dall’importanza del ruolo, quel qualcosa in più per rendere ogni personaggio credibile. Una nota di merito va all’interpretazione di Chiara Caselli che nei panni della fatale Vestry Musi restituisce in appena due scene un personaggio cupo, complesso e dalle mille sfaccettature. Il consiglio è quindi quello di dedicare una serata di questo caldo agosto alla visione di un horror italiano fatto come si deve.
Il Signor Diavolo
Voto - 7
7
Lati positivi
- Regia
- Interpretazione del cast
- Effetti speciali realizzati “artigianalmente”
- Effetti speciali digitali
Lati negativi