Indiana Jones e il quadrante del destino: la recensione del film con Harrison Ford
Un'operazione nostalgia che si appoggia troppo sul passato, la nostra recensine di Indiana Jones e il quadrante del destino
Presentato in anteprima nazionale al Taormina Film Festival 2023, Indiana Jones e il quadrante del destino, film di cui vi presentiamo la recensione in questo articolo, è l’ultima pellicola della celebre saga iniziata nel 1981 con Indiana Jones e i predatori dell’Arca Perduta. All’età di 78 anni Harrison Ford torna a vestire i panni del famoso avventuriero con cappello e frusta. La cornice per questo lancio “italiano” del film è stata quella dello splendido Teatro Antico di Taormina. Cornice nemmeno tanto casuale, considerato il fatto che l’artefatto ricercato dal professore avventuriero, in questa ultima pellicola è il Quadrante del Destino, un congegno perduto ideato dal geniale Archimede, la cui origine siciliana permette a Jones e i protagonisti del film approdare sull’isola italiana. Nel cast di Indiana Jones e il quadrante del destino, anche Mad Mikkelsen (Hannibal, Il sospetto, Un altro giro), Phoebe Waller-Bridge (nota al pubblico per la serie tv Fleabag), presenti al Festival e Toby Jones (The Pale blue eye).
A differenza delle pellicole precedenti, la regia passa nelle mani di James Mangold (Logan The Wolverine, Le Mans 66’), che subentra a Spielberg. Il passaggio di testimone è tutt’altro che indolore, purtroppo, tanto che l’ultima avventura di Indiana Jones risulta essere complessivamente più un’operazione nostalgia, una pellicola che si appoggia molto ai film precedenti, piuttosto che un film dotato di vita propria. Non riesce a Mangold l’operazione da lui effettuata con Logan: il commiato western all’ X-men adamantino Wolverine, infatti, intessuto di un’interessante introspezione psicologica, non trova raffronto con “l’addio alla frusta” del personaggio di Indiana Jones, che nell’ultimo capitolo della saga perde di personalità, invece che guadagnarne. In entrambi i casi Mangold ha ereditato personaggi già scritti e diretti da altri, nei quali si raccontava il tramonto di un personaggio; ma in Indiana Jones e il quadrante del destino prevale l’azione al legame emotivo con i personaggi.
Indice
- Indiana Jones o un James Bond agè?
- Un confronto mancato tra Millennials e Boomer
- Una caccia al tesoro con pochi Misteri
Indiana Jones o un James Bond agè? – Indiana Jones e il quadrante del destino recensione
In Indiana Jones e il quadrante del destino, ambientato nel 69’, il professor Jones (Harrison Ford), nel giorno del suo pensionamento, incontra Helena (Phoebe Waller-Bridge), figlia del suo caro amico archeologo Basil Shaw. Come quest’ultimo, ormai scomparso, anche Helena, di cui Indiana è il padrino, sembra ossessionata dal quadrante del destino, un misterioso congegno inventato da Archimede, dall’oscuro funzionamento.
Il professore è in possesso di una metà dell’artefatto, che gli viene presto sottratto con l’inganno dalla stessa Helena. Il furto scatenerà il dispiegamento di forze (neonaziste) che vogliono impossessarsi del manufatto, capitanate dal fisico tedesco Voller (Mads Mikkelsen), una vecchia conoscenza di Indiana. Allunaggio, neonazismo, la Cia, le aste clandestine, l’Antica Grecia e i Viaggi nel tempo sono messi tutti in un calderone action. Le sequenze d’azione sono tantissime, ripetitive e spesso anonime, purtroppo, e Indiana Jones, malgrado alcuni ammiccamenti (gag del passato) è più simile a James Bond.
Tuttavia Indiana non ha più l’età anagrafica per effettuare queste sue mirabolanti imprese. Il paradosso è che l’ultimo Indiana Jones, che ci mostra un Ford sempre in gran forma, ma comunque quasi settantenne, è il film in cui l’avventuriero fa le cose più assurde, quasi senza battere ciglio, come un super-uomo over age. Al di là della credibilità del tutto, su cui in un film d’avventura si può soprassedere, quello che manca in gran parte è il senso di fatica di Indiana Jones.
Il personaggio sembra più indomabile da anziano che da giovane, che si affaccenda in iperboli di computer grafica, che stonano con il metodo Indiana Jones: imperfetto ma efficace. L’effetto finale è quello di un protagonista anziano che rifiuta la sua senilità e che rivaleggia con i giovani, senza passare il testimone. Un canto del cigno più per i nostalgici, piuttosto che un modo per fare apprezzare il mito di Indiana Jones ai più giovani.
Un confronto mancato tra Millennials e “Boomer” – Indiana Jones e il quadrante del destino recensione
La vera pecca di Indiana Jones e il quadrante del destino è poi la sceneggiatura. Ci sono molti buchi di trama e incongruenze e, soprattutto, sono deboli i personaggi: la figlioccia Helena viene introdotta nella storia senza mai riuscire a creare una vera empatia con il pubblico, né a chiarire quale sia il legame affettivo con Indiana, che sembra un padrino alquanto distratto. Il loro legame sembra più un escamotage narrativo che altro. Soprattutto, quella di Helena è una figura femminile che non riesce a risultare “simpatica”.
Anche lei è un po’ una super-tutto (linguista, memoria incredibile, archeologa), ma il suo confronto con Indiana, che poteva rientrare idealmente nell’attuale confronto tra Millennials e “Boomer”, è per lo più scontato e infruttuoso. Soprattutto, la storia della ragazza è poco credibile. La figura della figlioccia di Indiana Jones non riesce a proporsi come una accattivante e appassionata cacciatrice di tesori, come in Tomb Raider, o nel divertente e ironico Adele e l’enigma del Faraone di Luc Besson. Per di più, l’entusiasmo per l’archeologia è appena accennato in alcune scene, mentre avrebbe potuto essere il fulcro della pellicola.
In questo senso appare molto più compiuto il capitolo precedente Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, in cui un figlio (di Indiana) si confronta con il padre, come a sua volta nell’episodio prima, Indiana Jones e l’ultima crociata, dove Indiana si confronta con il suo di padre ( Sean Connery). In quel caso ad esempio il padre di Indiana anziano, sfrutta l’intelligenza più che altri mezzi per cavarsi dagli impicci. Si instaura un confronto tra generazioni e personaggi, punto forte della saga diretta da Spielberg, confronto forzato in quest’ultimo risultato cinematografico.
Anche il finale de Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo era coerente: Indiana Jones passa il testimone e rinuncia alla sua vita solitaria in luogo di un recupero degli affetti. Indiana Jones e il quadrante del destino risulta nel complesso una forzatura, un’operazione nostalgia creata solo per allungare ancora il brodo e giocare sul franchise, sfruttando comunque la presenza del “buon Harrison Ford”.
Un caccia al tesoro con pochi misteri – Indiana Jones e il quadrante del destino recensione
[Spoiler alert] La scena più bella di Indiana Jones e il quadrante del destino è quella della fuga di Indiana Jones dall’Università, in groppa ad un cavallo, durante una parata per celebrare l’allunaggio. Così come sono belle le scene girate in Sicilia. La nemesi di Indiana – il neonazista interpretato da Mads Mikkelsen – ha qualche elemento interessante, non approfondito purtroppo a dovere: un uomo con l’ossessione per il tempo, che intende intervenire sul passato per modificarlo.
Per nulla riuscito il personaggio del ragazzino che accompagna Helena, purtroppo. Richiama la figura del bambino di Indiana Jones e Il Tempio Maledetto (l’attore Ke Hui Quan ha da poco vinto l’oscar per Everything Everywere All at Once), ma manca assolutamente il pathos tra i due. È un personaggio secondario che costituisce un forzato trio assieme a Indiana ed Helena.
Nel finale torna il sense of Wonder della saga, l’attenzione per il piacere della scoperta del nuovo e per l’incontro con lo straordinario. Ciò che manca in questo il film però è la perseveranza di Indiana nonostante le difficoltà. La sua ossessione per l’archeologia è tiepida agli occhi dello spettatore e più costruita intorno a sequenze d’azione che tramite il racconto visivo di una caccia al tesoro perduto.
Per cui le sfide risultano prevedibili, dei meri ostacoli che il super-indiana Jones attempato supera senza quasi nessuna ammaccatura. Manca il mistero come motore della storia. Per questo motivo e per una scarsa coesione tra i protagonisti la pellicola risulta per buona parte noiosa. In Indiana Jones e il quadrante del destino abbondano gli effetti speciali, ma passa in sordina il senso dell’avventura.
Indiana Jones e il quadrante del destino
voto - 5.5
5.5
Lati positivi
- La scena più bella di Indiana Jones e il quadrante del destino è quella della fuga di Indiana Jones dall’Università, in groppa ad un cavallo, durante una parata per celebrare l’allunaggio. Così come sono belle le scene girate in Sicilia.
Lati negativi
- Ci sono molti buchi di trama e incongruenze e, soprattutto, sono deboli i personaggi: la figlioccia Helena viene introdotta nella storia senza mai riuscire a creare una vera empatia con il pubblico, né a chiarire quale sia il legame affettivo con Indiana, che sembra un padrino alquanto distratto.
- Ciò che manca in questo il film però è la perseveranza di Indiana nonostante le difficoltà. La sua ossessione per l’archeologia è tiepida agli occhi dello spettatore e più costruita intorno a sequenze d’azione che tramite il racconto visivo di una caccia al tesoro perduto.