Io Capitano: la recensione del film di Matteo Garrone – Venezia 80
L'odissea di un giovane migrante nel film di Matteo Garrone Io Capitano, in Concorso a Venezia e dal 7 settembre al cinema
Io Capitano di Matteo Garrone (qui il trailer) è il quinto film italiano in Concorso a Venezia 80. La sceneggiatura è firmata dallo stesso Garrone insieme a Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri e la storia è ispirata a quelle vere di di Kouassi Pli, Adama Mamadou, Arnaud Zohin, Amara Fofana, Brhane Tareke e Siaka Doumbia. Attraverso la vicenda del giovanissimo Seydou, Garrone racconta una parte di Storia tra le più importanti del nostro tempo. Una di quelle storie che siamo abituati a seguire da lontano, come semplici spettatori, a volte come sottofondo stanco di un qualunque notiziario. Racconta i flussi migratori dal punto di vista di chi parte lasciando tutto, tra paure e speranze, ribaltando la nostra prospettiva. Non siamo più semplici spettatori, spesso e volentieri abituati e quasi anestetizzati di fronte a queste storie. Siamo a piedi nel deserto del Sahara, siamo nelle prigioni libiche, negli spazi angusti di un barcone.
Indice:
- L’odissea di Seydou
- In Io Capitano la macchina da presa ci spalanca un punto di vista che non siamo abituati ad assumere
- Un film emozionante, toccante testimonianza, prezioso tributo
L’odissea di Seydou
Seydou (Seydou Sarr) è un ragazzo senegalese che decide di partire per l’Europa col cugino Moussa (Moustapha Fall). Entrambi sono in cerca di un futuro e di una terra che possa permettere loro di realizzare i propri sogni. Partono di nascosto dalle loro famiglie, dopo aver lavorato in gran segreto interi mesi per mettere da parte i soldi per il viaggio, per intraprendere una traversata che li condurrà da Dakar alle coste dell’Italia. Seydou e Moussa sono carichi di determinazione e di una certa spensieratezza inconsapevole intrisa di speranza.
E poco importa se qualcuno cerca di dissuaderli da tale proposito, mettendoli in guardia dai pericoli. Il richiamo dell’Europa è più forte. I sensi di colpa non mancano – non è facile allontanarsi dal proprio mondo senza nemmeno il privilegio di un arrivederci – ma la prospettiva di una nuova vita non può che portare con sé un sentimento di entusiasmo. Presto, però, i due cugini si scontrano con la dura realtà: dalle dune del Sahara, vero e proprio cimitero a cielo aperto, fino all’inferno della Libia, dove sono costretti a separarsi.
In Io Capitano la macchina da presa ci spalanca un punto di vista che non siamo abituati ad assumere
Garrone trova il non facile equilibrio tra cosa mostrare, cosa non mostrare e come farlo. Le tappe del viaggio di Seydou sono quelle di un’odissea che da personale si fa presto universale. Tappe in cui il giovane protagonista sperimenta stenti, dolore, soprusi e ogni genere di violenza sia fisica che psicologica, tortura compresa. E il pensiero corre a chi, dopo l’ennesimo episodio di mancata accoglienza, riferendosi ai migranti, aveva parlato di pacchia.
Io Capitano è un racconto che nasce dalle testimonianze dirette di quanti hanno vissuto quell’inferno in prima persona e che spesso non hanno voce. Dimentichiamo che dietro i freddi numeri dei flussi migratori e delle stragi del Mediterraneo ci sono uomini, donne, ragazzi e bambini. Garrone dà loro una voce, con la macchina da presa che ci spalanca un punto di vista che non siamo abituati ad assumere. Sostenuto da una fotografia impeccabile, Io Capitano è un film che unisce al realismo più crudo immagini in cui è la dimensione del sogno a prendere il sopravvento. Sono i sogni cui si aggrappa Seydou per esorcizzare e, ove fosse mai possibile, scacciare l’orrore; sogni che sanno di casa e di salvezza.
Un film emozionante, toccante testimonianza, prezioso tributo
Matteo Garrone firma un film non politico, che non prende apertamente posizione e che non mette sul piatto le colpe dell’Occidente, dei Paesi che fanno da prima frontiera alla fine del lungo viaggio che compiono i migranti. Ma non c’è bisogno di rendere testualmente esplicito ciò che le immagini rendono lampante. Non è la politica il focus di Io Capitano e Garrone ha troppo rispetto per i protagonisti di questa storia per relegarla a una questione di schieramenti e di accuse. Non è questo il punto, non è questo il focus. Io Capitano è un film emozionante, toccante testimonianza, prezioso tributo a quanti negli anni hanno lasciato il proprio Paese rischiando la vita per ricostruirsene un’altra fatta di speranze e di incognite. E in questo senso il finale sospeso acquista un’importanza ancora maggiore.
Arriviamo alla fine del viaggio, che termina con un primo piano struggente e potentissimo sul volto del protagonista, senza conoscere quel che accadrà dopo. Abbiamo vissuto l’inferno con Seydoux e rimaniamo con l’incognita, assumendo ancora una volta il suo punto di vista, senza sapere se quelle promesse di futuro saranno mantenute. Prima dei titoli di coda appare a schermo una cartina in cui una linea rossa segna il percorso compiuto da Seydou, Moussa e gli altri compagni di questa odissea contemporanea. Un ultimo tassello che invita a riflettere e che spinge ad analizzare razionalmente quello che abbiamo appena visto, ancora immersi in un vortice di emozioni. Io Capitano, che vi consigliamo di non perdere, arriva in sala giovedì 7 settembre, con la scelta coraggiosa di una distribuzione non doppiata, ma in lingua originale con sottotitoli.
Io Capitano
Voto - 8
8
Lati positivi
- Matteo Garrone ribalta la nostra prospettiva sulla questione migranti, dando voce a chi non ne ha e immergendoci nell'odissea contemporanea del giovane Seydou
- Un film emozionante, con un finale perfetto e sostenuto da un'ottima fotografia