IT (2017) – Recensione del film tratto dal grande classico di Stephen King
Vi presentiamo la recensione di IT, il film del 2017 tratto dal romanzo horror di Stephen King, diretto dal regista argentino Andrés Muschietti.
Non è mai facile prendere in mano un capolavoro della letteratura mondiale e proporre al pubblico un prodotto cinematografico che renda giustizia alla controparte cartacea.
Ed è ancora meno facile farlo quando la controparte in questione si chiama IT e il suo autore nientemeno che Stephen King. Il titolo di cui parliamo, infatti, è uno di quei libri che sono entrati nell’immaginario collettivo. Se oggi generazioni di donne e uomini, giovani e ragazzini, tremano all’idea di un clown, buona parte del merito va proprio al maestro dell’horror, King.
Il clown Pennywise ha terrorizzato lettori di tutto il mondo, restando sempre in vetta alle classifiche per decenni. E, dopo essere entrato negli schermi delle televisioni di milioni di spettatori nell’omonima serie del 1990, con un terrificante Tim Curry nei panni del pagliaccio di Derry, Warner Bros. e New Line hanno finalmente distribuito l’adattamento cinematografico del romanzo.
IT: la storia
La storia raccontata è conosciuta dai più, ma un ripasso veloce non fa male. Nell’immaginaria Derry, cittadina della periferia del Maine, tipico sobborgo degli Stati Uniti centrali, iniziano a scomparire misteriosamente decine di bambini e adolescenti. Uno di questi è il piccolo Georgie Denbrough, che, mentre gioca con una barchetta di carta si imbatte in un inquietante pagliaccio: Pennywise.
La storia vede la presenza di diversi personaggi di uguale importanza, un gruppo di ragazzini etichettati come Loosers, perdenti, in perenne fuga dai bulli che gli stanno alle calcagna quotidianamente. Fra i perdenti spicca la figura di Bill Denbrough, fratello maggiore dello scomparso Georgie. Bill guiderà la ricerca del fratellino e la soluzione del mistero di Derry, seguito dai suoi amici e dalla giovane Beverly, ragazzina che soffre delle violenze del padre nei suoi confronti. Ma nella cittadina di Derry “qualcosa” è tornata a reclamare un proprio debiti nei confronti dei suoi abitanti.
IT: il film ed il romanzo
A differenza del romanzo, nel quale la storia era ambientata nel 1960, qui le vicende hanno luogo nel 1989. Ma poco importa: uno dei pregi della pellicola, o, almeno, per coloro che hanno letto il romanzo, è stato saper ricreare le atmosfere percepite durante la lettura del libro. Molto spesso in sala era difficile non pensare “Me lo ero immaginato proprio così”.
La storia scorre con un buon ritmo e si fa seguire senza cali, merito anche di un comparto sonoro molto coinvolgente. Ma una cosa deve essere chiara: seppur con un’innegabile vena horror, il film non è stato confezionato come un horror tipico. La sensazione è, piuttosto, quella di una fiaba dark ambientata in una cittadina qualunque della periferia statunitense. L’aver deciso di non seguire la temporalità del libro, che segue parallemanete i protagonisti sia in giovane età, sia da adulti, amplifica questa sensazione.
L’attenzione del film, infatti, è rivolta al rapporto fra i giovani protagonisti, e del rapporto fra questi e il resto della cittadina, infestata da un male che sembra legato profondamente ai suoi abitanti.
Il clown Pennywise (ci torniamo fra qualche rigo) altro non è che una delle incarnazioni del male che vive quotidianamente al nostro fianco: che siano i genitori, i bulli o che sia la gente comune, con i suoi segreti inconfessabili e le sue perversioni più estreme.
Una di queste incarnazioni più tangibile è il giovane bullo, o forse meglio chiamarlo criminale, Henry Bowers, che ha fatto della caccia ai perdenti la sua ragione di vita.
Mancano, ovviamente, alcuni dei riferimenti e degli approfondimenti presenti nel libro. D’altronde, sarebbe presuntuoso pensare di poter trasporre integralmente un romanzo di più di 1300 pagine.
IT: Bill Skarsgård è Pennywise
Ed arriviamo al punto più atteso da tutti gli spettatori: Pennywise. In questa versione il ruolo del malefico pagliaccio è stato affidato al giovane Bill Skarsgård. Figlio di Stellan Skarsgard (Sputafuoco Bill Turner ne I pirati dei Caraibi), e fratello di Alexander e Gustaf (Floki in Vikings), al giovane Bill è toccato il difficile compito di dar vita ad un personaggio iconico.
La prova attoriale dell’attore ventisettenne è stata notevole, diversa sotto tutti i punti di vista da quella messa in scena da Tim Curry, sia per quanto riguarda la fisicità del personaggio, sia la sua psicologia e il suo rapporto con i protagonisti, mantenendo tuttavia il carisma e l’aspetto terrificante di Pennywise. Fare ulteriori paragoni, comunque, risulterebbe abbastanza superfluo, vista la differenza dei prodotti in questione.
Tuttavia, se prima si è detto che l’impressione che si ha del film non è quella di un horror “tipico”, ciò è legato anche all’utilizzo che è stato fatto del personaggio, che risulta sì, terrificante, ma molto spesso relegato a pretesto per alcuni jumpscare di troppo, messi in scena, spesso, con una computer grafica non credibile al 100%.
IT: un horror tipico?
Più interessante, come accennato, la messa in scena delle vicende personali dei giovani perdenti, che raccontano storie molto più terrificanti di un clown malefico: un padre maniaco, una madre schizzofrenica e paranoica, la paura di crescere e affrontare i propri nemici.
Ed è così che la lotta fra i perdenti e la cosa diventa qualcosa di estremamente simbolico. Il vero male è più vicino di quanto si possa credere.
La regia di Muschietti è buona sotto ogni punto di vista, e, e come già detto, rievoca perfettamente le atmosfere della periferia statunitense degli anni ottanta. La fotografia del film, a differenza di un film horror più canonico, raramente tende ai toni scuri. E ciò sta a confermare l’essenza fiabesca del film: ad essere esaltati sono i colori della cittadina e delle foreste circostanti, con risultati di immagini suggestive e di ottima qualità
Per concludere, non si può non far riferimento ad un paragone che da qualche tempo sorge spontaneo: negare che Stranger Things sia stata influenzata nei toni e nella trama dall’opera in questione, libro e miniserie in egual misura, è impossibile. Ma è sicuramente indiscutibile l’influenza che la serie Netflix ha avuto nei confronti del film, complice anche la presenza del giovanissimo e talentuoso Finn Wolfhard, Mike Wheeler proprio in Stranger Things.
Adesso non ci resta che aspettare il seguito, già confermato da Warner Bros. e New Line.
Pennywise tornerà di nuovo?
In attesa dell’uscita nelle sale italiane, date un’occhiata a com’è andato IT nelle sale americane:
IT: la recensione
Rating - 7
7
The Good
- Rievoca le atmosfere del libro in maniera ottima
- Ottima prova attoriale di tutto il cast, incluso Bill Skarsgård/ Pennywise
- Può essere considerato una fiaba dark...
The Bad
- ...più che un horror vero e proprio
- Qualche jumpscare di troppo
- Computer grafica non sempre all'altezza