Juliet, Naked: recensione del film con Ethan Hawke
Nelle sale italiane è arrivato Juliet, Naked con Ethan Hawke e Rose Byrne, da un romanzo di Nick Hornby
Juliet, Naked, recensione. A distanza di un anno dalla presentazione al Sundance Film Festival, arriva finalmente nelle sale italiane Juliet, Naked. Tratto dal romanzo di Nick Hornby (da noi intitolato Tutta un’altra Musica) il film è diretto dal televisivo Jesse Peretz e interpretato da Ethan Hawke, affiancato da Rose Byrne e Chris O’Dowd. Una commedia tanto divertente quanto amara che tocca svariati temi senza mai permettere a uno di essi di soverchiare gli altri.
Storia di una ossessione musicale che diventa pretesto per un radicale cambio di vita, Juliet, Naked sceglie la semplicità. Tutto improntato sulla recitazione e sull’equilibrio tra toni, riesce nell’impresa di scavare attraverso la complessità delle relazioni senza banalizzare nulla. Il risultato è un film delicato e probabilmente difficile da “vendere” al grande pubblico, ma non per questo incapace di trovare la sua strada. Cerchiamo di analizzare pregi e difetti di questo delizioso adattamento nella nostra puntuale Recensione.
Indice:
Juliet, Naked: la recensione
Chi è Tucker Crowe? In pochi saprebbero rispondere perché non stiamo parlando di Bruce Springsteen o Bob Dylan. Tucker fece una carriera di discreto successo e un album dignitoso, Juliet, dedicato a un amore perduto. Poi svanì nel nulla, senza preavviso, dopo una sortita nel bagno pubblico di un locale. Da quel momento, e per i successivi vent’anni, nessuno ha più saputo nulla di lui. Ma nell’epoca di Internet esistono fan sfegatati di qualsiasi cosa, persino di un musicista di serie B che non appare in pubblico dagli anni ’90. Duncan, insegnante inglese, gestisce un blog dedicato a Crowe, zeppo di info, foto, teorie strampalate e nel quale passa ore a dialogare via forum con altri stramboidi in giro per il mondo.
Poi c’è Annie, curatrice del museo della piccola cittadina inglese in cui vive e fidanzata con Duncan da quindici anni. L’ossessione del suo compagno verso Tucker è sempre stata accettata ma il tempo passa e la sensazione di avere sprecato anni in una relazione senza prospettive inizia a diventare sempre più forte. A fare traboccare il vaso sarà proprio Juliet, Naked, una versione unplugged del disco più famoso di Crowe. Una versione che Duncan adora alla follia mentre Annie trova orrenda. E proprio una recensione scritta da quest’ultima e pubblicata (non senza nervosismo) sul sito del compagno provoca la più imprevedibile delle conseguenze: una risposta via mail da parte di Tucker in persona!
Inizia qui uno scambio epistolare fra due persone consapevoli di avere buttato gli anni migliori e che necessitano del reciproco sostegno per capire se sia possibile invertire la rotta delle rispettive vite. Perché dagli incontri più improbabili e imprevedibili possono nascere cambiamenti insperati.
Musica, sentimenti e rimpianti
Nick Hornby è lo scrittore che, più di tutti, ha saputo indagare due temi ben definiti: l’immaturità di certi uomini e i confini fra passione e ossessione nei riguardi di qualcosa. Febbre a 90 esplorava la passione per il calcio come estensione della propria personalità, Alta Fedeltà indagava sulla musica come ancora di salvezza e metafora della vita mentre About a Boy era un ritratto della pigrizia come rifugio per non crescere.
Juliet, Naked ha un pregio enorme che si palesava già nelle pagine del romanzo. La sua non è una storia che sceglie un tema cardine per poi esplorarlo e, di conseguenza, subordinare l’intero intreccio a esso. No, in questo tenero “triangolo” fatto di rimpianti e passioni, Hornby assomma diverse tematiche e lo fa con grande naturalezza. Non siamo di fronte a una commedia romantica nell’accezione comune del termine e questo, forse, non è stato ben comunicato nella campagna promozionale (che associava questo film a C’è Posta per Te con il quale non c’entra nulla). Qui si parla di scelte di vita mai compiute che, prima o poi, tornano a perseguitare. Annie teme di avere trascorso troppi anni con l’uomo sbagliato ed è terrorizzata al pensiero di ricominciare quando le cose, all’improvviso, vanno a rotoli.
Anche Tucker Crowe vive una sensazione simile, dopo due decenni buttati al vento. Nel suo caso c’è anche la consapevolezza di non poter tornare in attività perché questo significherebbe rivelare come la sua vita reale sia stata molto più noiosa delle leggende fiorite intorno a essa. Un ex-artista che ha ormai perduto la sua occasione ma che vive ostaggio di un’immagine di sé creata da altri.
Artista vs Fan
Duncan ha passato buona parte della sua vita a studiare Tucker Crowe. Possiede ogni bootleg possibile e immaginabile e la sua enciclopedica conoscenza della sua opera è sbalorditiva. Nick Hornby non ha mai nascosto un simile livello di ossessione per ciò che amava nel campo del calcio (l’Arsenal su tutto) e in quello della cultura pop. Di conseguenza, era inevitabile che prima o poi si mettesse a esplorare cosa potrebbe accadere quando l’incontro con il proprio idolo musicale non va come dovrebbe. Duncan, come tutti i fan più estremi, ha interpretato a modo suo le opere del suo artista prediletto ma scoprire che le sue analisi sono al 90% delle idiozie non condivise dall’artista stesso è un duro colpo.
Sembra di assistere alle diatribe innescate dai social network negli ultimi anni in cui fanboys senza freni finiscono per lamentarsi con registi e cantanti dei loro lavori, pretendendo che la loro opinione venga presa sempre in considerazione. Juliet, Naked sottolinea non senza cattiveria come ciascuno di noi rischi di attribuire a ciò che ama un’importanza maggiore di quella che ha realmente e, al momento della verità, la reazione possa essere di pura delusione. Eppure, fin dal romanzo, viene suggerito come ciò che adoriamo possa talvolta riflettere tratti peculiari della nostra personalità. Annie non ama la nuova versione di Juliet perché è incompleta e non capisce come Duncan possa preferirla a quella “ufficiale” e più curata. Duncan ama un disco privo di arrangiamenti e si trova bene in un rapporto privo di ciò che lo renderebbe completo… tutto torna.
Juliet, Naked: l’efficacia della semplicità
Se Juliet, Naked funziona così bene è merito di tanti fattori. La regia di Jesse Peretz, formatosi con serie tv quali New Girl, è pulita ma anche estremamente attenta alla recitazione. Raramente si percepisce come in questo caso la volontà da parte degli attori di “ascoltarsi” durante le sequenze di dialogo. Gli scambi di battute sono naturali e i singoli interpreti seguono i ritmi dettati da coloro con i quali interagiscono per conferire grande naturalezza alle sequenze.
Aiuta il tutto un cast magnificamente scelto. Ethan Hawke è credibilissimo nella sua “aura” di star decaduta e ha prestato la sua voce per cantare alcuni brani di Tucker Crowe. Rose Byrne è il genere di attrice che vorremmo vedere più spesso: brava, bella, capace di muoversi su più registri con naturalezza è una perla rara che meriterebbe più opportunità. Da par suo Chris O’Dowd riesce a conferire al suo Duncan una vulnerabilità che nel romanzo è meno evidente, permettendoci talvolta di nutrire una debole ma veritiera empatia verso di lui.
Juliet, Naked è una boccata di aria fresca che merita la vostra attenzione. Andatelo a vedere perché, con inusuale efficacia, saprà regalare qualcosa a ogni tipo di spettatore. E ora, se non vi dispiace, noi chiudiamo la Recensione e torniamo ad ascoltare il disco del nostro adorato Tucker Crowe:
Juliet, Naked
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Una commedia che affronta molti temi con abilità e semplicità
- Cast perfetto e ben diretto
Lati negativi
- Non vuole essere una commedia romantica tradizionale e questo potrebbe renderla meno immediatamente decifrabile