Kimi – Qualcuno in ascolto: recensione del film di Steven Soderbergh
Una nuova lezione di Soderbergh sul mezzo cinematografico, sul genere thriller e sul narrare la contemporaneità
Dal 2019 i film di Steven Soderbergh hanno visto la luce su importanti piattaforme streaming come Netflix e HBO Max, inaugurando una nuova fase della carriera del talentuoso regista statunitense. Sono opere più piccole rispetto a grandi precedenti, ma non per questo inferiori in quanto a qualità o ricchezza e importanza di contenuti. Parliamo di film come High Flying Bird, Panama Papers e No Sudden Move. Tra questi si nota un interesse sempre maggiore del regista per un’analisi dei comportamenti umani e i grandi mali della società contemporanea americana, che includono anche le nuove tecnologie, tanto utili quanto pericolose. Ed è su queste che si concentra in parte Kimi – Qualcuno in ascolto, di cui vi presentiamo la recensione, ultimo film di Soderbergh a debuttare su HBO Max prima del ritorno sul grande schermo con Magic Mike – The Last Dance.
Il film, scritto da David Koepp, è un thriller ambientato perlopiu fra le mura della casa di un’informatica (interpretata da Zoë Kravitz) che, correggendo gli errori dello smart speaker dell’azienda per cui lavora, ascolta la registrazione di un crimine violento. Una premessa intrigante per una nuova incursione di Soderbergh nel genere thriller, che mostra quanto il regista sia ancora in perfetta forma. Nonostante la presenza di un materiale narrativo non del tutto originale, Kimi riesce comunque a essere un prodotto fresco e scoppiettante, che non manca di intrattenere e far riflettere sull’attualità. Vediamo perché in questa recensione di Kimi. Il film (qui il trailer) è ora disponibile su Sky e Now Tv, oltre alle principali piattaforme digitali di noleggio e acquisto.
Indice
La trama – Kimi recensione
Angela Childs (Zoë Kravitz) è una giovane ed esperta informatica che vive a Seattle e soffre di agorafobia, patologia che è peggiorata in seguito allo scoppio della pandemia da Covid-19. La ragazza lavora per un’azienda high tech, l’Amygdala Corporation, la quale ha realizzato Kimi, uno smart speaker ancora più efficiente dei più noti Alexa e Google Home, poiché alle sue spalle ha un team di esperti che costantemente corregge le risposte errate del dispositivo. Angela è parte integrante di questo lavoro: passa la maggior parte delle sue giornate ad ascoltare registrazioni anonime di interazioni tra diversi utenti e Kimi, in cui si sono verificati errori nella risposta, e successivamente interviene per correggere tali problematiche. Nel frattempo la ragazza tenta di creare nuovi legami, flirtando con il suo dirimpettaio.
Un giorno Angela si imbatte in una registrazione audio quasi incomprensibile, in cui si cela in realtà la testimonianza di un crimine violento. Allarmata da quanto ascoltato, decide di segnalare il tutto all’azienda, ma viene ostacolata da atteggiamenti superficiali ed eccessivamente burocratici. Nel tentativo di scoprire la verità e fare giustizia, Angela sarà costretta ad affrontare la sua paura di uscire di casa e scoprirà di essere diventata un bersaglio costantemente monitorato.
Una lezione di cinema
A una prima lettura Kimi appare come un thriller claustrofobico, incentrato sul controllo e la sorveglianza operati dal capitalismo americano, soprattutto attraverso le nuove tecnologie che ci permettono di essere sempre rintracciabili e manipolabili. In realtà è molto di più: una lezione di Soderbergh su come realizzare un film sul nostro tempo afflitto da una pandemia ma anche un thriller di qualità, avendo a disposizione pochissimi ingredienti. Partendo dall’ottimo script di David Koepp (che di thriller se ne intende: Mission: Impossible, Panic Room…), Soderbergh rielabora e aggiorna ai nostri tempi il materiale di film come La finestra sul cortile e La conversazione, maneggia il thriller da camera per analizzare nuovamente i comportamenti umani, le ansie e le paranoie contemporanee frutto dei recenti lockdown. Non manca il rapporto dell’uomo con la tecnologia, un legame che sembra destinato unicamente ad accrescere il desiderio di controllo limitando ogni forma di libero arbitrio.
Soderbergh riesce a comunicare tutto ciò senza mai scadere nel didascalico o in prediche moraleggianti, ma utilizzando al meglio il mezzo cinematografico e intrattenendo lo spettatore con un vortice di paranoie, suoni ed estetica impeccabile. Gli omaggi e le citazioni a grandi registi come Hitchcock, Coppola e De Palma non sono poi espressione di una scialba scopiazzatura, ma elementi fondamentali di un lavoro lucido e preciso sul thriller da camera, sui suoni e gli spazi e sull’utilizzo del cinema di genere per parlare di importanti situazioni e problematiche attuali. Come già visto in tante altre opere del regista statunitense, il risultato finale è raffinato ed elegante, in cui i contenuti si fondono perfettamente con estetica ed elementi formali; la tensione e i tormenti emotivi sono sempre palpabili grazie a un lavoro registico impeccabile.
Soderbergh in ottima forma – Kimi recensione
Quello che infatti si può facilmente rilevare in Kimi è la precisione estrema e minuziosa della regia di Soderbergh, il quale rende ogni elemento estetico e formale funzionale alla materia narrativa in modo inappuntabile. Il regista lavora maniacalmente sugli spazi, aiutato anche ottimamente da un comparto sonoro davvero folgorante. In più padroneggia la macchina da presa in modo direttamente collegato a sottolineare i tormenti della protagonista, ma anche la perpetua sensazione di essere spiati, controllati, oppressi. Un esempio di ciò sono le riprese in stile telecamera di sorveglianza, oppure gli elaborati movimenti di macchina in esterno. Insomma Soderbergh dimostra una padronanza totale del mezzo cinematografico, curando anche sotto pseudonimo fotografia e montaggio in modo sempre lodevole.
Concludendo questa recensione di Kimi, è evidente che il film sia espressione di come Soderbergh sappia fare ancora bene il suo mestiere, rimanendo coerente con la sua visione personale. Il regista, anche questa volta, non si è abbandonato alle aspettative e agli schemi dei grandi studios e ha realizzato un prodotto appassionato e appassionante, lucido nei suoi ragionamenti e coinvolgente nel suo lato più d’intrattenimento. Kimi infatti è un mix ben equilibrato di cinema di genere, film “teorico” e opera che ritrae in modo eccellente l’attualità. Tutto ciò si unisce alla pregevole performance della sempre magnetica e talentuosa Zoë Kravitz, new entry fra i potenti ritratti femminili di Soderbergh. Unico neo di Kimi si riscontra nell’andamento narrativo, che presenta una prima parte più dilatata rispetto a una seconda più sovraccarica di eventi e personaggi.
Kimi - Qualcuno in ascolto
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Il film è una rielaborazione e aggiornamento di grandi thriller da camera, che guarda al passato per parlare del presente e dare una lezione di cinema
- La regia di Soderbergh
- La performance di Zoë Kravitz
Lati negativi
- Una seconda parte più sovraccarica di personaggi ed eventi rispetto alla prima