L’ultimo dei Mohicani: recensione del film di Michael Mann
Recensione del celebre kolossal tratto dal romanzo dello scrittore statunitense James Fenimore Cooper
L’ultimo dei Mohicani è un film del 1992 diretto da Michael Mann, celebre regista di opere come Heat – La Sfida, Alì, Miami Vice, Nemico Pubblico. La pellicola ha per soggetto l’omonimo romanzo di avventura di James Fenimore Cooper, pubblicato nel lontano 1826. Il film rappresenta la summa completa del genere storico con tanto di cura maniacale per ogni dettaglio. Allo stesso tempo si ispira principalmente alla sceneggiatura degli omonimi film del 1920 e del 1936. Il film ha come protagonista un giovane Daniel Day-Lewis, all’epoca già famoso per aver vinto l’Oscar come miglior attore protagonista nel film Il mio piede sinistro, nel 1990. Procediamo quindi con la recensione de L’ultimo dei Mohicani.
Il film ottenne un enorme successo incassando circa 75 milioni di dollari e classificandosi al 17esimo posto tra le opere di maggior incasso nel 1992 negli Stati Uniti. La critica ha accolto con grande successo il lavoro di Mann, acclamato, in particolar modo, per la musica, per la fotografia e per i paesaggi. Inoltre, alla luce del trionfo ottenuto, la proiezione ha vinto il premio Oscar come miglior sonoro nel 1993.
Indice
Trama – L’ultimo dei Mohicani recensione
Nord America, 1757. Ci troviamo nel pieno Conflitto dei Sette Anni, che vide contrapposti da un lato gli inglesi e dall’altro i francesi. Grandi potenze che combattevano per la conquista del mondo, sfruttando un territorio abitato da coloni e nativi. I protagonisti sono un giovane “viso pallido”, Nathan Occhio di Falco, e due nativi Chingachgook e suo figlio Uncas. Tutti e tre appartengono alla tribù dei Mohicani, anche se Nathan è propriamente un membro adottato dallo stesso Chingachgook. Lo stesso protagonista racconterà parte della sua vita: orfano di genitori britannici, è stato adottato dai nativi ed educato alla loro cultura. Il destino dei tre si incrocerà con quello di un gruppo di inglesi, i quali saranno salvati a seguito di un’imboscata che vedrà decimato l’intero plotone che li scortava: tra di loro il maggior Duncan Heyward, Cora Munro e Alice Munro, entrambe figlie del colonello Edmund Munro.
Scampati al pericolo, Nathan, insieme ai due nativi, decide di guidare i sopravvissuti al fortino lì vicino. Riescono a condurli sani e salvi al forte, che nel frattempo è sotto pesante attacco dei francesi. Nonostante l’atto eroico compiuto, Occhio di Falco viene incarcerato e condannato per tradimento. Viene accusato di aver spinto alcuni coloni a fuggire, poiché impauriti dalla guerra. La battaglia volge comunque al termine e segna la sconfitta dell’esercito del re Giorgio II. Costretti alla ritirata, le truppe britanniche cadranno in un’altra imboscata. Nello scontro i sei riescono nuovamente a salvarsi, ma braccati dagli indiani rivali, vengono scoperti durante la fuga e portati al vicino villaggio indiano. Saranno Occhio di Falco, Chingachgook e Uncas a doverli salvare, affrontando coraggiosamente il pericolo.
Guerra e passione – L’ultimo dei Mohicani
Il romanzo di Cooper viene considerato all’interno della letteratura americana come un vero e proprio classico. Letto nelle scuole, molto apprezzato dalla critica, la sua importanza è legata ad una serie di tematiche che non passano mai di moda e che hanno un forte peso attuale. È chiaro come sia incentrato sul grande spirito americano, nonostante ciò l’opera cerca di dipingere un affresco dalle molteplici sfumature: parla infatti di tolleranza nei confronti di un popolo, quello dei pellerossa, che va estinguendosi. Nasce per onorare una nobiltà che non c’è più e un mondo al suo tramonto: la tribù dei Mohicani, appunto. Nonostante questi aspetti siano chiaramente riscontrabili all’interno dell’adattamento cinematografico di Mann, il film cerca di focalizzarsi su altro. Oltre che sulla fabula originale la pellicola si concentra particolarmente sulla storia d’amore che scoppia tra Nathan e la giovane inglese Cora Munro, storia del tutto assente all’interno dell’opera letteraria.
Il regista ha fin da subito apprezzato l’atmosfera del romanzo, meno la visione manicheista con la quale Fenimore Cooper dipinge i nativi americani: nobili selvaggi o bestie feroci assetati di sangue. All’interno del film, Michael Mann cerca, invece, di approfondire i comportamenti e le psicologie delle tribù indiane, impegnate nel conflitto sia dalla parte inglese che da quella francese. Così facendo, L’ultimo dei Mohicani riesce a raccontare nel migliore dei modi non solo il protagonista, un bianco-nativo dal cuore nobile che non vuole schierarsi, ma anche il suo antagonista. Il crudele Magua, capo degli Uroni, brutale tribù indiana, diviene il secondo protagonista della narrazione. Egli è assetato di sangue, ha infatti giurato eterna vendetta al nemico inglese, colpevole di avergli distrutto la famiglia.
Aspetti tecnici – L’ultimo dei Mohicani recensione
Al di là della sua intrinseca grandezza, L’ultimo dei Mohicani soffre di una sceneggiatura che risente di un’eccessiva piattezza e semplificazione. I profili psicologici dei personaggi sono abbastanza semplici andando così a minare una narrazione che necessiterebbe di una maggiore profondità. Lo stesso Daniel Day-Lewis, nonostante renda profondo ed elegante il personaggio di Nathan, appare sacrificato in un ruolo privo di interiorità. Accanto alla superficialità della narrazione e del profilo dei personaggi, però, vi è un grande punto di forza: la fotografia. Il merito va a Dante Spinotti, grande professionista delle luci e appassionato di ambienti esotici. Basti pensare all’attenzione che rivolge ai paesaggi, creando un universo selvaggio e profondamente suggestivo. Il suo genio lo porta ad una cura maniacale nei confronti dei colori, delle composizioni e delle inquadrature.
Taglia la luce tra i rami, mescola i colori caldi a quelli freddi; inoltre riesce sempre a posizionare i personaggi negli spazi, col fine di donar loro forza, dinamismo e risalto. Il film riesce ad acquistare una patina di antichità grazie a luci contrastanti che sembrano richiamare dipinti dell’epoca. Il connubio tra personaggi e ambiente stabilisce un perfetto rapporto di comunione od opposizione tra luoghi esotici e remoti. Michael Mann realizza un affresco epico ed emozionante. Il tutto unito da una colonna sonora vibrante ed appassionante che sottolinea l’intera azione: dalle estenuanti corse dei protagonisti, all’amore che unisce Nathan e Cora; fino ad arrivare agli scontri brutali che solo una guerra può mostrare nella sua crudeltà.
Considerazioni finali
L’ultimo dei Mohicani rimane nonostante tutto un film godibilissimo e immortale, colmo di scene che entrano di diritto nell’Olimpo delle migliori di sempre. Molte sono le immagini che rimangono impresse nella mente dello spettatore, su tutte quella dell’elegante corsa di Nathan. L’attore riesce a donare corpo e vigore ad uno dei tanti cuori impavidi del cinema epico-storico. Ci troviamo dinanzi ad un eroe molto coraggioso, tenace, deciso, immerso in un film che trasmette valori positivi (il legame alla terra, le qualità di un carattere nobile, l’amore nei confronti della persona amata) senza sfociare al di fuori del genere a cui è ancorato.
Difficilmente si potranno eguagliare scene come la fuga attraverso le immense praterie e foreste, con i capelli al vento, moschetto alla mano e tomahawk ben stretto. È il simbolo di un’epicità e di un romanticismo dal sapore antico.
L'ultimo dei Mohicani
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Fotografia
- Colonna sonora
- Interpretazione di Daniel Day-Lewis
Lati negativi
- Semplicità della psicologia dei personaggi
- Semplicità nella sceneggiatura