La casa di carta – Recensione della serie tv Netflix
Entriamo nelle dinamiche di una delle serie tv più viste di Netflix: La casa di carta
È la serie tv del momento. Sulla bocca di tutti. Non solo: il presidente di Netflix ha dichiarato che La casa di carta, in originale La casa de papel, risulta essere ufficialmente la serie tv, in lingua diversa da quella inglese, più vista in assoluto. Ecco la nostra recensione.
La casa di carta – Recensione della serie tv Netflix
L’immersione
Un plot apparentemente assai semplice. Un gruppo di giovani ha in mente di rapinare la zecca di Stato spagnola, con un professore alle loro spalle che rappresenta la mente da cui parte il diabolico piano. Sembra molto facile riassumere La casa di carta. Invece no. Perché nel corso della vicenda i rapporti tra i personaggi si complicano e si rafforzano, come quel piano che a volte sembra cadere, per poi rialzarsi e far entrare, o meglio immergere, lo spettatore dentro quella zecca. Non vorremmo più uscire da quella casa di carta, o forse vorremmo scappare al più presto con i rapinatori ed andare a festeggiare tutti assieme.
Facciamo il punto della situazione e andiamo al succo. La casa di carta non parte bene, o comunque ci mette più di altre serie tv a prendere il volo. Ma una volta in aria, è un’ascesa leggiadra. Con la voce narrante di Tokyo – una delle rapinatrici – entriamo nel vivo di una delle più grandi “imprese” della storia con la s minuscola. Gli intoppi che incontriamo nell’intera stagione non sono pochi. Non mancano, infatti, buchi di sceneggiatura sparsi qua e là ed archi narrativi, interni ai singoli episodi, che tendono a risolversi un po’ troppo velocemente. Il punto focale è che tutto ciò conta assai relativamente. Le forzature di trama in cui incappiamo vengono compensate da una scrittura in grado di tenere alta la tensione nella sceneggiatura tutta.
“Una questione di lingua e cast”
Eccoci nel solito discorso, trito e ritrito: “abbiamo una tradizione di doppiatori millenaria”, per citare i The Pills. Si, nessuno lo mette in dubbio. Eppure alcune volte non funziona, non gira per niente. Così come, in altre occasioni, risolve il tutto. Qui sarà per il prodotto spagnolo, con attori che parlano velocemente e quindi difficili da doppiare, sarà per le intenzioni che a seguito di ciò si vanno totalmente a perdere: fatto sta che La casa di carta va assolutamente vista in lingua originale. Senza se e senza ma.
Lingua originale – in questo caso spagnola – perché, da buoni spettatori, non ci possiamo perdere le interpretazioni di un cast grandioso. Chiaramente con il doppiaggio non ci lasceremmo sfuggire la performance in toto, ma ne fruiremmo in qualche in modo in maniera alterata. I personaggi non sono tanto difficili da comprendere, anche perché scritti affinché lo spettatore capisca sin dall’incipit la loro caratterizzazione. Come in tutti i prodotti seriali, poi, ognuno ha i suoi interpreti preferiti. Andando aldilà dei gusti personali, però, ci sono degli attori che spiccano per bravura. La potenza “cinematografica” di Alba Flores, alias Nairobi, riempie lo schermo; l’attrice ha un fisique du role che le permette di realizzare al meglio personaggi come questo: il suo “empieza el matriarcado” risuona ancora a fine visione.
A sottolineare una certa voglia della serie di rimarcare la potenza femminile, di donne che nonostante le sofferenze si sanno rialzare, vi è poi il commissario. Incredibile la capacità dell’attrice Itziar Ituño di passare dal registro brillantemente astuto e rabbioso a quello drammatico. Infine, dobbiamo sottolineare l’interpretazione di Jaime Lorente nei panni di Denver: nonostante la recitazione in piena linea col “metodo spagnolo”, molto credibile il suo ragazzo innamorato ed al contempo tremendamente fermo nelle sue decisioni.
La casa di carta
Voto - 9
9
Lati positivi
- Cast eccezionale, con attori molto calibrati
- Tensione costantemente a livelli alti
Lati negativi
- Alcune forzature di trama/ul>