La casa di Jack: recensione del film di Lars von Trier con Matt Dillon
Oggi parliamo de La casa di Jack, film tanto controverso quanto il suo regista, Lars Von Trier.
La casa di Jack recensione. Lars von Trier è uno di quei registi che non hanno bisogno di alcuna presentazione. Ogni suo film in uscita si sa che creerà scandalo e darà vita a innumerevoli controversie. La casa di Jack, chiaramente, non è da meno. Il film è stato accolto con una standing ovation a Cannes, anche se va premesso che molta della gente presente alla proiezione ha storto il naso non poco. E, come ogni film di Von Trier, anche la critica si spezzerà su La casa di Jack. Le ragioni sono molteplici: Lars non è provocatore soltanto nella scelta della trama e dei contenuti; la regia si presenta per palati già abituati a certi gusti di Von Trier.
È indubbio, dunque, trovarsi di fronte a un prodotto che ha dalla sua una palese volontà di non seguire alcuno schema. Né di volersi porre alcun limite dal punto di vista dei contenuti. Lars è libertà tecnica e di contenuto, e questa libertà va capita e assimilata. Il rischio di non accontentare il pubblico, con Von Trier, è sempre altissimo. Ma al regista questo non importa, ed è per questo che ci regala ancora una volta una pellicola difficile da mandar giù, ma non per questo meno deliziosa. Merito anche di un Matt Dillon in grandissima forma.
La casa di Jack recensione
Seguendo una sorta di filo conduttore (come spesso capita al regista) von Trier intende addentrarsi nella psiche umana arrivando a snidare i peggiori istinti dell’uomo. Dopo Nymphomaniac il regista danese decide di abbandonare la curiosità verso il mondo della sessualità pura e si ributta in un argomento a lui particolarmente gradito: il male. Pochi in giro riescono a raccontare il male come lo fa Von Trier. E, in questo caso, il merito di tutto ciò va sia a lui, ma, in buona parte, a Matt Dillon. L’attore qui mette in tavola tutte le sue carte e mostra tutto il suo talento. E lo fa regalandoci un personaggio davvero impossibile da esaminare interamente e che lascia lo spettatore sempre più di stucco ad ogni scena. Un assolo di circa due ore e mezza che ci porta nei meandri di un cervello deviato ma allo stesso tempo spaventosamente geniale e intrigante.
L’arte del male
Sarebbe ipocrita dire che Von Trier non abbia una forte attrazione verso il male. Buona parte della filmografia di Lars ruota intorno alla malvagità dell’uomo. La casa di Jack si inserisce perfettamente in questo progetto di “descrizione” del male e, forse, rappresenta l’apice di questa ricerca nei meandri della malvagità umana. Qui il regista decide di mettere in gioco tutta la sua visione contorta e allo stesso tempo sublime di tutto ciò. Il film è un susseguirsi nervoso di omicidi e conseguenti ricadute mentali e emotive del protagonista. Nel narrare tutto questo Von Trier non gira mai la telecamera quando c’è da mostrare una scena violenta. Anzi: il regista vuole farci assistere a questo macabro teatro degli orrori.
Il tutto alternato da introspezioni del protagonista sotto forma di opere d’arte. Questo espediente narrativo, composto da collage di quadri d’epoca, e di video di repertorio di eventi violenti potrebbe spiazzare i più. Ma, come spesso accade, opere come La casa di Jack sono destinate a essere odiate o amate.
La casa di Jack recensione: l’inferno secondo Lars
Una delle opere che vengono omaggiate dal regista è sicuramente la nostra Divina Commedia di Dante Alighieri. La storia de La casa di Jack è narrata dallo stesso protagonista. Ma questi non si rivolge allo spettatore, bensì a un certo Verge. Virgilio. Lungo la sua lunga carriera da serial killer Jack incomincerà a percorrere un sentiero tortuoso e violento che lo porterà dritto all’Inferno. Accompagnato proprio da un certo Virgilio. È indubbio che un autore come Lars von Trier possa prendere spunto dal capolavoro come la Divina Commedia. L’Inferno, ovviamente, è il punto di partenza per la creazione del personaggio di Jack, che si sente investito da un “talento artistico” nei confronti della violenza. Jack sembra quasi voler far trasparire la visione di von Trier verso il male e il macabro.
Ma se da un lato abbiamo la visione quasi glorifica e artistica della violenza, dall’altro abbiamo la realtà. Jack è dipendente dalle sensazioni provocate dall’atto violento e von Trier ce lo mostra in maniera perfetta. E, proprio come un dipendente da sostanze stupefacenti, l’astinenza è la molla che fa saltare quella piccola dose di normalità di Jack.
Considerazioni finali
La casa di Jack è un film che va preso per quello che è: un’opera che vuole affrontare di petto la natura della malvagità. E, si voglia o no, questo provocherà una forte frattura nel pubblico, proprio come è successo a Cannes. Dispiace parlare di questo film proprio adesso, a pochi giorni dalla morte di Bruno Ganz, che qui ha dato un’ottima prova del suo talento, per l’ultima volta purtroppo.Comunque la si voglia vedere, è indubbio che La casa di Jack resterà tanto nella mente di chi lo ha amato tanto in quella di coloro che non lo hanno apprezzato. Questo è il cinema di von Trier; un cinema che non chiede ragioni ai suoi destinatari, noi spettatori. Un cinema che si prende libertà sia artistiche sia di contenuto, che lo rendono indimenticabile, nel bene e nel male.
La casa di Jack
Voto - 7
7
Lati positivi
- Performance di Matt Dillon da applausi
- La visione del male di Von Trier
- Il montaggio...
Lati negativi
- ...che potrebbe non piacere a tutti i palati
- Non adatto ai deboli di stomaco
- Autocitazionismo a volte esagerato