La città proibita: la recensione del nuovo film di Gabriele Mainetti

Al cinema dal 13 marzo il nuovo film di Gabriele Mainetti: la nostra recensione di La città proibita

Dopo l’esordio nel 2015 con Lo chiamavano Jeeg Robot e a quattro anni di distanza da Freaks Out, Gabriele Mainetti torna al cinema con La città proibita. In pochi, come Mainetti, sanno sperimentare coi generi e le contaminazioni e in pochi, nel panorama italiano, hanno il coraggio di osare traducendo le proprie ambizioni in maniera così schietta e personale. Dopo il debutto col tema dei supereroi, ripreso, amplificato e rimodulato in chiave storica nel secondo lungometraggio (trovate qui la nostra recensione di Freaks Out), Mainetti confeziona un ibrido riuscitissimo tra revenge movie, azione e romanticismo, un kung-fu movie in salsa capitolina che riprende e omaggia Kill Bill di Quentin Tarantino, i film di Bruce Lee e Vacanze romane.

La città proibita si apre nella Cina della politica del figlio unico. Mei e Yun sono due sorelle allenate da padre che vuol fare di loro due esperte di arti marziali. Mei, la più piccola, è costretta a crescere nascosta e quando la ritroviamo adulta è alla ricerca di Yun, scappata dalla Cina per sfuggire alla miseria e arrivata in Italia dove è finita in un giro di prostituzione. A Roma, nella cornice multiculturale di Piazza Vittorio, le vicende di Mei si intrecciano con quelle di Marcello, che lavora come cuoco nel ristorante di proprietà del padre. Yun è scomparsa, così come è irrintracciabile anche Alfredo, il padre di Marcello. La campionessa di kung-fu e il giovane cuoco si alleano per ritrovare i parenti scomparsi, ritrovandosi ad avere a che fare coi loschi giri del sottobosco criminale della Capitale.

Indice:

La contaminazione come cifra stilistica – La città proibita recensione

La città proibita si apre con una sequenza d’azione spettacolare, fluida e dal ritmo indiavolato, che ci porta dalla Cina rurale direttamente nel cuore di Roma passando per una casa di appuntamenti nascosta nel sotterraneo di un ristorante cinese. Una sequenza che ci permette di conoscere la nostra protagonista, Mei (la bravissima Yaxi Liu), una macchina letale in grado di mettere fuori uso a mani nude decine di nerboruti loschi figuri. La contaminazione come cifra stilistica è chiara sin da subito in un film che mescola i generi e i toni tanto a livello tematico quanto a livello stilistico e visivo in maniera estremamente naturale. La città proibita si muove in costante equilibrio tra un impianto e una regia di stampo hollywoodiano e un cuore tutto italiano, frutto della visione unica di un regista che ama osare e sa come farlo, sempre più consapevole e maturo.

La violenza e la brutalità delle sequenze action, girate con maestria e un controllo impeccabile, con un’abbondanza di dettagli piuttosto cruenti, si mescolano a una costante linea ironica che non smorza la tensione e l’impatto di una storia che parla di razzismo, integrazione, criminalità e fragilità umane, ma anzi la impreziosisce ed esalta. Non manca nemmeno il romanticismo, col sentimento tenero che unisce Marcello e Mei, due poli opposti che si trovano legati dai propositi di vendetta e si ritrovano uniti in un amore impossibile così genuino che gli si perdona volentieri anche qualche momento fin troppo stucchevole. Un mix anomalo, certo, ma che non perde mai la strada e centra l’obiettivo riuscendo a intrattenere dal primo all’ultimo minuto.

la città proibita recensione

Wildside, PiperFilm, Goon Films, Vision Distribution, Netflix, Ministero della Cultura

Un film multiforme, coraggioso e sorprendente – La città proibita recensione

Gabriele Mainetti si affida a un cast che poggia su una bella amalgama tra giovani e promettenti attori come Yaxi Liu e Enrico Borello (Marcello) e veri e propri veterani come Sabrina Ferilli, Marco Giallini e Luca Zingaretti. E se l’Alfredo di Zingaretti è una presenza “in assenza”, che pur ha un ruolo cruciale nella storia, la Lorena di Ferilli e l’Annibale di Giallini sono figure centrali, che hanno lo spazio che meritano e che oltre a farsi portatori di buona parte della linea comica, diventano lo spunto per lo sviluppo di riflessioni piuttosto profonde. Specie nel caso di Annibale, personaggio inizialmente sfuggente che via via diventa l’incarnazione di tutto quello la nuova società – sempre più multiculturale, sempre più contaminata – rifiuta e rifugge, come il razzismo e lo sfruttamento dei lavoratori immigrati.

La città proibita è un film multiforme, che sorprende per come riesce a trovare un equilibrio in una natura polimorfa che avrebbe potuto essere fin troppo rischiosa. Gabriele Mainetti lavora sulle radici piantate con Lo chiamavano Jeeg Robot e realizza un terzo film forse addirittura più ambizioso e coraggioso di Freaks Out. Non è facile fare cinema di genere in Italia e risultati come questo sono doppiamente da premiare. La città proibita (qui il trailer) è al cinema dal 13 marzo. Trovate qui 5 film da vedere per prepararvi al meglio.

 

 

La città proibita

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Le sequenze d'azione, con la particolare attenzione alla messa in scena dei combattimenti
  • La prova del cast, dai due protagonisti passando per Sabrina Ferilli, Marco Giallini e Luca Zingaretti

Lati negativi

  • Qualche discontinuità nel ritmo

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