La lotta per la sopravvivenza: recensione del thriller canadese Netflix
Analizziamo il nuovo thriller Netflix fra sopravvivenza e psicologia
È stato da poco aggiunto al catalogo di Netflix – con un tempismo azzeccato, visti i tempi che corrono – La lotta per la sopravvivenza, film canadese del 2019 scritto e diretto da Patrice Laliberté di cui vi proponiamo la nostra recensione. Tempismo azzeccato, dicevamo, ed è proprio così, dal momento che al centro di questo thriller ci sono una serie di personaggi che si preparano per un’eventuale – ormai annunciata – crisi globale. Che si tratti del crollo dell’economia, di una catastrofe nucleare o di un’epidemia non viene specificato; tuttavia, ne sentiamo parlare sin dai primissimi momenti del racconto. Ed è proprio per questo che i protagonisti si preparano, per fronteggiare una calamità imminente senza soccombere.
Il titolo originale del film, Jusqu’au Déclin, è naturalmente molto più centrato e suggestivo rispetto alla libera traduzione italiana. La componente del declino, infatti, è dominante in tutto l’arco narrativo; sia per quanto riguarda la storia, che per quel che concerne la parabola dei personaggi. Presentato nella scorsa edizione del Toronto International Film Festival, La lotta per la sopravvivenza è stato accolto piuttosto bene dalla critica. Vediamo insieme nella nostra recensione e analisi quali sono i pregi e i difetti di quest’aggiunta al catalogo Netflix.
Indice:
- La trama
- Fino al declino: analisi della componente psicologica
- Osservazioni tecniche: sceneggiatura e regia
- Osservazioni tecniche: fotografia e montaggio
- Chiavi di lettura, messaggio e osservazioni conclusive
La trama – La lotta per la sopravvivenza, la recensione
Alain è un esperto di sopravvivenza e sul suo canale YouTube diffonde consigli e tecniche di ogni tipo per far fronte a un’eventuale situazione di emergenza. Alla radio e in televisione continuano a ripetere che una spaventosa crisi a livello globale è alle porte; che si tratti di un’emergenza sociale, climatica o sanitaria, ormai è solo una questione di tempo. Da survivalista esperto, Alain ha organizzato un corso per insegnare a sei volontari tutte le strategie da mettere in campo per sopravvivere durante un evento catastrofico; come procurarsi il cibo, come trovare riparo, come difendersi.
I sei volontari – quattro uomini e due donne – si ritrovano dunque presso l’enorme tenuta di Alain isolata nel cuore delle foreste del Québec. L’uomo ha organizzato un vero e proprio campo di addestramento, dove i suoi allievi impareranno a cacciare, coltivare piante in una serra e a maneggiare esplosivi ed armi da fuoco. Tutto sembra procedere per il meglio anche se è chiaro fin da subito che Alain non tollera iniziative indipendenti e che tiene molto alla disciplina. Quando uno dei sei partecipanti al seminario, però, è vittima di un incidente, la situazione inizia a precipitare.
Fino al declino: analisi della componente psicologica
Come abbiamo già detto all’inizio della nostra recensione, il titolo originale de La lotta per la sopravvivenza è Jusq’au Déclin, che letteralmente significa fino al declino. Questo titolo è una fotografia piuttosto chiara di quello che accadrà nel corso della storia; negli 82 minuti in cui si sviluppa la vicenda, assistiamo infatti al progressivo declino della situazione di partenza, dei piani di Alain e dell’equilibrio psicologico dei protagonisti. Ecco che allora la sopravvivenza non è più quella – ipotetica – da salvaguardare durante un’eventuale apocalisse; diventa quella immediata e urgente dei partecipanti al seminario organizzato dal survivalista. Il titolo italiano – certamente libero, ma altrettanto efficace – privilegia la dimensione dello scontro, mentre quello originale sottolinea una dimensione psicologica che nel film è ben presente e quasi dominante.
A Patrice Laliberté interessa poco delineare un contesto apocalittico come siamo abituati a vedere in diversi film e serie tv. La crisi globale annunciata non si verifica e i personaggi – per quanto mostrato – hanno vite tranquille in contesti normali. L’apocalisse qui è tutta (o quasi) psicologica, sociologica, comportamentale. Ci troviamo di fronte sei personaggi che, troppo preoccupati da un possibile disastro planetario, trascurano il proprio equilibrio, fino alle estreme conseguenze. Fino, appunto, all’inevitabile declino. Lo spettatore, minuto dopo minuto, si accorge che ciascun protagonista ha qualcosa che non va, a cominciare proprio da Alain. Il messaggio finale, quindi, è cristallino. Inutile prepararsi fisicamente e tecnicamente per qualcosa che potrebbe succedere se gettiamo le basi su un equilibrio mentale troppo precario e labile.
Osservazioni tecniche: sceneggiatura e regia – La lotta per la sopravvivenza, la recensione
Proseguiamo la nostra recensione de La lotta per la sopravvivenza con uno degli aspetti più interessanti – seppur non esente da difetti – del film di Patrice Laliberté: la sceneggiatura, firmata dallo stesso regista. Lo spunto di partenza non è di certo nuovo e sono molti i film e le serie che trattano di sopravvivenza ed eventi catastrofici. Qui la catastrofe è annunciata, accennata, descritta come uno spauracchio concreto e angosciante; una presenza costante che affligge e influenza i protagonisti. Ciascuno dei sei allievi rappresenta un tipo umano: la donna forte, l’elemento debole della catena, il padre premuroso, l’indeciso, l’esaltato e lo spaccone. Non tutti hanno un arco narrativo completo, ma i personaggi sono scritti in modo da risultare credibili e facilmente identificabili.
La storia inizia, si sviluppa e si conclude in modo piuttosto efficace; i colpi di scena sono collocati sapientemente e spezzano un andamento che può risultare prevedibile per lo spettatore più onnivoro e ferrato. Interessante la scelta di privilegiare il punto di vista psicologico della vicenda e di spostare l’attenzione da un possibile disastro globale a quello personale dei protagonisti. Laliberté dimostra di saper padroneggiare la creazione della tensione: i nervi tesi dei personaggi sulla scena si percepiscono forti e chiari, così come il fallimento del piano di Alain, che si sgretola sotto i nostri occhi. Peccato solo che alcuni personaggi fungano più che altro da riempitivo per mandare avanti la storia. La regia si muove essenziale e didascalica, sia nelle molte sequenze di ampio respiro in esterno che in quelle più claustrofobiche negli interni.
Osservazioni tecniche: fotografia e montaggio
Come abbiamo accennato nel paragrafo riguardante la trama, il film si svolge nelle sconfinate, gelide foreste del Québec. Il paesaggio gioca un ruolo fondamentale all’interno della narrazione, con le sue distese innevate, le sue schiere di alberi fitti e imponenti, i suoi corsi d’acqua congelati. In un contesto simile la fotografia è tutta volta a valorizzare gli elementi naturali. Ci sono riprese esteticamente molto valide in cui la macchina da presa segue da vicino i personaggi ma l’attenzione dello spettatore cade inevitabilmente sul paesaggio. Luci, contrasti e un candore dominante valorizzano un ambiente pacifico, silenzioso ed estremamente suggestivo, con un approccio che a tratti ricorda quello documentaristico.
Il montaggio è al servizio della narrazione e ne segue fedelmente l’andamento, senza intaccarne in alcun modo la linearità. Anche ritmo e andamento sono caratterizzati da una certa coerenza dall’inizio alla fine; si parte con un montaggio disteso mentre l’accelerazione si fa evidente quando il primo colpo di scena cambia il passo della narrazione come un fulmine a ciel sereno. Si rallenta di nuovo mano a mano che il cerchio si stringe attorno alle vicende dei protagonisti per accelerare, ancora, sul finale. Un montaggio delle immagini, dunque, che è mimetico rispetto agli eventi in scena, ben calibrato per gli 82 minuti di durata del film.
Chiavi di lettura, messaggio e osservazioni conclusive – La lotta per la sopravvivenza, la recensione
Abbiamo parlato più volte nel corso della nostra recensione e analisi di come la componente psicologica risulti dominante ne La lotta per la sopravvivenza. Chi si aspetta un survival movie dai canoni classici, ricco di azione e scontri fisici potrebbe rimanere deluso. Jusq’au Déclin ha sì diversi tratti in comune con questo genere di film, ma nel corso della narrazione ne prende le distanze e si sviluppa come un thriller psicologico. Non mancano le scene violente; la maggior parte con un senso nello sviluppo della storia, altre – purtroppo – come mero riempitivo. Quello che interessa al regista, però, è l’analisi psicologica dei personaggi che – come dicevamo – sono delineati affinché spicchino immediatamente i loro tratti caratterizzanti.
Il messaggio di fondo del film di Patrice Laliberté è dunque quello di sottolineare come l’equilibrio sia il primo obiettivo da perseguire e il controllo delle proprie emozioni la prima strategia da mettere in atto per sopravvivere. Se mancano equilibrio e controllo, nessuna abilità fisica o conoscenza pratica potranno tornare utili in situazioni di emergenza. La lotta per la sopravvivenza è un film che tocca facilmente le corde giuste in questo periodo e si lascia – altrettanto facilmente – apprezzare se lo si guarda coi giusti presupposti, senza aspettarsi altro. Buone anche le prove degli interpreti, abili nel calcare la mano sulle caratteristiche più evidenti dei relativi personaggi. Il film di Laliberté è una buona aggiunta al catalogo Netflix; non vi cambierà la vita ma vi offrirà certamente qualche spunto di riflessione stimolante.
La lotta per la sopravvivenza
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Interessanti risvolti psicologici
- Script valido, buona regia e comparto tecnico
Lati negativi
- Qualche personaggio troppo poco incisivo
- Alcune scene non funzionali allo sviluppo della storia risultano meri riempitivi