La notte del giudizio per sempre: recensione del quinto capitolo della saga horror
Arriva alla conclusione la saga horror di James De Monaco prodotta da Blumhouse
Nel 2013 il regista e sceneggiatore James DeMonaco esordisce con un horror home invasion dall’idea centrale davvero intrigante. The Purge (in italiano La notte del giudizio) metteva in scena un’America non tanto lontana in cui un gruppo di ricchi politici, i Nuovi Padri Fondatori, hanno istituito lo Sfogo, un notte all’anno in cui ogni crimine è permesso, incluso l’omicidio. Un’idea che sembrerebbe diminuire il crimine e la violenza nella società, ma che invece finisce per sottolineare ancora di più le disuguaglianze sociali, destinando i poveri e le minoranze a una mattanza messa a punto da persone ricche e bianche. Da questo film, con protagonista Ethan Hawke, è nato un vero e proprio franchise, a cui si è aggiunto recentemente un quinto capitolo intitolato La notte del giudizio per sempre, di cui vi presentiamo la recensione.
Con Anarchia la saga di DeMonaco aveva esplicitato ancora di più il sottotesto politico e sociale della trama horror, portando inoltre la narrazione fuori dalle mura domestiche nel pericolo delle strade durante la notte dello Sfogo. Election Year invece si era rivelato nient’altro che una brutta copia poco interessante del secondo capitolo. Il quarto film aveva poi tentato di raccontare le origini dello Sfogo, con un risultato finale tuttavia poco più che sufficiente. Ora il quinto capitolo sembra (per il momento) chiudere la saga, alzando la posta in gioco collegandosi ancora di più alla realtà dell’America trumpiana. Uscito a luglio 2021 dopo un rinvio causato dalla pandemia, La notte del giudizio per sempre arriva ora su Sky e Now: un’occasione per scoprire se questa pellicola passata in sordina sia riuscita a far tornare in carreggiata la saga di DeMonaco.
Indice
Lo Sfogo per sempre – La notte del giudizio per sempre recensione
Sono passati otto anni dai fatti de La notte del giudizio – Election Year e i tentativi di eliminare finalmente lo Sfogo non hanno portato a nulla di definitivo. I Nuovi Padri Fondatori hanno infatti ripristinato la notte in cui ogni crimine, incluso l’omicidio, è permesso. Gli Stati Uniti però non hanno risolto le forti divisioni e disuguaglianze sociali che li caratterizzano; l’immigrazione è aumentata e con essa il razzismo e la xenofobia. Lo sanno bene Adela (Ana de la Reguera) e Juan (Tenoch Huerta) che sono fuggiti dalla violenza del Messico per inseguire il sogno americano e trovare una vita migliore. La convivenza con i bianchi americani però non è semplice: Juan ad esempio comprende di non essere tollerato da Dylan (Josh Lucas), figlio di Caleb Tucker, proprietario del ranch presso cui lavora.
Passata la notte dell’ennesimo Sfogo annuale, le cose però non tornano alla normalità né per Adela e Juan né per la famiglia Tucker. Numerosi americani decidono di far durare per sempre lo Sfogo, con lo scopo principale di ripulire a livello razziale la loro madrepatria. Nel contempo però anche alcuni immigrati decidono di proseguire a oltranza la notte di violenza, stufi dell’eterna condizione di subalternità rispetto ai ricchi bianchi. Nasce così una vera e propria guerra civile, che non risparmia niente e nessuno. In questo incubo Adela e Juan si alleano con i Tucker, tentando di rimanere vivi e di trovare la salvezza altrove. Se gli Stati Uniti non sono più un luogo sicuro, l’unica paradossale speranza resta quella di superare il confine.
Accusa all’America – La notte del giudizio per sempre recensione
Guardando La notte del giudizio per sempre, sin dai primi minuti appare chiaro come questo quinto capitolo renda sempre più esplicito il riferimento all’attuale realtà americana. Sotto la lente registica del messicano Everardo Gout (le serie tv Snowpiercer e Luke Cage) è mostrata la condizione di tanti immigrati che hanno oltrepassato il muro tra Messico e USA, tentando di inseguire il sogno americano ma scontrandosi con razzismo e politiche patriottiche reazionarie. In modo netto e cristallino (e molto didascalico) il film punta il dito contro i mali dell’America: l’odio e il razzismo crescenti, il patriottismo reazionario e la diffusione generalizzata e pericolosa delle armi da fuoco. A emergere è anche la rabbia di tanti immigrati, spesso vittime di continui soprusi ed eternamente destinati a ruoli subalterni nella società. Questa rabbia esplode contemporaneamente a quella dei razzisti, ma finisce per adottare lo stesso modus operandi degli oppressori.
Il film dunque insiste anche sull’ipocrisia di alcune rivolte, innescando delle interessanti riflessioni. La più rilevante è quella però sul sogno americano, che esce totalmente distrutto dalla narrazione. Il sogno è inseguito da coloro che fuggono dal Messico, dilaniato dalla violenza; paradossalmente questo sogno si trasforma però in un incubo, innescando un processo di ribaltamento e di ritorno alle origini. Il Messico diventa ora la salvezza e in questa fuga sono coinvolti anche coloro che non erano mai stati profughi, vittime di violenza o subalterni nella società. La notte del giudizio per sempre dunque aggiorna leggermente il franchise con queste nuove riflessioni, inserite in una narrazione che non si svolge più solo di notte ma prevalentemente alla luce del giorno e che prevede una fase on the road dai confini ancora più ampi.
Un finale sufficiente – La notte del giudizio per sempre recensione
In questo aggiornamento del franchise La notte del giudizio per sempre mantiene comunque l’impostazione generale dei capitoli precedenti. Le importanti tematiche trattate restano spesso in superficie, esplicitate in discorsi molto didascalici, e finiscono soppiantate poi dalla solita catena di sparatorie, sequenze action e fiumi di sangue. Inoltre i personaggi sono sempre appena delineati e trasformati in vere e proprie macchine da guerra. Non mancano poi i classici maniaci mascherati e inquietanti, che soddisfano principalmente gli amanti dell’horror slasher. Dal punto di vista attoriale, invece, si possono notare buone performance, in particolare quelle di Ana de la Reguera (Army of Thieves), Tenoch Huerta (Narcos: Messico) e Josh Lucas (Le Mans ’66 – La grande sfida). Buona anche la regia di Gout, che si concede qualche interessante movimento di macchina e una piccola citazione cinematografica.
Concludendo questa recensione de La notte del giudizio per sempre si può affermare che questo quinto capitolo riesce ad aggiornare (per quanto possibile) un franchise andato fuori rotta. Si sceglie di estremizzare tutti gli elementi dell’America tipicamente trumpiana per realizzare un’accusa netta, chiara ed esplicita a odio, razzismo, xenofobia e utilizzo privo di limiti delle armi da fuoco. A rendere ancora più efficace questo discorso è la scelta dell’ambientazione ovvero il Texas, uno dei cuori pulsanti degli USA al tempo stesso così vicino al confine con il Messico. Lo svolgimento della vicenda raccontata prevalentemente alla luce del sole fornisce poi un nuovo look alla saga, ambientata praticamente sempre nell’arco di una notte. Con tutti questi elementi in ballo, dunque, La notte del giudizio per sempre costituisce un dignitoso finale alla saga di DeMonaco; i difetti ci sono ma il risultato finale è positivo, senz’altro sufficiente.
La notte del giudizio per sempre
Voto - 6
6
Lati positivi
- Questo quinto capitolo riesce ad aggiornare (in parte) il franchise di DeMonaco con nuove riflessioni e nuove idee
- Buone performance attoriali e buona regia
Lati negativi
- Le tematiche sono trattate in modo molto didascalico e vengono spesso soppiantate dalle scene action e dal sangue
- Come in altri film della saga i personaggi sono appena delineati