La ragazza delle renne: la recensione del film svedese Netflix
La ragazza delle renne, diretto da Elle Marka Eira, film Netflix ambientato nella Lapponia svedese, racconta una storia di lotta e identità: la nostra recensione
La ragazza delle renne è il nuovo film che si aggiunge al catalogo di Netflix di aprile 2024. Adattamento del romanzo Stolen scritto da Ann-Helén Laestadius, il film, ambientato nella Lapponia Svedese è diretto dalla regista Elle Marka Eira ed è disponibile sulla piattaforma streaming dal 12 aprile. La ragazza delle renne che racconta una storia millenaria e identitaria, trattando temi importanti e delicati, non riesce ad avere mai una vera svolta di racconto.
Indice
Trama – La ragazza delle renne, la recensione
Elsa, bambina del popolo Sàmi, è emozionata al pensiero di quello che è considerato un grande passo per i lapponi svedesi e cioè quello di scegliere e dare un nome a una renna, che, come le viene insegnato e ripetuto, non “sarà di sua proprietà, ma solo in prestito”. È un momento storico, importante e una tradizione di famiglia per i genitori di Elsa e per suo fratello maggiore, che portano avanti da tempo il mestiere di allevatori. Come per Elsa, per la sua famiglia e per il popolo Sàmi, la loro principale occupazione è l’allevamento delle renne, unico mestiere che permette loro di sopravvivere.
Poco dopo aver scelto la propria renna, Elsa assiste anche alla crudele uccisione di quell’animale con il quale aveva instaurato un legame importante, iniziando a capire che c’è qualcuno, fuori da quel microcosmo innevato che è la sua casa, che rifiuta il suo mondo, il suo popolo, le sue tradizioni e la sua cultura. Crescendo quel drammatico omicidio della sua renna si ripropone con modalità diverse, diventando solo l’incipit di un tentativo in atto da anni.
Narrazione visiva statica e immobile – La ragazza delle renne, la recensione
Distese di neve nelle quali è facile perdersi e sprofondare, un orizzonte sconfinato dove un sole lentamente scompare lontano e la notte più buia, senza alcuna illuminazione, si abbatte minacciosa su delle baite deliziose, ma circondate dal nulla. L’aurora boreale che colora quel cielo nero di verde smeraldo, creando straordinari giochi di luce e delle striature sempre più nitide, con altre sempre più sfumate, dando vita a un disegno da ammirare meravigliati. Ma non è solo quel luogo spesso fotografato nei film a rendere La ragazza delle renne, almeno inizialmente, un piacere da guardare, perché si passa poi a quella miriade di renne che corrono insieme anche loro arrivando a raffigurare forme geometriche e astratte. Scene riprese dall’alto che creano un contrasto tra il manto scuro delle renne e il bianco latte della neve. Anche i personaggi, in quella natura intatta, incontaminata e immensa, spiccano nel loro camminare tra centimetri di neve incalcolabili, cercando di prendere le renne, per marchiarle, contarle, poterle individuare come proprie, apparendo in netta minoranza e fattore distintivo in una mandria che corre muovendosi in circolo.
La bellezza e le incredibili location della Lapponia sono però solo incipit di una pellicola che nel complesso non convince e arriva a un finale insoddisfacente, dopo una serie di situazioni improvvise e curiose. Quando lo sguardo si è quindi ormai abituato a questi paesaggi straordinari, ai costumi locali preziosi, singolari e colorati, l’inerzia stagnante del film inizia a stancare uno spettatore in attesa che accada qualcosa. Il problema di La ragazze delle renne è sostanzialmente il fatto che sia un film che stenta ad ingranare, che sembra non partire mai e ogni sequenza, da quelle iniziali, a quelle centrali, fino a quelle finali, sembrano un infinito preambolo. Non si tratta neanche di scene che trasmettono ad esempio, lo stile di vita del popolo Sàmi, costituito magari da una staticità e un’indolenza uniche. Come la neve si estende per chilometri, allo stesso modo i percorsi, fatti a piedi o sulle moto da neve, vengono ripresi in tutta la loro eccessiva estensione, fin troppo prolungate. Allo stesso modo anche i momenti più dinamici, che potevano creare suspense o sorpresa, non vengono sfruttati e i difetti abbondano in sceneggiatura, regia e anche nell’interpretazione, che invece in altre situazioni non delude.
Conclusioni – La ragazza delle renne, la recensione
Anche l’intento e il genere restano indefiniti, però si tratta di un vero peccato, perché c’erano davvero tanti presupposti per far sì che La ragazza delle renne potesse essere un buon film, forte anche di un’ambientazione particolare, e intrigante nelle profonde differenze che la contraddistinguono. Un thriller drama che partiva dagli occhi traumatizzati di una bambina che diventa una donna e che diventa il simbolo di una protesta silenziosa e inoffensiva, lo spirito battagliero di una popolazione che non sa come contrastare un mondo circostante ostile.
È l’unico elemento cristallino nel film, anche se è purtroppo affidato a fin troppe battute di dialogo, tra cui in particolare l’esplicativa: “vogliono liberarsi di noi“. C’è anche un’insistenza nel presentare il popolo lappone come inerme, pacifista, collaborativo e innocuo, vittima di una forma di razzismo da parte di chi è pronto a stravolgere loro la vita, che sia per il proprio tornaconto personale o per il gusto di togliere a quei “maledetti lapponi”, come li chiamano, ciò su cui fanno maggiore affidamento. Ma nel complesso il film non funziona, finisce per annoiare e addirittura concludersi in maniera improbabile.
La ragazza delle renne
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Ambientazione e location straordinarie
Lati negativi
- Statico e lento
- Poco coinvolgente