La Révolution: recensione della serie francese originale Netflix

La Rivoluzione Francese in chiave horror sovrannaturale

“Probabilmente penserai che ciò che sto per raccontarti è falso. Che è l’incubo di una bambina persa in un mondo caotico. Penserai che non c’è stata nessuna malattia. E che i morti non tornano in vita. Mi chiamo Madeleine de Montargis e questo è il mio testamento. Ti racconterò ciò che ho visto. E come l’era dell’oscurità divenne quella dell’illuminismo.”. È con queste parole che si apre La Révolution, la serie originale Netflix di cui vi proponiamo la nostra recensione. Con queste parole e con una celebre frase di Napoleone Bonaparte: La storia è un insieme di menzogne concordate. Un discorso e una massima che si possono leggere come due precise dichiarazioni d’intenti, un’introduzione al racconto a cui stiamo per assistere.

Perché dietro La Révolution non c’è tanto lo scopo di rivisitare gli eventi che hanno portato alla Rivoluzione Francese. Dietro La Révolution – ed è chiaro sin dalle primissime sequenze – c’è da un lato l’idea di raccontare una verità mai svelata prima; dall’altro, la trovata di inserire il tema horror-zombie-vampiresco nel contesto storico della Rivoluzione. Due spunti accattivanti e che, va detto, funzionano. Aurélien Molas è il creatore di una serie ambiziosa e intrigante che fa i conti con uno degli eventi storici più importanti e centrali nella storia dell’umanità. Una serie con una visione per certi versi piuttosto rischiosa e che in parte si ritrova a fare i conti con tale aspirazione, con tanto azzardo. Nel cast, fra gli altri, Amir El Kacem, Marilou Aussilloux, Lionel Erdogan, Gaia Weiss, Julien Frison, Isabel Aimé Gonzalez-Sola e Amélia Lacquemant.

Indice:

Tutta un’altra Storia – La Révolution, la recensione

Francia, 1789. La Révolution si apre su un paesaggio innevato il cui gelido candore è macchiato solo dal sangue dei morti. Abbattuto da un colpo d’arma da fuoco mentre sta scappando, un uomo si accascia a terra. Sopraggiunge una misteriosa figura in sella a un cavallo il cui manto è intriso di sangue che, una volta raggiunto l’uomo, lo decapita. Dalle arterie recise zampilla, copioso, del sangue blu. Scopriamo che la misteriosa figura è la giovane Madeleine, voce narrante della storia a cui stiamo per assistere. La vera storia mai raccontata dell’origine della Rivoluzione Francese e dell’epidemia che, due anni prima, è stata la molla che ha innescato le rivolte e il rovesciamento del regime.

Una storia di cui Aurélien Molas immagina e traccia un’origine sovrannaturale, legata a un morbo oscuro che trasforma le persone in esseri violenti, invincibili e dediti al cannibalismo. Un morbo che trasforma il sangue di chi ne è afflitto in sangue blu e su cui indaga il giovane medico Joseph Guillotin. Nella contea di Montargis, intanto, la contessa Èlise e sua sorella Madeleine devono guardarsi le spalle dalla pericolosa ascesa al potere del cugino Donatien. Il malcontento del popolo vessato e sfruttato aumenta giorno dopo giorno e un gruppo di ribelli sta organizzando una rivolta contro la nobiltà corrotta. Mentre Joseph Guillotin indaga a fondo sulla malattia, la nobiltà sfrutta il sangue blu per il proprio tornaconto personale, per ottenere sempre più potere. Per divorare, metaforicamente (e non solo), il popolo.

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La Révolution. John Doe Production

Sangue blu

Sangue blu è l’espressione che per antonomasia, nell’uso comune, definisce la condizione di nobiltà. Qui ci viene suggerita l’origine di questa espressione; il sangue blu è l’elemento caratterizzante di una nobiltà gretta, meschina, deviata e avida di potere. Quando l’aristocrazia decide di sfruttare il morbo del sangue blu per il proprio interesse, lo fa per dare il colpo di grazia al popolo francese. E questo, nella serie, mette in moto la Rivoluzione. Come già accennato nel paragrafo precedente della nostra recensione, in La Révolution va in scena una nobiltà il cui intento è quello di divorare il popolo. Metaforicamente parlando e non, perché i nobili dal sangue blu, qui, sono un incrocio tra zombie e vampiri cannibali. Creature, queste ultime, scelte non a caso e, ancora una volta, per un portato simbolico e metaforico.

La nobiltà che nella Francia pre-Rivoluzione deteneva tutti i privilegi a discapito di un terzo stato allo stremo qui è rappresentata come un vampiro, un mostro che si nutre del popolo. Ed è lo stesso personaggio interpretato da Julien Frison, Donatien de Montargis, a dichiararlo: “Il popolo deve ricordarsi qual è il suo destino: sottomettersi, ubbidire e nutrirci”. Una simbologia forte e una metafora potente in una serie che pur accennando appena a tutto il sottotesto storico, sociale ed economico che ha portato alla Rivoluzione Francese non ne tradisce o svilisce il messaggio. Perché la serie di Aurélien Molas non ha né un taglio storico classico né vuol essere un’approfondita analisi sociale. Certamente, una maggior attenzione a qualche dettaglio in questo senso e una più puntuale caratterizzazione dei personaggi sarebbero stati il quid in più che manca a La Révolution, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo della nostra recensione.

Analisi tecnica – La Révolution, la recensione

La Révolution è un dramma in costume con non morti, decapitazioni e sangue (rosso o blu che sia) che scorre a fiumi. Potrebbero essere gli ingredienti per un potenziale disastro, ma la serie di Aurélien Molas funziona piuttosto bene. È una serie densa di contenuti, con uno spunto originale e una visione narrativa chiara e coerente dall’inizio alla fine. Il difetto più evidente è uno scarso approfondimento dei caratteri essenziali dei molti personaggi sulla scena; difetto al quale sopperiscono in parte gli attori con le rispettive prove. Nel corso dei primi episodi, poi, la storia si perde un po’ su strade secondarie e trame che hanno più spazio di quanto ne meriterebbero.

Il vero punto forte di La Révolution invece sono le varie scene d’azione, la gestione degli elementi horror e gore e la messa in scena. La regia esalta le scene d’azione, a tratti vere e proprie esplosioni di violenza, sempre sapientemente pensate, costruite e riprese. Splendida la messa in scena, grazie anche alle riprese effettuate nella magnifica cornice di Versailles. Buona anche la prova del cast, soprattutto di Julien Frison, squisitamente e volutamente teatrale; il suo Donatien morbosamente sopra le righe è un villain folle, disturbato e inquietante. Un personaggio scritto bene il suo, come una sorta di non morto senziente e volitivo davvero originale, del quale – il finale non lascia dubbi in merito – c’è ancora molto da conoscere.

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La Révolution. John Doe Production

Considerazioni finali

Arrivati alla conclusione della nostra recensione di La Révolution non possiamo fare a meno di promuovere la serie di Aurélien Molas. Pur con i (pochi) difetti di cui sopra, la serie Netflix francese intrattiene per tutte le otto puntate, fino a un episodio finale apertissimo che spiana la strada a una probabile seconda stagione. La Révolution è fruibilissima anche per quella parte del pubblico che non conosca nel dettaglio il contesto e le cause che hanno portato a uno degli eventi più importanti della storia dell’umanità.

Chi, d’altro canto, stesse cercando una serie tv sulla Rivoluzione Francese in senso stretto potrebbe rimanere alquanto deluso. Sta di fatto che La Révolution è prima di tutto una serie interessante e accattivante che immagina le origini della Rivoluzione per antonomasia in maniera inedita e declina il tema classico dei non morti in una chiave originale. Circa cinque ore di visione che scorrono fra coinvolgimento e autentico divertimento, una serie a cui vale senz’altro la pena dare una possibilità.

La Révolution

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Spunto di partenza interessante, chiave di lettura originale
  • La regia nelle scene d'azione e la messa in scena

Lati negativi

  • Caratterizzazione dei personaggi un po' carente

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