La rosa purpurea del Cairo – Recensione del film di Woody Allen
Quando il cinema è un sollievo dalla vita vera.
La rosa purpurea del Cairo è un film del 1984 scritto e diretto da Woody Allen con protagonisti Mia Farrow, Jeff Daniels e Danny Aiello. Il film è una commedia fantastica con la quale Allen mostra la magia del cinema, e non solo, anche una storia d’amore dolce e passionale che, però, non può avere lunga vita. Il film denota una certa nota pessimista al suo interno per quanto riguarda la vita e, invece, un’esaltazione per ciò che rappresenta il cinema. Allen mostra il cinema quasi come una salvezza dalla vita reale e con questo pressuposto permette allo spettatore di viaggiare con la propria fantasia. (Per altri film di Allen cliccate qui: top 10 migliori film di Woody Allen).
La rosa purpurea del Cairo – Recensione
Cecilia è una giovane donna che lavora come cameriera in una piccola città del New Jersey durante la Grande Depressione. E’ sposata con un uomo burbero e fannullone che spesso e volentieri la tratta male o addirittura la tradisce. Cecilia ha una passione, il cinema, grazie alla quale riesce e ad allontanarsi dalla sua monotona vita che non la soddisfa a pieno.
Una sera, va al cinema a vedere un film intitolato “La rosa purpurea del Cairo“, il film le piace così tanto da volerlo vedere più volte. Un giorno, durante la solita proiezione, uno dei personaggi del film, Tom Baxter, esce dallo schermo per poter parlare con Cecilia. Tom ammira la sua passione per il film di cui lui fa parte e gli confessa di essere innamorato di lei. Tom, a quel punto, libero di andare dove vuole, decide di restare nel mondo reale insieme a Cecilia.
La rosa purpurea del Cairo: recitazione
Uno dei tanti film in cui abbiamo il piacere di vedere la coppia “Allen/Farrow”, il quarto della loro collaborazione. La Cecilia, interpretata magnificamente dalla Farrow, è un personaggio con il quale molti di noi possono immedesimarsi. Sopratutto coloro che, non contenti della vita, che a volte è piena di momenti di bui, viaggiano con la propria mente.
Grazie ai libri, al disegno, alla fotografia e, nel caso di Cecilia, al cinema. Ottima prova della Farrow che riesce a dare vita ad un personaggio che ad un primo impatto può sembrare debole, perché schiacciata emotivamente dalla sua vita. Ma che trova nel cinema e in Tom Baxer un motivo in più per vivere.
Jeff Daniels, pur di lavorare con Woody Allen, è arrivato a sdoppiarsi, infatti, nel film interpreta sia Tom Baxter, sia l’attore che lo interpreta, Gil Shepherd. Interpreta un attore di Hollywood, desideroso di sfondare nel cinema e un ricercatore, che però, riesce ad avere una nota romantica grazie al personaggio di Cecilia.
La rosa purpurea del Cairo: sceneggiatura
Come al solito, il nostro buon vecchio Allen ci regala, per l’ennesima volta, un film davvero di alto livello. La sceneggiatura è il punto forte della storia, la quale, che gira tutta intorno a Cecilia, che col passare del film, avrà una vera e propria evoluzione. Passando dall’essere una donna debole e sottomessa ad una che riesce a tener testa agli altri e allo stesso tempo, fare quello che ritiene più giusto per lei.
Il film riesce ad essere surreale e realistico allo stesso tempo. Allen riesce a danzare sul filo sottile che divide il sogno dalla realtà facendoci viaggiare con la fantasia. Mettono, così, lo spettatore nella condizione di immedesimarsi in Cecilia, permettendogli di entrare in un mondo che da così tanto, ricevendo, allo stesso tempo, così poco, ovvero: il cinema.
La rosa purpurea del Cairo – La vita vera è uno schifo
Una cosa che ritorna nella storia, è il messaggio di Allen sulla vita e di quanto quest’ultima sia vuota e difficile. Non è la prima volta che il regista New Yorkese fa trasparire questo messaggio nei suoi film, non è la prima e non sarà neanche l’ultima, ma in questo film il concetto viene amplificato. Negli altri film questa tematica veniva solamente accennata, né La rosa purpurea del Cairo, invece, è il concetto principale.
Il perno sopra il quale gira l’intera storia. Cecilia non avrebbe bisogno di qualcuno come Tom Baxer nella sua vita se la sua via fosse già di per se completa, il punto è proprio questo, Tom Baxer è praticamente colui che risolleva la vita di Cecilia, una vita caratterizzata da miseria, frustrazione, rabbia repressa e delusione. Il regista da un proprio punto di vista,
secondo il quale, la vita è una disperata ricerca della perfezione, che però molti affermano non esistere e quindi ci si accontenta e ci si sente male perché non si ha pienamente quel che si vuole, perché le persone spesso e volentieri ti deludono e alla fine ti ritrovi a dare la colpa di tutto a te stesso anche se non ce l’hai.
La rosa purpurea del Cairo – Il cinema? Un salvagente
Come già detto in precedenza, Tom Baxer ha il compito di risollevare la vita di Cecilia dal suo essere vuota e difficile. Quella che fa Woody Allen è una metafora che riassume pienamente il senso del film. Cecilia e Tom, non sono altro che una metafora, dove lei, rappresenta una persona comune e lui, rappresenta il mondo del cinema. Quel mondo magico.
misterioso ma anche affascinante dentro al quale ogni cosa è perfetta, dove puoi essere chi vuoi, quando vuoi e dove vuoi. Il cinema, a detta di Woody Allen, è quella cosa che salva l’essere umano da quella sensazione di vuoto che pervade la sua vita. Woody Allen come un filosofo moderno, quasi a citare Pascal, dimostra come la vita possa essere salvata da quello che è il cinema. Un invenzione dell’uomo per l’uomo, con la quale, poter viaggiare e vivere pienamente.
La rosa purpurea del Cairo – Il lieto fine e la religione
Presente in qualsiasi fiaba, il lieto fine è la così detta ricompensa. Un abbraccio dopo che aver pianto, il lecca lecca dopo la puntura, la gioia dopo il dolore. Cecilia non ha avuto una vita piena di gioie, diciamo forse che in questo periodo della sua vita, le gioie molto spesso sono mancate. Questa è un’altra cosa che si invidia al cinema, il fatto che esista un lieto fine.
La vita può portare miseria, dolore e sofferenza ma la cosa più brutta è che, spesso e volentieri, il lieto fine non c’è. Non è come nei film, non è una regola fissa. Nel mondo reale un uomo può lavorare una vita intera e prenderlo in quel posto comunque. Il cinema, in questo caso, assomiglia molto alla religione. Credere che tutto quello che fai ti porti a qualcosa di bello e che quel qualcosa ti ripagherà di tutto quello che hai subito.
E’ vero, che se parliamo di religione non c’è mai niente di sicuro, è tutta una questione di fede. In quanto persona che ha fede, nella religione, tu sai che se ti comporti bene andrai in Paradiso, e nel cinema, sai che, se ti impegni per ottenere qualcosa, avrai il tuo lieto fine. Nel film, la stessa Cecilia mette a paragone il cinema con la religione, mostrandone i parallelismi e dimostrando che il cinema può essere una fonte di speranza per l’essere umano, esattamente quanto lo è la religione.
La rosa purpurea del Cairo: recensione – Conclusioni
Che dire, il film è solo uno dei tanti risultati di una mente geniale qual è quella di Woody Allen. Il film è ottimo sotto ogni punto di vista e mostra ancora una volta la grande abilità nella scrittura del regista. Il film è una sorta di ode al cinema, a quello che, molto spesso, riesce a rappresentare,
un mondo alternativo pieno di stupore e meraviglia. Dove ognuno di noi, può avere un lieto fine. Allen pesca un altro coniglio dal cilindro, riuscendo a mostrare ancora una volta la magia del cinema. Grazie a questa commedia che, perde un pochino dal punto di vista comico, però, per guadagnare in profondità e intensità.
La rosa purpurea del Cairo
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- Sceneggiatura fantastica
- Attori davvero bravi
Lati negativi
- Poca comicità alla Allen
- Mancanza di Allen come attore