La Sirenetta: la recensione del live-action Disney diretto da Rob Marshall

Un adattamento che omaggia il classico Disney del 1989 senza stravolgerlo, un film giusto per il pubblico di destinazione principale che ha in Halle Bailey una protagonista perfetta

Diretto da Rob Marshall, La Sirenetta è l’adattamento live-action dell’amatissimo classico Disney del 1989. Forse uno dei classici più amati in assoluto, certamente uno di quelli che più è rimasto nell’immaginario comune, oltre che nei cuori degli spettatori. “Una sirena non ha lacrime e perciò soffre molto di più”, si apre con questa citazione dalla fiaba di Hans Christian Andersen il film di Rob Marshall. Ma La Sirenetta non è l’adattamento per in grande schermo del classico della letteratura di Andersen, bensì il remake del film d’animazione del 1989. Un remake piuttosto fedele, che opera alcune modifiche e inserisce nuovi spunti, ma che non ne tradisce gli intenti e non lo snatura.

La storia è quella che tutti conosciamo e qui le vicende si svolgono in epoca coloniale in una non meglio precisata ambientazione caraibica. Ariel (Halle Bailey) è affascinata dal mondo degli esseri umani, colleziona i loro oggetti e sogna di poter interagire con loro. Re Tritone (Javier Bardem) non è affatto d’accordo e anzi teme che l’interazione con gli umani possa rappresentare un pericolo per la figlia. Dopo tutto le esperienze passate col mondo degli umani, per Re Tritone, sono state traumatiche. Quando salva il principe Eric (Jonah Haur-King) da un naufragio, per Ariel la fascinazione per gli umani si trasforma in un sentimento più profondo indirizzato verso una sola persona e, per diventare parte di quel mondo, è disposta ad accettare un patto solo apparentemente vantaggioso con la strega del mare Ursula. L’amore, alla fine, trionfa: è l’inizio di una nuova era che riunirà finalmente il mondo degli umani a quello delle creature marine.

Indice:

Halle Bailey: è nata una stella – La Sirenetta recensione

Si è fatto un gran parlare de La Sirenetta, tra polemiche circa il casting di Halle Bailey, reazioni piuttosto tiepide circa gli effetti visivi basandosi sui trailer e riguardo il character design di Flounder, Scuttle e Sebastian. Sgombriamo il campo fin da subito: Halle Bailey è una Ariel praticamente perfetta. Bailey, al confronto col suo primo ruolo da protagonista, ci fa sognare e bastano pochissimi minuti per comprendere il perché la scelta sia ricaduta proprio su di lei.

E sì, Bailey è stata scelta anche per mandare un sacrosanto messaggio di inclusività e la “giustificazione” (anche se non ve ne sarebbe alcun bisogno) del casting di un’attrice nera, per chi la volesse cercare a tutti i costi, sta anche nell’ambientazione caraibica della storia. Halle Bailey è un talento luminoso, con un volto espressivo e in grado di rendere tangibili tutte le sfumature caratteriali del suo personaggio. Se Ariel sogna di poter esplorare il mondo degli umani noi, grazie a questa magnifica interpretazione, desideriamo tuffarci nelle profondità marine con lei. In un film che non è esente da difetti, Halle Bailey e la sua straordinaria bravura sono i pregi maggiori.

La Sirenetta

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Tra vecchie e nuove istanze

Il live-action non aggiunge granché sul fronte sviluppo del personaggio di Ariel, le modifiche sono impercettibili, gli arricchimenti non stonano e non appesantiscono la narrazione. Peccato che non si possa dire la stessa cosa sugli altri personaggi. Se è vero che qui il principe Eric ha un maggiore impatto ed è protagonista di più momenti personali rispetto al classico (ha anche la sua canzone), è altrettanto vero che alcuni dei nuovi inserimenti non portano da nessuna parte. Ci viene raccontato che è stato adottato dalla Regina (Noma Dumezweni), ma questa informazione è presto messa da parte e mai approfondita.

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La perfida Ursula, qui, diventa la zia di Ariel ma, ancora, è un’introduzione che lascia il tempo che trova, senza trasformarsi mai in una linea narrativa importante che aggiunga spessore alla storia o alle motivazione che la spingano come villain. Melissa McCarthy, dal canto suo, è artefice di un’ottima prova e ruba la scena ogni qual volta compare. Javier Bardem, per contro, pare molto meno a suo agio alle prese con Re Tritone: una scelta di casting, duole dirlo, non felicissima. Viene frettolosamente introdotto un messaggio ecologista, in maniera non proprio credibile, anch’esso presto abbandonato e nonostante il personaggio di Ariel sia sì indipendente e consapevole, alla fine il sacrificio è solo il suo. Gli equilibri non si spostano di una virgola: è ancora una volta l’amore a muovere il tutto, è ancora lei a sacrificarsi per lui.

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La Sirenetta è un’operazione riuscita, un film giusto per il suo pubblico ma con alcune criticità – La Sirenetta recensione

Per il pubblico cui è destinato, La Sirenetta è un film giusto. Questo è un adattamento pensato per spettatori giovanissimi ed è principalmente a questa fetta di pubblico che parla il film di Rob Mashall. E nel farlo non sbaglia approccio, anzi. Trascinante, con un buon ritmo – fatta eccezione per alcune lungaggini che ne appesantiscono l’andamento nella parte centrale – con un discreto numero di scene d’azione ben girate e numeri musicali all’altezza. Gli effetti visivi, si conceda il gioco di parole, fanno acqua in più punti ma il bilancio, anche in questo aspetto, è nel complesso positivo. Un’illuminazione migliore in alcune delle scene sottomarine non avrebbe guastato, la resa in CG di alcuni dettagli dei personaggi non è sempre all’altezza, ma in generale La Sirenetta è forte di un discreto comparto tecnico.

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La criticità maggiore, ma non è una sorpresa, è il character design dei buffi animaletti amici di Ariel. Flounder, purtroppo, è davvero da brividi e in generale una CG fotorealistica, con questi personaggi, non aiuta. I numeri musicali funzionano grazie anche al buon lavoro di doppiaggio, che diventa eccellente nel caso di Yana_C (Ariel nelle parti cantate) e Simona Patitucci (Ursula). Una volta che ci si abitua al suo curioso accento, a tratti un po’ forzato, si rimane piacevolmente colpiti dalla prova di Mahmood, sia nei dialoghi che nelle parti cantate. E se si esce dalla sala canticchiando In fondo al mar una ragione ci sarà e non risiede solo nell’effetto nostalgia che pure si scatena negli spettatori che con La Sirenetta del 1989 ci sono cresciuti.

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Un omaggio al classico d’animazione, senza grossi stravolgimenti

Rob Marshall rende omaggio al classico Disney senza stravolgerlo, ovviamente discostandosi, senza alcuna sorpresa, dalla fiaba di Andersen come già faceva il film diretto da Ron Clements e John Musker. Pur rivisitando il film d’animazione in alcuni punti, la sostanza è la stessa e forse, alla luce delle modifiche operate e dell’attualizzazione del messaggio, Marshall e David Magee (che firma la sceneggiatura) avrebbero potuto addirittura spingersi oltre. Il messaggio finale, col ritrovato equilibrio tra mondo degli umani e creature marine, passa con la giusta dose di emozione ma forse arriva un po’ in affanno.

Colpa delle lungaggini che affossano la parte centrale e tolgono un po’ di respiro a una conclusione che tocca le giuste corde emotive, ma è paradossalmente frettolosa. La Sirenetta è un adattamento live-action che va piuttosto sul sicuro, con il giusto appeal per il pubblico di destinazione principale e la preoccupazione di non snaturare l’eccellente materiale di partenza. Si sta nella safe zone senza troppe sorprese in quella che, a conti fatti, è un’operazione riuscita e dall’intrattenimento assicurato. Al cinema dal 24 maggio (qui il trailer).

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Walt Disney PIctures

La Sirenetta

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Halle Bailey è perfetta nel ruolo di Ariel e la sua interpretazione è il pregio maggiore del film
  • I numeri musicali funzionano, così come le scene d'azione e il ritmo che, salvo qualche scivolone, è sempre sostenuto: un film che intrattiene, giusto per il suo pubblico di destinazione

Lati negativi

  • Gli effetti visivi non sono sempre all'altezza e il character design di alcuni personaggi (Flounder su tutti) proprio non convince
  • Il messaggio finale, pur emozionante, non passa con la giusta forza e si arriva alla conclusione un po' in affanno a causa delle lungaggini della parte centrale

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