La società della neve: la recensione del film di J.A. Bayona sulla tragedia delle Ande
Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, La società della neve arriva su Netflix: la nostra recensione
È il 13 ottobre del 1972 quando il volo 571 delle Forze Aeree argentine parte alla volta del Cile. A bordo ci sono 45 passeggeri, tra la squadra di rugby degli Old Christians al completo, amici, familiari, tecnici e l’equipaggio composto da due piloti militari. Mentre sta attraversando la Cordigliera delle Ande, zona che forti correnti rendono un tratto particolarmente ostico da sorvolare, il volo 571 precipita. Dei 45 passeggeri a bordo ne sopravvivono allo schianto solo 29. Intrappolati in uno dei luoghi più inaccessibili del pianeta, i sopravvissuti devono fare l’impossibile per non morire aspettando i soccorsi. La società della neve, presentato Fuori Concorso all’ottantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia dei sopravvissuti e delle vittime del disastro aereo delle Ande ed è disponibile su Netflix da giovedì 4 gennaio.
Juan Antonio Bayona (The Impossible, Jurassic World – Il regno distrutto) firma il terzo adattamento per il cinema di questa tragedia, con un film che si appresta con ogni probabilità ad essere uno dei protagonisti della notte degli Oscar 2024 e già candidato ai Golden Globe nella categoria Miglior film in lingua straniera. La società della neve è un racconto carico di umanità, un survival movie introspettivo che racconta la dimensione di un dramma collettivo dal punto di vista delle vittime in cui, senza eccedere nella morbosità della messa in scena del dolore, si solleva una questione che spicca tra le tante. Quello cui stiamo assistendo e partecipando emotivamente è un miracolo o una tragedia?
Indice:
- Un disaster movie con una morale solida che diventa riflessione sulla società
- La sopravvivenza come atto di fede ultimo
Un disaster movie con una morale solida che diventa riflessione sulla società – La società della neve, la recensione
La società della neve (qui il trailer) racconta in maniera oggettiva e introspettiva il dramma dei sopravvissuti al disastro aereo delle Ande rifuggendo da certe scelte narrative e stilistiche tipiche del genere disaster movie. Il film di Juan Antonio Bayona, che ha già raccontato una tragedia reale nel suo The Impossible, ben si presta ad uscire dai confini della cronaca di un dramma enorme per diventare una riflessione sulla società. Non vi sono le categorie umane tipiche dei disaster movie, in cui spesso e volentieri i personaggi sono intrappolati in etichette da comodo motore narrativo come il coraggioso o il pavido, il buono o il cattivo. Ciascuno dei personaggi qui è sfaccettato, a tutto tondo, mai sfruttato come mero espediente narrativo. Conosciamo i protagonisti prima dell’incidente e, quando avviene la tragedia, li vediamo “reinventarsi” come membri di quella nuova società post disastro che si crea nel gelido paesaggio andino.
Vi è un’eterogeneità umana notevole, fatta di contrasti e di necessità di aggrapparsi al prossimo con tutte le proprie forze per crearsi una possibilità di sopravvivere. Bayona ha interiorizzato fino a padroneggiare largamente i meccanismi del cinema commerciale americano e La società della neve (co-produzione Netflix tra Stati Uniti, Cile e Uruguay) coniuga con bell’equilibrio le istanze action con una scrittura attentissima ai suoi personaggi. Il risultato è quello di una partecipazione totale, reale e accorata. È più che mai probabile che le settimane trascorse sulle Ande siano state più ricche di conflitti e scontri di quel che mostra Bayona. Ma quel che interessa principalmente al regista è mostrare come anche nelle circostanze più impossibili e sfidanti le persone possano far emergere il loro lato migliore e più propenso al bene comune per sopravvivere e strappare alla morte i propri compagni, la propria comunità. La società della neve è un film con una morale solida, che non presta il fianco nemmeno per un secondo al moralismo didascalico o, ancor peggio, a una lettura retorica.
La sopravvivenza come atto di fede ultimo – La società della neve, la recensione
Nel racconto dei 72 giorni sulle Ande, Bayona non indugia mai in maniera non necessaria sui dettagli più crudi e morbosi della vicenda. Vi sono sobrietà ed equilibrio nel delineare gli aspetti più sconvolgenti del percorso di sopravvivenza, anche quando il film si addentra nella questione del cannibalismo. I sopravvissuti sono arrivati a dover prendere la decisione estrema di cibarsi della carne dei loro compagni per non morire e Bayona non ne fa questione “materiale”, bensì di lotta interiore e coscienza. La società della neve non si addentra nella rappresentazione dei passaggi più crudi, l’intento non è quello di suscitare shock e repulsione con le immagini. Piuttosto assistiamo al sofferto processo che porta alla scelta di compiere l’atto empio per eccellenza. Una scelta di cui il regista sottolinea l’enorme portata, mettendo in luce il tormento di ciascun personaggio di fronte a un atto reso necessario dalle circostanze, con particolare attenzione alla dimensione del dibattito – interiore e collettivo – tra ragione e fede.
I protagonisti sono credenti, ma la fede assume contorni ancor più complessi nel momento in cui va a coincidere con il “semplice” atto di sopravvivere. Sopravvivere – o meglio, decidere di sopravvivere – è l’atto di fede ultimo e in un contesto in cui Dio appare lontano come non mai, il nuovo dio in cui credere diventa la determinazione personale, il coraggio di un compagno disposto a tutto per il bene dell’altro, l’estremo sacrificio compiuto con il massimo rispetto possibile. Miracolo o tragedia quindi? Entrambi, sembra rispondere Bayona, laddove il miracolo viene privato della sua connotazione religiosa per dare spazio alla dimensione umana, legata a doppio filo con l’altrettanto umana tragedia. Miracolo (umano) che trova inveramento nell’impresa finale compiuta da Roberto Canessa e Nando Parrado. Dal punto di vista tecnico La società della neve ha il suo punto di forza nella splendida fotografia curata da Pedro Luque, che esalta il paesaggio andino, rendendo la Cordigliera vera protagonista nella sua brutale e avvolgente bellezza. Completa il quadro la colonna sonora di Michael Giacchino, perfettamente a fuoco nell’accompagnare le immagini.
La società della neve
Voto - 7
7
Lati positivi
- Un racconto carico di umanità e introspettivo che coniuga azione a un'attenta scrittura dei personaggi
- Fotografia e colonna sonora
Lati negativi
- Una durata un po' eccessiva