La terra promessa: recensione del film con Mads Mikkelsen
Nikolaj Arcel dirige una piccola opera d'arte, La terra promessa, con protagonista Mads Mikkelsen. Al cinema dal 14 marzo con Movies Inspired
Presentato in anteprima all’80ª edizione del Festival del Cinema di Venezia, La terra promessa, diretto da Nikolaj Arcel, con protagonista Mads Mikkelsen, è stato selezionato per rappresentare la Danimarca agli Oscar 2024, entrando nei primi 10, ma non nella shortlist finale. La terra promessa (qui il trailer) è un’opera straordinaria e affascinante, ambientata in un luogo fatto di silenzio e desolazione, dove è l’umanità e il contatto l’unico modo per sopravvivere.
Indice
- Trama
- Un protagonista e un attore ineccepibili
- Quando luogo e personaggi sono interconnessi
- Il calore che scalda l’anima
Trama – La terra promessa, la recensione
Nel 1755 il soldato Ludvig Kahlen arriva a corte con una proposta, che per il modo e la forza che lo contraddistinguono, appare una vera e propria missione alla quale non si può sottrarre. Vuole coltivare la brughiera, vivere dei prodotti di quella terra, renderla fertile e abitabile dai coloni danesi, ottenere un titolo nobiliare e il permesso di stabilirvisi. La resistenza che gli viene opposta a corte ha vita breve e il Re non si mostra restio a concedergli questa possibilità. Soprattutto considerando che la brughiera è sempre stata considerata incoltivabile e che non riuscirà nell’impresa. Ma a creare problemi al compito di Ludvig, Frederik Schinkel, proprietario terriero che per affermare il predominio su quel terreno, cerca in tutti i modi di trovare un accordo con Ludvig.
Accordi che gioverebbero solo a lui e che non permetterebbero a Ludvig di coltivare liberamente la brughiera. Pur se considerata improduttiva, Frederik Schinkel non ha però nessuna intenzione di darsi per vinto: quelle terre non sono mai state abitate da nessuno, e anche se non ne usufruisce, non devono eventualmente fare la fortuna di un semplice soldato, ancor meno un soldato che non ha accettato le sue condizioni e che non è riuscito ad assoggettare al proprio volere. Quando tra gli aiutanti di Ludvig arrivano, in cerca di un posto dove nascondersi, due contadini sfuggiti alle grinfie di Frederik, i pericoli che corre Ludvig non riguardano più soltanto la sua terra.
Un protagonista e un attore ineccepibili – La terra promessa, la recensione
Ciò che subito salta all’occhio come vincente e appassionante nella storia, è il protagonista di La terra promessa. Ludvig Kahlen è un uomo tenace, impassibile, affascinante, devoto e imperscrutabile. La sua è una missione, personale e collettiva, ed è pronto a tutto ciò che è in suo potere per portarla a termine, ma non a piegarsi, a sottostare alla capricciosa ostilità dei proprietari terrieri che di diritto governano terre che non utilizzano, mossi solo dall’avidità e da un’estrema crudeltà. La brughiera che si estende per chilometri appare tanto arida e glaciale, nel tentativo di renderla fertile e coltivabile, quanto suggestiva e spettacolare, troppo ammaliante per essere fonte di morte e brutalità. Ma è a questo che l’intento nobile e legittimo di Kahlen porta. Si finisce nel turbine inestricabile della vendetta, la presunzione di affermare la supremazia su un mondo del quale non vi è bisogno, e la sovranità di chi, perfido e carico di rabbia, è con la malvagità che esprime i propri diritti.
Quello sguardo apparentemente senza emozioni muta impercettibilmente, quando una violenza insulsa e atroce si dipana di fronte ai suoi occhi, nello stesso modo in cui nella sua anima apparentemente oscura è il calore umano a fare luce. Mentre la brughiera è sempre più fredda, dura, indifferente, insensibile al dolore che causa, si rivela una natura alla quale non si può chiedere: non esistono compromessi, ma solo perseveranza e fermezza. Se Ludvig ha tutto ciò che gli serve per, anno dopo anno, decennio dopo decennio, realizzare un sogno che sembra un incarico e un compito da portare a termine quasi per volere divino, è la caparbietà con la quale cerca di farlo diventare realtà a dargli speranza. È una vocazione, una crociata, e più diventa realizzabile, più quel piccolo mondo intorno lui porta quel viso serio e imperturbabile a cambiare espressione, a illuminarsi di un’umanità che velata, quasi inafferrabile e forse per qualche minuto perturbante nel diventare solo ricordo, arriva a renderlo consapevole di quale sia la vera missione.
Quando luogo e personaggi sono interconnessi – La terra promessa, la recensione
I colori freddi, il grigio della nebbia, un giallo spento e crudo che pervade il terreno della brughiera che ha bisogno anche solo di una scintilla per diventare l’inizio di una vita che richiama, ma che mai potrà realizzarsi. Non finché le fiamme di una vendetta carica di ira arrivano a colpire proprio quella ritrovata luce che, spietata, mostra come gli esseri umani scelgono e decidono chi essere, per cosa operare e come ottenere ciò che vogliono. La terra promessa è un film raffinato, elegante, crudo e gelido nella rappresentazione di una malvagità che non conosce limiti e che si accanisce nei confronti di chi non ha alcun desiderio di prevaricazione. Una ferocia insensata, assurda, che si diverte nel dover tentare con qualsiasi mezzo di raggiungere i propri obiettivi. Una regia minimalista e che dalle distese della brughiera dove vivono costernazione, meraviglia e solitudine, passa agli sguardi di personaggi che, dall’ombra della loro staticità interiore, vengono alla luce nella fine di una vita e l’inizio di un’altra.
Se il germoglio che timidamente affiora da quelle terre aspre e desolate, e il gruppo di coloni che arriva in cerca di ciò che può finalmente chiamare casa, sono l’inizio di una terra che diventerà fiorente e dedizione dell’uomo, c’è però ancora qualcosa di acerbo, ruvido, austero, che neanche il primitivo desiderio esaudito può curare. Quella agghiacciante, disinteressata, apatica terra che per anni ha fatto attendere il suo accordo con chi l’ha curata, amata e accudita, non può scaldare quell’emotività che, allo stesso modo, vede Ludvig legarsi alla figura di Ann Barbara. Donna che sarà poi il catalizzatore della giustizia che, combattendo la violenza, ha nella matrice più sanguinaria, l’unica arma con la quale difendersi. Come Ludvig e Ann si trovano e ritrovano, è l’arrivo improvviso di una bambina considerata portatrice del male e che nessuno vuole. Nella stessa cura che inizialmente Ludvig ha avuto per quelle terre, è il caso a portarlo a prendere a cuore quelle due persone, quelle anime sole, svuotate dai sentimenti, proprio come la brughiera, trasformando così quel mondo buio di un’anima invulnerabile che da anni abitava in lui.
Il calore che scalda l’anima – La terra promessa, la recensione
E se Ludvig si rivela il protagonista perfetto per questa riscoperta del contatto umano, di una famiglia riconosciuta nei legami puri che si costruiscono senza ricercarli, lo stesso si può dire di Mads Mikkelsen. Magistrale e straordinario il suo arco di trasformazione, la sua iniziale immobilità che lo vede diventare più fluido nei movimenti, nei gesti, nei sorrisi di una bocca che non sa baciare, nel tentativo di scherzare senza riuscirci, nel preoccuparsi di un’offesa o una parola sbagliata, nell’entrare in contatto con emozioni diverse. Per quanto la sua decorosa missione fosse altruista e mossa anche delle esigenze di quei coloni senza terra, non ha più nulla a che fare con quel titolo nobiliare che ha dato inizio a tutto. Senza troppe parole, Mikkelsen entra in sintonia con se stesso e con il pubblico, con i personaggi che lo circondano, rinascendo dalle proprie ceneri, dai suoi desideri sopiti, da quel trionfo della bontà sul male che lo accompagnerà fino all’ultimo.
Se la sua interiorità non è corrotta dalla brama di potere, dalla fame del dominio e dall’ambizione del diventare despota della propria tirannia, la sua difficoltà nel relazionarsi con il mondo, nel provare sentimenti che possono turbare, persino lui, si sconterà e incontrerà con se stesso. Il realismo di La terra promessa è schietto e inclemente, proprio come lo è il calore umano al quale non si può e non si vuole sfuggire. Ma dal quale non si deve neanche scappare. Il film di Nikolaj Arcel è artistico, attento, lento, che riesce a distaccare lo spettatore da quel progetto evangelico del protagonista, fin quando, come lui, ci si riavvicina a un mondo sensibile, a volte fuori dal proprio controllo, fatto di percezioni, amore, passioni, traporto, entusiasmo e determinazione. Silenzioso, come il luogo in cui è ambientato e il protagonista della storia, La terra promessa è un racconto che inizia come parte integrante di un paesaggio, che diventa poi vita e anima di un uomo, metafora esistenziale di una speranza latente che sia sempre la luce ad essere più potente del buio.
La terra promessa
Voto - 8
8
Lati positivi
- L'interpretazione impeccabile di Mads Mikkelsen
- Crudo ed elegante dal punto di vista narrativo e tecnico