L’attacco dei giganti: recensione della seconda parte della stagione finale
Una seconda parte che è un perfetto bilanciamento tra drama, azione e introspezione con al centro un eroe inusuale
Dopo un’attesa durata poco meno di un anno, L’attacco dei giganti è tornato ad animare il palinsesto di tutto il mondo.
Nato dalla mano e dalla mente di Hajime Isayama, L’attacco dei giganti è diventato un vero e proprio capostipite del genere post apocalittico che ha rivoluzionato l’intero settore dei manga e dell’animazione, andando ad influenzare le opere che sono uscite successivamente.
La testimonianza del suo successo, oltre ai numeri incredibili di lettori e fan sparsi in tutto il mondo, è stata la messa in onda di questa seconda parte della stagione finale ottenuta dalla piattaforma Crunchyroll che ha trasmesso le puntate in simultanea con il Giappone.
Gli utenti che si collegavano all’appuntamento settimanale erano talmente tanti da mandare in tilt il sito, non attrezzato per un evento di simile portata.
Un’attesa e una trepidazione che hanno ripagato: questi ultimi dodici episodi mantengono alto il ritmo allestito fin dalla prima stagione e che ha subito un salto di qualità grazie allo studio d’animazione MAPPA che ha ottenuto i diritti per tutta la quarta stagione.
La narrazione complessa ben si sposa con una regia che predilige l’introspezione delle emozioni dei personaggi che rendono la serie meritevole delle lodi che riceve costantemente. Una storia articolata che necessita di ulteriori episodi, in arrivo nel 2023, per poter essere completata.
Indice
- Dove eravamo rimasti
- Un protagonista inusuale
- Meno azione, ma una maggiore introspezione
- Gabi
- La MAPPA si conferma essere il giusto studio d’animazione
Dove eravamo rimasti – L’attacco dei giganti, la recensione
L’attacco dei giganti riprende nel punto esatto in cui si interrompeva a fine marzo dello scorso anno con l’arrivo dell’esercito di Marley, Zeke che è riuscito a sfuggire dalle grinfie del Capitan Levi per ricongiungersi con il suo fratellastro Eren, più determinati che mai ad attivare il boato della Terra per seguire il piano del fratello maggiore: rendere gli Eldiani sterili grazie al potere di Ymir.
In questi dodici episodi che compongono la seconda metà della quarta stagione, mai come ora, Eren ha un ruolo essenziale. Ma, se si guarda prettamente al minutaggio, Eren compare veramente poco.
Si potrebbe dire che Eren sia il grande assente della stagione, se non fosse che l’intera narrazione ruota attorno a lui e gli episodi che lo vedono protagonista ribaltano completamente (e nuovamente) tutto quello che gli spettatori sapevano fino ad allora.
La narrazione di un protagonista inusuale – L’attacco dei giganti, la recensione
Rendere le emozioni di Eren il volto dell’opening e dell’ending non è quindi un mezzo fallace per coprire i pochi minuti in cui lui realmente appare, ma vuole evidenziare come lui e le sue azioni siano la sola cosa che contino per procedere al finale. Perché è cambiato? Quando è cambiato? Oppure Eren è sempre stato così?
L’Attacco dei giganti si discosta dalla nozione classica di eroe, giocando con la definizione narrativa greca tra le più conosciute e modellandola per creare un protagonista sfaccettato la cui opinione su di lui varia costantemente, ma non diventa mai incoerente.
Osservando il percorso del personaggio si può facilmente intuire che il suo odio per chi lo priva della libertà è genuino e duraturo. Non solo, ma che farebbe qualsiasi cosa pur di rendere felici le persone che gli sono attorno a costo di sacrificare vite umane.
Meno azione, ma una maggiore introspezione – L’attacco dei giganti, la recensione
Con l’arrivo dei marleyani e le storyline di Falco e Gabi che si intrecciano a quella del gruppo protagonista, le scene d’azione sono dosate e concentrate in punti strategici.
Oltre alla battaglia iniziale tra Reiner ed Eren e lo sfondo dell’Isola devastata che non abbandona mai la storia, la narrazione si focalizza in maniera più netta sugli aspetti psicologici ed emotivi della guerra.
Come per tutta la serie, anche qui torna in modo pressante il concetto di giusto e sbagliato, del bene e del male che, spesso, sono divisi da una linea talmente sottile da essere infranta più e più volte. I dubbi che ai personaggi – e al pubblico – vengono su Eren, si ripercuoto anche sui restanti protagonisti.
Il gioco di rimandi che l’autore aveva fatto su Reiner, la persona colpita psicologicamente di più dalla guerra e dal suo ruolo di soldato, si ripercuoto su tutti quanti.
Gli abitanti dell’Isola si trovano finalmente di fronte ai loro nemici, al popolo che per decenni li hanno tiranneggiati senza mai farsi vedere e quel che entrambe le popolazioni scoprono è che sono di fronte a esseri umani: non a demoni dell’isola né ai tiranni di Marley.
La parte centrale di questa seconda parte è dedicata proprio alle alleanze impossibili quanto necessarie, ed al continuo ribaltamento di prospettive e di vedute.
Gabi – L’attacco dei giganti, la recensione
Se Reiner è sempre stata la bilancia de L’attacco dei giganti, il personaggio a cui fare riferimento per mostrare la complessità della guerra e gli obblighi a cui sono sottoposti i soldati mandati sul campo di battaglia da giovanissimi, Gabi è l’anello di congiunzione tra Reiner (non a caso intercorre tra loro un legame di sangue) ed Eren.
Isayama mette in mostra nuovamente la sua bravura introducendo, ad inizio della quarta stagione, il doppio di Eren: una ragazza che è entrata nell’esercito di Marley con la chiara intenzione di ereditare il Gigante Colossale.
Gabi rappresenta tutta la popolazione, soggiogata e vittima di una feroce propaganda che vuole gli Eldiani traditori e impegnati a pagare crimini di guerra mai commessi con la loro obbedienza.
L’arco narrativo di Gabi è probabilmente l’elemento più bello di questa seconda parte de L’attacco dei giganti, e anche quello che chiarisce maggiormente le dinamiche chiamate in gioco dall’autore. Tutto funziona come un ingranaggio ben oliato dove, ripetiamo, al centro c’è una maggiore comprensione del personaggio di Eren.
La MAPPA si conferma essere il giusto studio d’animazione – L’attacco dei giganti, la recensione
Lo studio d’animazione MAPPA, che ha preso le redini de L’attacco dei giganti nel 2020, si è dimostrato nuovamente all’altezza delle elevate aspettative da parte dei fan, sia del manga che dell’anime stesso. Gli elementi visivi seguono passo passo la narrazione, prediligendo sempre tecniche registiche che enfatizzino le varie storie che si intrecciano e i diversi livelli di complessità dell’opera originale.
Le sequenze dove l’azione la fa da padrona non sono confusionarie, ma sono eseguite preferendo panoramiche e piani lunghi che danno spazio all’inquadratura e mostrano nel dettaglio quel che accade. Il gioco e la complessità della narrazione si traduce in scene durante le quali i personaggi interagiscono mentre sullo sfondo la guerra avanza.
Ad essere però maggiormente apprezzati sono l’utilizzo dei primi piani.
Seguendo la strada della maggiore introspezione dei protagonisti, l’immaginaria macchina da presa si sofferma sui volti dei personaggi quando la storia richiede che siano le emozioni a parlare per loro. Sebbene i dialoghi spieghino senza fronzoli quello che accade – anche sfruttando le voci narranti -, i primi piani approfondiscono le parole anche quando non ci sarebbe bisogno di quest’ultime.
Soprattutto per quel che riguarda Eren, nell’ultima puntata, viene data molta importanza alle sue reazioni e al suo volto, a discapito dei suoi interlocutori.
Il risultato è una serie di grande livello dove regia, animazione e narrativa sono al servizio della mente brillante di Isayama.
L'attacco dei giganti
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- Lo sviluppo di Eren e Gabi
- Una maggior introspezione prima della parte finale
- La regia che accompagna la narrazione