Mea Culpa, recensione del legal drama Netflix di Tyler Perry
Diretto dal regista, attore e sceneggiatore Tyler Perry, Mea Culpa è il nuovo thriller di Netflix, un film che stenta a decollare e che non convince
Mea Culpa, nuovo film che si aggiunge al catalogo Netflix di febbraio 2024, e diretto dall’attore, regista e sceneggiatore Tyler Perry, è un thriller passionale che non funziona e che ha una serie di difetti ben evidenti. Con protagonisti Kelly Rowland e Trevante Rhodes, Mea Culpa prende le mosse da una storia che, se sviluppata e costruita in modo migliore avrebbe potuto risultare interessante, forse non particolarmente innovativa ma comunque coinvolgente. Peccato che non sia questo il caso. Se siete curiosi di scoprire cosa ne pensiamo, proseguite nella lettura della nostra recensione di Mea Culpa.
Indice
Trama – Mea Culpa, la recensione
Mea Harper è un avvocato penalista alle prese con una crisi coniugale che la vede sola contro l’intera famiglia del marito, una suocera malata di cancro che fa di tutto per metterla in difficoltà e farla sentire inadeguata, un cognato, Ray, maschilista e sprezzante sempre d’accordo con la madre, e il marito stesso Kal, che innamorato di lei, vive però un pericoloso complesso di inferiorità e non andrebbe contro la sua famiglia per niente al mondo. Al suo fianco solo la cognata, moglie di Ray, la fidata Charlise. A complicare le cose è la scelta di Mea di difendere Zyair Malloy, pittore di successo accusato dell’uccisione della fidanzata, che è in realtà scomparsa e della quale non si hanno più tracce, e della quale sono state trovate ingenti tracce di sangue e parti del cranio nell’appartamento di Zyair. La difesa di Zyair mette Mea nuovamente contro la famiglia del marito: Ray è infatti l’avvocato d’accusa, in procinto di vincere la causa che sarà la punta di diamante per la sua candidatura a sindaco. Ma il vero problema costituito da Zyair è un altro e cioè un potere ammaliatore che esercita su Mea e che a quanto pare sarebbe capace di esercitare su chiunque. Circuita e divisa tra le regole del suo lavoro, del suo matrimonio e di un’etica che l’ha sempre contraddistinta, Mea si troverà nel centro del mirino, offuscata dal criptico atteggiamento di un cliente che potrebbe essersi macchiato di un crimine terribile e tra i più efferati mai visti.
Tra legal drama, crime detection e love story – Mea Culpa, la recensione
Un pessimo legal drama, che in realtà di legal non ha nulla, ma che lo appare dall’incipit e dalla professione della protagonista. Inverosimile, paradossale, inconsistente e che sfiora il ridicolo in alcune scene. La trama stessa si rivela da subito debole e densa di stereotipi fin troppo già visti, ma i presupposti per creare un film forse non originale, ma almeno coinvolgente o con un minimo di empatia si potevano trovare. Ma non c’è immedesimazione con Mea, né il personaggio di Zyair è il villain affascinante che ci si aspetterebbe, risultando una figura che non funziona né come antagonista né come personaggio secondario: né come innocente perverso e violento, né come colpevole sanguinario e sociopatico. C’è un colpo di scena in Mea Culpa, un finale inaspettato che poteva generare un ribaltamento, ma è eccessivo, quasi assurdo, incongruente e che rende l’intero film un racconto del quale non convince nulla: personaggi, trama e svolgimento degli eventi.
È tutto estremamente casuale e pecca di logica, di elementi che non vengono spiegati e quindi di una messa in scena tanto contraddittoria quanto poco attenta. Una cura del dettaglio che non sempre è d’obbligo, ma che non può non essere presente quando il focus della storia è un caso d’omicidio con prove schiaccianti e una vittima sparita nel nulla. Anche se la parte legale o del crime investigation non era quella che interessava a Tyler Perry, neanche l’ambito della love story e della passione travolgente che spinge Mea ad andare contro tutto operano a favore del film. In Mea Culpa anche la recitazione è da definirsi modesta, fin troppo semplice negli sguardi e nella sceneggiatura, il che è sorprendente considerando i protagonista Kelly Rowland e Trevante Rhodes, figure che non hanno bisogno di presentazioni e che in passato non hanno mai deluso. Mea Culpa ha dei problemi fin dalle proprie fondamenta, già le basi erano traballanti e con l’alto rischio di sfociare nel banale e nell’insensatezza di situazioni, caratterizzazione dei personaggi e soluzioni finali.
Conclusioni – Mea Culpa, la recensione
L’unica cosa che si può riconoscere a Mea Culpa è il ritmo che all’inizio è forse troppo lento, ma che in alcuni momenti sale con piccole sconvolgenti rivelazioni che però poi purtroppo sfociano in risoluzioni improbabili, sconnesse con il resto. Forse la trama, con meno disattenzioni, una costruzione dei protagonisti più curata e in linea con lo svolgimento, quindi con le difficoltà che i personaggi avrebbero incontrato sul proprio percorso, avrebbe potuto rivelarsi più appassionante, magari con un protagonista capace di suscitare identificazione o empatia, sensazione che però è del tutto assente. Poteva inoltre intrigare l’idea di un avvocato di successo che si ritrova a violare il codice deontologico forense scivolando in un rapporto erotico e malsano, dove sensualità e strategia di conquista si definiscono morbose, angoscianti e dannose per il corpo e la mente, ma non una costruzione della trama come quella del film. Mea Culpa (qui il trailer) è così una pellicola quasi impossibile da salvare, che partiva già con una serie di problematiche che nel corso della storia non fanno che aumentare.
Siete curiosi di scoprire le novità Netflix in arrivo a marzo? Date un’occhiata alle nuove uscite sul fronte film e serie tv.
Mea Culpa
Voto - 4.5
4.5
Lati negativi
- Personaggi senza spessore che non suscitano alcuna empatia
- Trama debole con situazioni ed eventi inverosimili