Midsommar – Il villaggio dei dannati: recensione dell’horror del regista di Hereditary
Midsommar - Il villaggio dei dannati, dallo scrittore e regista di Hereditary
Midsommar recensione – Dopo il successo di Hereditary – Le radici del male, Ari Aster torna alla scrittura e alla regia con un nuovo inquietante horror. La particolarità che emerge fin dai trailer è che la storia si svolge quasi interamente alla luce del sole. Difficile immaginare come si possa concepire un horror con queste prerogative, eppure Ari Aster l’ha fatto ed ha colpito nel segno. Attraverso una fotografia snervante piena di luce e scene di rituali sacri Midsommar smuove inquietudini ed angosce profonde.
Il film racconta la storia di una coppia, Dani e Christian, che insieme ad altri amici vola in Svezia per trascorrere le vacanze estive. Il gruppo di ragazzi ha in programma di passare due settimane in un villaggio rurale immerso nella natura. Solo dopo aver assistito a bizzarri rituali capiscono di essere finiti in un incubo senza via d’uscita. Se siete curiosi e volete intraprendere questo viaggio nei meandri della paura proseguite con la nostra recensione di Midsommar – Il villaggio dei dannati.
Indice
Trama – Midsommar recensione
Dani e Christian sono una giovane coppia americana ormai giunta ai ferri corti. A tenerli ancora uniti rimane però un tragico evento che ha stravolto la vita di Dani. Per cercare di dimenticare il più possibile quanto accaduto Christian decide di portare la sua ragazza con lui in Svezia insieme ai suoi amici, Josh, Mark e Pelle. Il gruppo ha in programma di partecipare ad un festival estivo che si tiene nella comunità di Harga dove è cresciuto Pelle; si tratta di un villaggio rurale dalle antiche tradizioni immerso nella natura. Un posto dove la gente vive ancora di allevamenti ed agricoltura.
Dopo l’eccitazione iniziale dovuta alla novità e, soprattutto, al consumo di droghe naturali il gruppo di amici assiste ad un rituale piuttosto bizzarro. In una serie di eventi in crescendo capiranno che forse dietro alle persone e alle tradizioni del piccolo villaggio si nasconde un qualcosa di oscuro, che si consuma quotidianamente sotto la luce di un sole perenne. Quando scoprono di essere in reale pericolo è ormai troppo tardi.
L’oscurità alla luce del sole
Dalle stanze buie e anguste di Hereditary agli spazi aperti e luminosi di Midsommar il passo è breve se alla scrittura e alla regia c’è Ari Aster, poliedrico e promettente cineasta statunitense giunto al suo secondo lungometraggio. Prima di addentrarci nel merito di trama, personaggi e note tecniche ci sentiamo di dire che quello che più ci ha intrigato fin dall’inizio di Midsommar è l’idea di partenza. Infatti, sia che lo si consideri un horror o un thriller psicologico, la particolarità è che quasi tutto il film si svolge alla luce del sole. In questo sperduto villaggio rurale della Svezia vive una comunità in armonia con la natura. Il fulcro portante dell’intera storia è questa vita che si snoda tra banchetti e bizzarri rituali all’aria aperta. Dietro l’apparente serenità e armonia che sembra regnare su Harga ci sono però tradizioni e riti ben più oscuri.
Mentre la comunità rimane unita nel vivere la quotidianità il gruppo di ragazzi ospite pian piano si divide, sfaldandosi ogni giorno di più. Emerge il forte contrasto tra una comunità forte che rimane sempre unita e degli adolescenti che partono come amici per poi far emergere l’egoismo. Ari Aster ha attinto direttamente ad esperienze di vita personali per trarre ispirazione. Il significato dell’intero film assume alla fine importanti risvolti metaforici. Midsommar è un viaggio alla luce del giorno in un oscuro tunnel della paura, soprattutto per Dani, costretta a vivere con i propri demoni dopo i recenti tragici eventi accaduti alla sua famiglia. L’intera storia è un climax ascendente di eventi, uno psichedelico viaggio di iniziazione e indottrinamento dove la mente viene offuscata e alleggerita dal consumo di droghe naturali. Anche gli spettatori vengono pian piano catapultati tra riti e banchetti da cui nessuno può più sottrarsi.
Conclusioni – Midsommar recensione
Venendo al lato tecnico possiamo dire che la fotografia di Midsommar si basa molto su fotogrammi spesso sovraesposti. Le alte luci del cielo e delle tuniche bianche dei personaggi sono spesso al limite della bruciatura. La composizione di scena è complessa e spesso si articola su più livelli prospettici dove sono disposti diversi elementi e personaggi. Numerose le riprese aeree, tendenzialmente minimali. L’eccessiva presenza di luce unita ad immagini visivamente forti creano la spina dorsale snervante dell’intero film. Midsommar è infatti un horror che si prende i suoi tempi, lavorando la mente dello spettatore con un martellamento di immagini forti, suoni, rumori e tanta luce per quasi 140 minuti. È un costante e minuzioso lavoro che crea un’inquietudine ed una tensione psicologica in crescendo, culminanti nel finale del film.
In conclusione Ari Aster sembra aver confezionato un’altra opera di qualità dopo l’ottimo lavoro svolto il suo precedente, e primo, film Hereditary – le radici del male. Con Midsommar si conferma essere uno scrittore e regista eccellente aggiungendo così il suo contributo al genere horror. Rimangono alcune perplessità circa la durata ed i tempi un po’ troppo dilatati in alcune scene; questi elementi potrebbero far storcere il naso a chi invece preferisce un horror breve ma con maggiore intensità e tensione. Midsommar è sicuramente un film per un pubblico ristretto, troppo particolare e ricercato per poter piacere a tutti. Persino amanti del genere potrebbero essere in disappunto con il lavoro di Ari Aster. A noi è piaciuto molto e vi consigliamo di correre al cinema il prima possibile.
Midsommar - Il villaggio dei dannati - 7.5
7.5
The Good
- Idea e sceneggiatura
- Scenografia, regia, fotografia
- Immagini di forte impatto
The Bad
- Abbastanza lungo
- Alcuni cali di tensione inopportuni
- Per un pubblico ristretto