I migliori 10 film di Lars Von Trier
Lars Von Trier, pseudonimo di Lars Trier, è noto per essere un regista fuori dalle righe, anti-hollywoodiano e sotto certi aspetti perfino disturbante. Il suo stile cinematografico è mutevole, condizionato costantemente da eventi e situazioni che hanno profondamente influenzato la sua esistenza, creando un climax ascendente verso una morale controversa, ben contrapposta a dogmi religiosi e a morali etiche. Ecco una classifica della sua filmografia.
10) Nymphomaniac ( vol. 1 e 2)
Tra i film più discussi della sua carriera, c’è decisamente Nymphomaniac. Suddivisa in otto capitoli e due volumi (ciascuno di circa due ore), quest’opera anticonvenzionale conclude la trilogia della depressione iniziata da Antichrist(2009) e Melancholia (2011). In un devastante sfondo di nichilismo e solitudine si muove la protagonista, una donna di nome Joe che viene trovata e portata a casa da Seligman, un pensionato alquanto intellettuale. Ed ecco che parte un erotico flashback: Joe racconta della sua vita, dall’infanzia all’adolescenza ( vol. 1), in cui inizia a scoprire il mondo del sesso perdendo la verginità rivolgendosi al semisconosciuto Jerôme. Scene esplicite, nietzschiane e shockanti mettono a dura prova la sensibilità dello spettatore, spogliandolo momentaneamente di ogni attributo morale… Ma d’altronde, chi non è prigioniero dell’edonismo?
“Forse l’unica differenza fra me e gli altri è che io ho preteso di più dal tramonto. Colori più spettacolari quando il sole arriva all’orizzonte. Forse è questo il mio unico peccato.” (Joe)
9) Idioti ( 1988)
Lo sperimentalismo di Lars Von Trier trova la sua apoteosi in questo film estremo e delirante. Il film aderisce perfettamente alle ridige regole del Dogma 95 (niente pistole, niente morti, niente filtri ottici per le telecamere, niente trucco per i protagonisti, telecamera a mano..). Indiscussa protagonista è appunto l’idiozia incompresa, adoperata come antitesi della borghese normalità. Lo spettatore si troverà a sfatare luoghi comuni e pregiudizi cristallizzati, davanti ai giovani personaggi che simulano ritardi e svariate malattie mentali…
“Cercano l’idiota che hanno dentro di sé, nessun altro può farlo al posto loro. Quello che voglio dimostrare è che se una società diventa sempre più ricca allora perché la gente non è più felice? Nell’età della pietra tutti gli idioti morivano, giusto? Adesso non è più così; essere un idiota è un lusso ma è anche un passo in avanti. Gli idioti sono esseri del futuro. Questo se si riesce a trovare un idiota che sia proprio un idiota che appartiene a se stesso. ” (Stoffer)
8) Dogville (2003)
Anni trenta: la splendida Nicole Kidman interpreta Grace, giovane donna in fuga da malfattori che giunge a Dogville (nome che richiama il carattere dei suoi abitanti) dove riceve ospitalità in cambio di lavori quotidiani, che a poco a poco diventano sempre di maggiore portata. L’animo di Grace è ora tormentato, e il suo angelico volto nasconde una vendetta a dir poco spietata…
In un’intervista, il regista maledetto ha dichiarato di aver creato il “cinema fusionale“, mix di teatro, letteratura e cinema.
“Era come se la sua afflizione e il suo dolore avessero finalmente trovato la giusta collocazione” ( Narratore)
7) Il grande capo (2006)
Lars Von Trier decide con questo film di intervallare il genere drammatico con una commedia, mantenendo però le sue contraddistinte peculiarità. Una società informatica acquistata da un compratore islandese diventa così una metafora della natura umana. Il vero proprietario, Ravn, non ha mai rivelato la sua identità, nascondendosi dietro la maschera di portavoce di un misterioso ” grande capo”. Solo all’inizio però, Ravn riesce nel suo intento…
Liberatosi definitivamente del Dogma 95, il regista danese può dar sfogo ad un film satirico, descrivendo lo sporco mondo del lavoro: un ambiente corrotto e inconsistente.
“Battute non credibili eh? Certo che lei è veramente il massimo: ‘una pessima recita, le solite frasi fatte’. Questo è ciò che succede quando colpisci il pubblico dove è più vulnerabile.” ( Kristoffer)
6) Mederlay (2005)
Mederlay si configura come il secondo film dopo Dogville della trilogia Usa- Terra delle opportunità. Sta volta l’omonima protagonista Grace viene interpretata da Bryce Dallas Howard, probabilmente perché Nicole Kidman in un’intervista ha dichiarato di non voler più lavorare con Lars Von Trier, essendosi sentita particolarmente turbata dopo la riprese.
Ci troviamo in Alabama, 1933. Ora che Dogville è stata bruciata Grace e suo padre decidono di soggiornare momentaneamente a Mederlay, cittadina sottosviluppata dove vige ancora la schiavitù. Ma Grace, ancora una volta, fallirà nelle sue salvifiche intenzioni di buona eroina, accettando il suo destino e la sua inettitudine.
Ma ancora una volta, pur solidificando la struttura narrativa, non rinuncia ad un’ambientazione nuda e tetra, un narratore extradiegetico e ad oggetti rudimentali.
5) Le cinque variazioni
Oltre a scombussolare gli animi degli attori, Lars Von Trier sceglie di straziare anche gli altri registi. Il nostro poeta maledetto sta volta sfida il suo maestro Jørgen Leth a girare cinque remake di un suo passato successo,” Det Perfekte Manneske”-1967- ( L’uomo perfetto). Ovviamente ciò non basta a sfogare il sadismo di Lars Von Trier, che imposterà al suo amico regole sempre più rigide ed austere incrementandone numero ed intensità, proprio come una corsa ad ostacoli. Se inizialmente Leth ha successo nelle richieste tecniche, non potrà che sentirsi successivamente svilito, sottomesso come spighe al vento ai capricciosi desideri del suo ex-allievo, che arriva a pretendere che una variazione sia un cartone animato. Mascherate da questioni professionali, ci sono però motivi filosofici: alla fine della pellicola Lars Von Trier dichiarerà di conoscere Jorgen Leth ancor meglio di quest’ultimo, lasciando lo spettatore dinanzi, ancora una volta, alla sua natura enigmatica ed impenetrabile…
“come si muove l’essere umano perfetto?” o “com’è la sua pelle?”
4) Antichrist (2009)
In una sola parola: straziante. Antichrist rispecchia pienamente il periodo di acuta depressione del regista, che trasuda follia pura in ogni frame di questo geniale capolavoro. Sta volta è lo spettatore che decide arbitrariamente di cedere la propria sanità mentale a scenografie splatter, musiche rimbombanti e ambientazioni claustrofobiche.
Un uomo e una donna, marito e moglie, uno psicoterapeuta che aiuta la sua partner a superare la morte del loro caro figlio ritirandosi nel bosco di Eden, dove affrontano le proprie paure e le tendenze distruttive di una donna vittima della malignità della Natura..
Un puzzle di psicoanalisi, filosofia, horror ed erotismo sfrenato, il cui apice di maturazione verrà culminato nel successivo film Nymphomaniac.
3) Le onde del destino ( 1996)
Breaking Waves ha uno scopo ben preciso: quello di rendere lo spettatore nemico di se stesso. Denudato di maschere adoperate nell’inutile tentativo di nascondere i propri sentimenti, è costretto ad entrare in contatto con una dimensione esistenziale di amore
2) Dancer in the Dark (2000)
Se questo orgasmico anti-musical è vincitore della Palma d’oro al 53° festival di Cannes, di certo c’è un motivo. Un lungometraggio doloroso, un harakiri cinematografico che vede protagonista l’anima della cantautrice islandese Björk. La paradisiaca Bjork interpreta Selma, una giovane immigrata proveniente dalla Cecoslovacchia, afflitta da una rara malattia oculistica che la sta rendendo a poco a poco cieca, ostacolando il suo sogno di partecipare ai musical hollywoodiani. L’unica via di fuga per lei è il canto, miracoloso escapism da una realtà tormentata e opprimente. Selma mette da parte tutti i suoi risparmi per tentare di salvare il figlio dalla sua stessa malattia. Ma saranno proprio il suo estremo altruismo e la sua rettitudine fautori del suo non ritorno..
“Quando lavoro in fabbrica e le macchine vanno con un certo ritmo… io-io comincio a sognare e tutto diventa musica.” (Selma)
1 ) Melancholia (2011)
In una visione apocalittica Lars Von Trier esprime la sua vena artisticamente cinica in una dimensione visionaria e surreale. Due donne, Justine ( interpretata da Kristen Dunst) e sua sorella Claire diventeranno protagoniste di un’abbagliante fine del mondo. Entrambe simboleggiano la paura umana dell’ignoto come due facce di una stessa medaglia. Justine ha paura della vita, non riesce ad affrontare il matrimonio. Claire ha paura della morte, non riesce ad affrontare lo scontro del pianeta Melancholia con la Terra. La domanda sorge spontanea: cos’ è intento davvero ad esprimere l’irrequieto regista?
“Life on Earth is evil” (Justine)