Monarch – La musica è un affare di famiglia: recensione della serie su Sky
Un family drama che vuole essere profondo e complesso senza nessun appeal
È comune ricercare caratteristiche, ambientazioni e personaggi a cui siamo affezionati in altri film e serie tv, è la legge del mercato attuale che gioca con la nostalgia anche di prodotti filmici usciti di recente. Ed è con questa mentalità che Monarch potrebbe sembrare la perfetta serie tv per gli appassionati di Empire, di Succession e, più in generale, di tutti quei film ambientati in Texas, la patria dei segreti sporchi.
Monarch – disponibile su Sky e NOW – vorrebbe far proprio questo: mescolare elementi diversi tra di loro per dar vita a un dramma familiare tra i più cruenti. Intenzioni che non riesce a mantenere, virando nella direzione opposta: quello di un drama come tanti altri enfatizzato da una scrittura trash ed esagerata.
Indice
- Trama
- Una famiglia al limite
- Tra il trash e una soap opera
- Troppe storyline in cui il focus si perde
- In conclusione
Trama – Monarch , la recensione
Monarch ha una trama intricata quanto lo è la sua struttura, piena di colpi di scena, intrighi, tradimenti, situazioni che vengono capovolte, elementi che vengono miscelati senza un ordine apparente, né il mordente necessario a rendere Monarch una storia su una famiglia disfunzionale allettante come solo serie di questo tipo possono esserlo.
Al centro della storia c’è la famiglia Roman, capitanata da Dottie Cantrell Roman (interpretata da Susan Sarandon) e dal marito, il cantautore country Albie Roman (Trace Adkins). Dottie è gravemente malata di cancro e il peggioramento della sua condizione di salute riapre vecchie ferite tra i suoi figli, i quali lottano per ottenere il posto di stella della famiglia Roman.
La famiglia è composta da veri e propri talenti, una dinastia di star country che si passano il testimone il cui passato è inquinato da una bugia che è anche il motivo per cui i coniugi Roman sono riusciti ad ottenere il loro successo. Le origini del loro impero musicale non si basa sull’onesta, e quando il loro impero rischia di cadere, i tre figli danno il peggio di loro stessi. La diretta erede Nicky Roman (Anna Friel) trova a fare i conti con un’industria che non l’apprezza. Tra la famiglia è la più determinata, pronta a passare sopra a tutti e a tutto pur di prendere il posto di sua madre. Non si ferma nemmeno di fronte alle proteste del fratello Luke (Joshua Sasse), CEO dell’etichetta Monarch Records, e della sorella minore Gigi (Beth Ditto) inizialmente poco interessata a seguire le orme di famiglia, si riscopre una degna avversaria per la sorella.
Una famiglia al limite – Monarch, la recensione
I conflitti tra i tre e la malattia degenerativa di Dottie danno il via a una serie di scenate e tradimenti che, assieme ai flashforward che chiudono ogni puntata, dovrebbero alimentare la tensione narrativa. Questo però non avviene a causa di una scrittura troppo artificiale e meccanica dei personaggi e a una sceneggiatura con poco mordente che presenta più di un problema. I continui scontri tra i componenti della famiglia diventano man mano più esagerati, cadendo fin troppo presto nel trash e richiedono allo spettatore una sospensione dell’incredulità completa.
Il mondo della musica viene rappresentato come crudele, un’industria in cui sopravvive solamente il più forte. Un mondo in cui Dottie, la vera protagonista dei Roman, deve affrontare i problemi coniugali con il marito; in cui Nick non è mai stato accettato se non come semplice spalla, mentre la più giovane tra i tre fratelli è riuscita a coltivarsi una vita lontano dalle luci della ribalta solamente per poi ricadere in un vortice di segreti e rapporti tossici dalla quale era riuscita a scampare. Anche Luke non sembra avere le qualità richieste per prendere il posto di Dottie, soprattutto dal severo padre che non lo ha mai accettato per quello che è, obbligandolo a frequentare campi estivi per obesi prima, e per omosessuali dopo.
Tra il trash e una soap opera – Monarch, la recensione
Quel che Monarch cerca di fare è molto chiaro. Il ritratto di una famiglia al limite, intrappolata in dinamiche tossiche dove ci sono più aguzzini che vittime è uno dei fiori all’occhiello delle serie tv contemporanee (tra le prime a venire in mente c’è sicuramente Succession) grazie anche all’attrazione irresistibile che il pubblico sente per queste storie. In più i Roman sono una famiglia texana, uno degli Stati più controversi d’America e per questo così esplorati nella cinematografia.
La serie cerca di far coniugare questi due aspetti in un’unica narrazione, due elementi che si spalleggiano e si alimentano tra di loro: personaggi bordeline e un’ambientazione conosciuta soprattutto per u pensiero molto rigido e a tratti bigotto. Quello in cui Monarch fallisce è il non riuscire ad essere credibile, costruendo situazioni via via sempre più grottesche e che cadono nell’assurdo e nel trash, portando con sé quel sentore sgradevole di soap. Uno dei momenti più strampalati, ad esempio, è durante un funerale in cui la persona deceduta che gli invitati stanno celebrando fa un discorso preparato in precedenza e proiettato come ologramma durante la cerimonia.
Troppe storyline in cui il focus si perde – Monarch, la recensione
Ad andare a rendere ancora più complicare le molte storyline – il mondo crudele della musica, i rapporti familiari e la malattia di Dottie – c’è l’elemento crime che sembra essere immancabile in certe produzioni. Il passato di Dottie e i ricordi di un misterioso incendio tornano a bussare alla porta quando ricominciano i drammi in casa Roman, così come viene mostrato il futuro di Albie, eventi che accadono tre mesi dopo la storia che viene narrata dalla serie.
Anche la colonna sonora – essenziale in uno show di questo tipo che dovrebbe essere basato sulla musica country – composta perlopiù da cover e la recitazione di un cast composto da volti conosciuti (chi più, chi meno) non sono all’altezza di quello che Monarch poteva essere, almeno sulla carta e seguendo le intenzioni della showrunner.
In conclusione – Monarch, la recensione
La creatrice Melissa London Hilfers voleva portare sul piccolo schermo un ritratto del Texas nudo e crudo, con tutti i suoi lati bui accompagnati dalla cultura del posto in un mix che, almeno sulla carta, sembrava avvincente sebbene molto sfruttato. Monarch doveva essere la storia di una famiglia apparentemente alla ribalta, ma che cerca di nascondere a tutti i costi il marcio che si trascina dietro soprattutto al loro pubblico.
Un gioco pericoloso soprattutto perché i Roman hanno molto da perdere. Purtroppo la serie non riesce in nessuno dei suoi intenti iniziali a causa di una sceneggiatura che cade nel trash e negli eccessi, in continui drammi che riguardano tutti gli aspetti di tutti i componenti della famiglia. Tutti gli episodi servono per districare una matassa che Monarch sembra voler rendere il più complessa possibile e la cui risoluzione si otterrà solamente dopo numerosi colpi di scena, rivelazioni finali che tentano di far tenere incollati allo schermo gli spettatori e tanta – troppa – retorica familiare poco convincente.
Monarch
Voto - 4
4
Lati positivi
- Le intenzioni alal radice, sebbene molto sfruttate da altre serie simili, sono interessanti
Lati negativi
- La complessità della scrittura va a braccetto con il trash e l'esagerazioni
- Troppi elementi mal dosati che rendono la storia inutilmente complessa
- La colonna sonora non è il massimo e la musica country dovrebbe essere il collante della serie