Narcos e Narcos Messico: boss a confronto
Mettiamo a confronto i boss delle tre stagioni di Narcos e di Narcos Messico
Narcos è una serie che negli ultimi anni ha fatto parlare di sé, e siamo sicuri che continuerà a farlo. Con tre stagioni ambientate in Colombia e una nuova saga che vede come location il Messico, la serie ha raggiunto vette di qualità altissime e una grande schiera di fan. Merito di tutto ciò si deve, sicuramente, ai suoi protagonisti: i (veri) boss del narcotraffico colombiani e messicani. Degli uomini che hanno compiuto delle gesta per certi versi leggendarie, ma che hanno sconvolto e macchiato la storia del Sudamerica.
Storie vere che, per dovere di intrattenimento, sono state romanzate e a volte modificate. Ma resta il fatto che Narcos sia riuscita a coniare un intrattenimento volto al realismo. Ed è per questo che, guardandolo, non possiamo che restare allo stesso tempo affascinati e terrorizzati da questi personaggi, tanto geniali quanto spietati e violenti. Oggi noi di Filmpost vogliamo provare a metterli a confronto per delinearne i tratti e raccontarne le malefatte.
Narcos e Narcos Messico: boss a confronto
La prima stagione di Narcos vede naturalmente come protagonista il più famoso e famigerato narcotrafficante di tutti i tempi: Pablo Escobar. E a buon ragione, verrebbe d’aggiungere. Per quei pochi che non sapessero chi fosse Escobar, basti pensare che è stato il primo narcotrafficante ad essere inserito nella lista degli uomini più ricchi di Forbes.
Con le prime due stagioni di Narcos, ambientate in Colombia, lo spettatore ha avuto modo di conoscere le gesta (criminali ovviamente) del fondatore del cartello di Medellin. Nato da una famiglia di agricoltori, Escobar ha creato in pochi anni il più grande impero del narcotraffico di sempre. Tutto ciò grazie alla merce che ha saputo vendere al mondo intero: la cocaina.
Quando facciamo la conoscenza di Escobar in Narcos, il criminale è già un affermato contrabbandiere che si è affacciato al mondo del narcotraffico. E, grazie alla sua spietatezza, Pablo è riuscito a fare della polvere bianca colombiana il prodotto più richiesto dai vicini Stati Uniti. Unito alla sua spietatezza, Escobar è sempre stato in grado di esercitare un enorme fascino nei confronti dei media e della popolazione locale. Non è esagerato dire che Escobar fosse considerato alla stregua di un moderno Robin Hood o Messia. Nella serie è chiaro vedere come la maggior parte della protezione di Escobar derivi proprio dal popolo. Costruzione di opere pubbliche, opere di beneficenza e garanzia di un ‘lavoro’ hanno garantito a Escobar un’immunità quasi totale.
El patron Pablo Escobar
Nella serie El Patron’ è interpretato da un immenso Wagner Moura. Moura, nonostante la nazionalità brasiliana, è riuscito a trasporre sullo schermo un personaggio già interpretato da molti altri. Ma siamo sicuri che, dopo Narcos, quando penserete a Escobar il narcotrafficante avrà il suo volto.
D’altronde Moura è stato magistrale nell’interpretare un Escobar a 360 gradi. Merito, sicuramente di una sceneggiatura solida e impeccabile. La serie Netflix è riuscita, anche grazie ai tempi di una serie, a farci addentrare nella personalità e nei gesti del criminale e della persona. Affascinante, affabile e compiacente nelle apparizioni pubbliche e con la famiglia, senza scrupoli e violento negli affari.
Un criminale che ha spesso sfidato le istituzioni senza esclusione di colpi, fra cui l’esplosione di un aereo e lo sventramento di un’intera strada. Ma che ha saputo anche sfruttare la politica, fino ad arrivare al parlamento colombiano. Fino a dar vita al più grande cartello sudamericano, dove sono confluiti i più pericolosi e temibili criminali sotto la guida del Patron.
La (ovviamente nota) morte di Escobar ha aperto tanti punti interrogativi. Sia nella realtà, sia nella fiction. Come negli affari con la cocaina, con il trono del re vacante, anche il pubblico della serie si è chiesto: chi potrà eguagliare El Patron?
I gentleman di Cali
E invece, dopo due stagioni all’insegna di Escobar, Netflix ne azzecca un’altra. Nella terza stagione, infatti, ci vengono fatti conoscere i successori al potere del narcotraffico: i gentleman di Cali, già rivali di Escobar nella seconda stagione. Già dal nome, infatti, possiamo intuire molte differenze fra Escobar e i nuovi re della cocaina. Se nelle prime due stagioni abbiamo assistito a un impero, nella terza assistiamo alla nascita di un vero quadrumvirato. Gilberto e Miguel Rodriguez, insieme a Pacho Herrera e Chepe Santacruz formano la nuova cupola del crimine colombiano.
Ma le differenze non finiscono qui. Come suggerisce il nome con cui amavano farsi conoscere, i gentleman assumono un approccio totalmente differente rispetto a quello del Patron. Dove il patron amava farsi vedere e notare in pubblico, sia positivamente che negativamente, quelli di Cali optano per un profilo decisamente più basso. Un profilo che però non diminuisce la portata degli affari illegali dei boss. Anzi, proprio grazie alla loro strategia di pace con il governo, i gentleman di Cali hanno potuto condurre il proprio business in maniera del tutto impunita. Se non appoggiata, spesso.
Menti dell’organizzazione i due fratelli Rodriguez. Gilberto, uomo d’affari vecchio stile ma con un occhio lungimirante; Miguel, più impulsivo e rancoroso, e per questo più imprevedibile; Pacho, affascinante e spietato e Chepe, delegato nel più grande mercato per il cartello: gli Stati Uniti.
Un gruppo che sembrava indistruttibile e che, invece, si dissolve proprio a causa di quelli che sono stati i propri punti di forza. La fiducia nel governo viene mal riposta, e le promesse di amnistia per i criminali non vengono rispettate; la forza del gruppo diventa inoltre debolezza quando fra i quattro, in particolare fra i fratelli Rodriguez, inizia a crescere la diffidenza.
Miguel Angel Felix Gallardo, el Padrino
Chiusa la parentesi colombiana, dopo tre stagioni di altissima qualità, Netflix ha deciso di traslocare in un’altra terra maledetta dal narcotraffico: il Messico. Una terra che, negli ultimi trent’anni, ha saputo anche superare i risultati criminali dei colombiani.
‘Merito’ di tutto ciò va sicuramente attribuito al protagonista della nuova serie Narcos: Messico. Miguel Angel Felix Gallardo è stato, infatti, colui che ha raccolto sotto di sé una realtà fatta di confini netti e territori ostili. Il Messico, dal punto di vista criminale, non era mai stato riunito sotto una federazione. Gallardo, invece, riesce nell’impresa, con una prevalenza degli uomini del Cartello di Guadalajara. Gallardo è interpretato, in maniera perfetta, da Diego Luna, salito alla ribalta internazionale grazie a Rogue One: A star wars story.
A differenza dei boss di Cali, in Narcos: Messico vediamo letteralmente Gallardo entrare nel mondo del narcotraffico dal nulla. Mentre abbiamo visto i boss colombiani quando già il loro peso si era imposto, quando lo conosciamo, Gallardo è un ex poliziotto.
Ma le differenze fra El Padrino e i boss colombiani non finiscono qui. La scalata al potere di Gallardo parte dal basso anche per la merce commerciata nei suoi primi anni: la marijuana. È proprio con la cannabis che Gallardo costruisce un impero che desta meno scalpore rispetto a quelli colombiani. Ma neanche Gallardo è immune al profumo dei soldi prodotti dalla polvere bianca. Ed è qui che Gallardo compie il secondo colpo grosso: fare del Messico il passaggio per la cocaina colombiana verso gli Stati Uniti.
Il cartello di Guadalajara
Menzione nella costruzione dell’impero va sicuramente data ai due boss Rafa Caro Quintero e Don Neto. Forse i personaggi più riusciti della serie, i due sono stati fautori del successo del boss di Guadalajara. In particolare Quintero è stato colui che ha creato la varietà di cannabis che ha reso celebre il cartello. E proprio Quintero ci viene presentato come un personaggio al tempo stesso sensibile e quasi romantico, e instabile e violento.
Come la sua ascesa, la personalità di Gallardo si plasma dal basso. Timido e riservato all’inizio, pian piano Gallardo inizia a diventare El padrino. La storia di Gallardo è piena di errori e di grandissimi rischi corsi, che, una volta superati, lo rendono sempre meno timido e sempre più consapevole del proprio potere. E mentre i boss colombiani in qualche modo risparmiano la propria famiglia e i propri amori dalla propria spietatezza, Gallardo rinuncia anche alla donna amata per il successo.
Un’ascesa che è stata costruita pezzo per pezzo, mettendo insieme i boss più spietati, spesso senza neanche sparare un colpo (o quasi). Un boss visionario che ha avuto sotto di sé futuri boss come Amado e El Chapo Guzman. Criminali attratti dalla sua visone, dal suo sogno, piuttosto che spaventati dalla sua spietatezza. Un’ascesa che non si è esaurita nella prima stagione di Narcos Messico, e che proseguirà nella seconda. Ma la fine della prima stagione ci ha fatto vedere l’orrore di cui è stato capace quell’uomo che pochi anni prima era un timido poliziotto messicano.