Neruda: il nuovo film di Pablo Larraín
Neruda: il nuovo film di Pablo Larraín
Recitazione - 9
Sceneggiatura - 8
Fotografia - 8
8.3
The Good
- Il film è capace di coinvolgere lo spettatore e farlo entrare appieno nella storia, non annoia ed è caratterizzato da un irresistibile aspetto ironico che gli conferisce originalità.
“Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
Scrivere, ad esempio : La notte è stellata,
e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza.
Il vento della notte gira nel cielo e canta.
Posso scrivere i versi più tristi questa notte.”
La trama
Davanti a “Neruda“, da Ottobre 2016 nelle sale cinematografiche, ci troviamo al cospetto dell’ultimo lavoro del regista cileno Pablo Larraín. Quest’ultimo, noto per i temi politici presenti nei suoi film (si veda il film del 2012 “No: i giorni dell’arcobaleno”, nel quale racconta la nascita e lo sviluppo della campagna pubblicitaria dell’opposizione al governo di Pinochet nel suo Cile), nel suo sesto lungometraggio ritorna a parlare “indirettamente” di politica. Dico “indirettamente” perché questa volta decide di farlo attraverso il rapporto che il grande poeta ebbe in prima persona con essa. La scelta di Larraín è, in questo caso, di raccontare una parte della vita del poeta, ovvero quegli anni in cui viene perseguitato e costretto all’esilio dal governo cileno per il suo essere comunista. La storia è narrata in prima persona da Óscar Peluchonneau (interpretato da uno straordinario Gael García Bernal, già visto ne “I diari della motocicletta” di Salles, o “Babel” e “Amores Perros” di Iñárritu), l’ispettore di polizia che per tutta la durata del film si lancia in una forsennata ricerca del poeta (che non va in esilio come gli era stato ordinato, ma rimane nel suo Paese nascondendosi) senza successo.
Tra realtà e finzione, tra poesia e storia
Come effettivamente verrà detto in una scena, tutto il film ruota attorno al ruolo di protagonista di Neruda: gli altri personaggi (gli amici che lo proteggono, la moglie Delia) sono semplicemente “contorni” a un racconto che avrebbe anche aver potuto scrivere il poeta stesso. Colui che soffre di più di questa condizione è proprio l’ispettore Peluchonneau. Ne soffre talmente tanto che il pubblico non riesce a comprendere se si tratti effettivamente di una persona reale o di un personaggio creato dalla mente del poeta. Il poliziotto, in una sorta di paradosso, se lo chiede nelle ultime scene, mettendo in discussione la sua intera vita, la falsa immagine di sé che si era costruito: figlio di una prostituta, non ha mai conosciuto suo padre e fantastica sull’identità di quest’ultimo, associandolo con Olivier Peluchonneau, il fondatore della polizia cilena, volendogli conferire una gloria in realtà inesistente. “Avrei potuto essere figlio di un Peluchonneau, ma in questo momento potrei anche essere un Neruda”, parafrasando una battuta dell’ispettore, orfano di padre ed orfano della sua stessa identità, si impegna per a dare la caccia al poeta ma, in fondo, soprattutto a sé stesso.
Il film è una testimonianza degli anni, successivi alla Seconda Guerra Mondiale, del governo di Gonzalez Videla, della persecuzione nei confronti dei comunisti in Cile (con il beneplacito del governo statunitense) e a come il poeta reagisce a tale momento della sua vita, con una sottile punta di ironia che sarà possibile percepire per tutti i 107 minuti.
In conclusione, possiamo affermare che davanti a “Neruda” ci troviamo di fronte ad un film originale e audace che, magari proprio per questo motivo, non sarà pubblicizzato ed esposto al pubblico come meriterebbe, ma che vale sicuramente tutto il prezzo del biglietto.