Night in Paradise: recensione del film coreano distribuito da Netflix
Nel catalogo della piattaforma fa il suo ingresso un thriller noir dalle atmosfere inusuali e rarefatte
Il cinema coreano sta vivendo negli ultimi anni la sua età dell’oro in termini di distribuzione internazionale. Per troppo tempo infatti le principali major hanno ignorato i grandi capolavori orientali limitandosi a distribuirli con il contagocce. Tra i film che hanno potuto godere di questa onda lunga d’interesse c’è Night in Paradise, film di cui vi presentiamo la recensione. La pellicola è stata scritta e diretta da Park Hoon-jung, già autore di I Saw the Devil, ed ha partecipato alla 77ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Night in Paradise mescola molti generi e non sempre riesce a farli convivere al meglio tra di loro. Il risultato finale è comunque di pregevole fattura grazie all’ottima fotografia e alla sapiente regia che da il meglio di sé nelle scene d’azione. Particolare nota di merito va all’intensa interpretazione di Jeon Yeo-been nei panni della protagonista femminile. Nel corso dei 131 minuti di girato il melodramma romantico si insinua all’interno di una delicata struttura che poggia le sue basi sul genere noir e sull’action. Come ogni film coreano che si rispetti il finale lascerà lo spettatore senza parole.
Indice
La trama – Night in Paradise, la recensione
Il protagonista del film è Tae-goo, un giovane membro di una pericolosa gang. Dopo che sua sorella e sua nipote vengono assassinate perché ha cercato di lasciare l’organizzazione criminale a cui appartiene, decide di vendicarsi. Spinto a credere che l’autore dell’efferato omicidio sia un boss rivale il giovane decide di ucciderlo per vendicarsi. Un’azione tanto audace però ha delle conseguenze, i delicati equilibri tra le autorità corrotte e le diverse gang iniziano ad incrinarsi e Tae-goo è costretto a fuggire sull’isola di Jeju.
Ad ospitarlo è un ex criminale che ha deciso di ritirarsi a vita privata per assistere la nipote, Jae-yeon. La ragazza infatti è affetta da una terribile malattia che non le lascia molto da vivere e per guarire necessita urgentemente di un intervento. Nulla è come sembra sulla tranquilla isola di Jeju e le vite dei due protagonisti inizieranno inaspettatamente a orbitare vorticosamente l’una intorno all’altra. Tae-goo e Jae-yeon inizieranno così una corsa contro la morte, la stessa morte che sembra perseguitarli sin da quando sono venuti al mondo.
La morte – Night in Paradise, la recensione
Il cinema coreano ce l’ha insegnato, il lieto fine è un’utopia e non tutti i cattivi cercano redenzione. In Night in Paradise ognuno porta acqua al proprio mulino cercando di vivere un giorno in più e così ragionano anche Tae-goo e Jae-yeon. Almeno fino al loro incontro che li aiuta a dare un senso nuovo alle loro vite. Il romanticismo inizia così a fare capolino all’interno di una pellicola che in linea teorica non ne avrebbe bisogno, ma nel decidere di non sbandierarlo riesce a rimanere in linea con quello che è il registro della narrazione. A questo contribuiscono i due attori protagonisti che risultano estremamente calati nei loro ruoli, in particolare Jeon Yeo-been. La giovane attrice coreana interpreta con sentimento una persona che al tramonto della propria esistenza si risveglia da uno stato quasi dissociativo per essere catapultata in una realtà più grande di lei.
Quello che viene messo in scena è un revenge movie estremamente atipico in cui non tutti i canoni del genere vengono rispettati. Una trovata interessante che viene in parte indebolita dalla scelta di accompagnare ognuno dei “colpi di scena” a delle brevi spiegazioni tese ad esplicitare ciò che è accaduto. Lasciare un po’ di mistero in più avrebbe dato ancora più potere all’atmosfera inusuale e rarefatta derivante dall’ambientazione e dalla fotografia. Il vero filo conduttore di Night in Paradise risulta però essere la morte in ogni sua sfumatura. I due protagonisti l’hanno vissuta sulla propria pelle e su quella dei propri cari, accettandola, facendola diventare parte di loro e sfruttandola per poter finalmente trovare uno scopo.
Dal noir al melodramma e per finire all’action
Come accennato all’inizio di questa recensione di Night in Paradise, il film può contare su un ottimo comparto tecnico. La fotografia gioca su colori freddi come il verde, il celeste e il grigio, riuscendo a restituirci con efficacia lo stato di sospensione in cui i due protagonisti sono costretti a vivere. Per motivi diversi infatti sia Tae-goo che Jae-yeon sono stati condannati a morte, chi dall’uomo stesso chi dal fato. Due solitudini che si incontrano per caso e che a dispetto di tutto provano a rimanere attaccate alla vita. Nonostante il film riesca a raccontare tutto ciò usando sempre un tono narrativo coerente, questo non sempre si adatta a ciò che viene messo in scena.
Dopo un inizio adrenalinico il film prende infatti una piega più riflessiva e lenta che a sua volta sul finale lascia il passo all’azione pura. Qui il sangue la fa da padrone con una lunghissima sequenza dove il regolamento di conti troverà il suo acme. Questo continuo accelerare e frenare spezza il ritmo che il regista riesce faticosamente a creare. Sì, perché Park Hoon-jung è bravo nel costruire e rappresentare le scene di combattimento, che siano fisiche o con le armi, e nel tirare fuori “il peggio” dai suoi personaggi. Se c’è qualcosa infatti che i protagonisti di Night in Paradise conoscono bene è la violenza e non si fanno problemi nel dispensarla a chi intralcia la loro strada. Il film rimane così in uno strano limbo autoriale che nonostante riesca a soddisfare in qualche modo lo spettatore non riesce ad eccellere e brillare di luce propria.
Considerazioni finali – Night in Paradise, la recensione
Il film è consigliato agli appassionati di cinema orientale e in particolare di quello coreano. Il pubblico che invece si avvicina a questo mondo per la prima volta potrebbe rimanere deluso da una narrazione a tratti altalenante. Da sottolineare inoltre come ci voglia un certo pelo sullo stomaco per assistere alle scene più cruente, ricche in sangue e violenza. Se infatti da un lato tutto ciò che è sentimento ed emozione non viene mai esplicitato, tutto ciò che è azione viene invece volutamente reiterato. Non basta una coltellata per eliminare un rivale ma ne servono cinque, non basta un colpo di pistola per stendere il nemico ma ne servono dieci. Una narrazione atipica per chi è abituato al più esplicito cinema occidentale. Proprio questo potrebbe allontanare lo spettatore comune da un film che merita comunque una possibilità di visione.
Detto ciò, in conclusione della nostra recensione, il nostro consiglio è di dare una chance a Night in Paradise, se non altro perché porta una ventata di novità nel parco di film distribuiti in esclusiva da Netflix. Un’opera diversa, che gioca più sul non detto e sulle atmosfere che sulla storia in sé e per sé. Non arrivando mai però a tralasciare la cura dei particolari, specialmente nelle scene d’azione.
Night in Paradise
Voto - 7
7
Lati positivi
- La regia e la fotografia riescono a creare sempre le giuste atmosfere
- Le scene action sono dinamiche e coinvolgenti
- L’interpretazione di Jeon Yeo-been
Lati negativi
- L’eccessiva commistione di generi spezza il ritmo della visione