Oceani del mondo: la recensione della nuova docuserie Netflix
La serie narrata da Barack Obama racconta, con sguardo partecipe e sentito, la vita nei nostri oceani. Inno a una bellezza non solo da ammirare ma anche da preservare
Dopo il successo de Il nostro pianeta, dal 20 novembre approda su Netflix Oceani del mondo. Una nuova serie doc, prodotta da Michelle e Barack Obama e narrata dallo stesso ex presidente statunitense, incentrata sugli oceani del nostro pianeta, tra luoghi incredibili e specie sconosciute. Cinque episodi, ognuno dedicato a un oceano e alla variegatissima fauna che lo abita, capaci di far luce su nuovi aspetti riguardanti la vita nei nostri mari, senza trascurare la minaccia portata dall’uomo negli ultimi decenni, tra surriscaldamento globale e inquinamento.
Seguendo l’esempio delle serie che l’hanno preceduta, Oceani del mondo si dimostra così un doc per certi versi decisamente classico, con un comparto tecnico e registico di tutto rispetto e con qualche sequenza memorabile, sebbene con nulla (o quasi) da invidiare ai migliori documentari di David Attenborough. Una serie solida e compatta che al fascino della scoperta unisce un sentito monito sulle sorti delle nostre acque e delle creature che le popolano, promuovendo l’importanza della loro conservazione.
Indice:
Trama – Oceani del mondo recensione
Dalle acque calde dell’Oceano Pacifico a quelle insidiose dell’Oceano Indiano, da un Oceano Atlantico in perenne trasformazione a un Artico in costante surriscaldamento, fino al misterioso e ancora in parte inesplorato Oceano Australe. Un viaggio che, seguendo la grande corrente oceanica globale, ci porta a scoprire luoghi e specie tra le più variegate del nostro pianeta, dai leoni marini delle Galápagos ai pesci pappagallo giganti del triangolo dei coralli, dai dugonghi del golfo arabico agli squali balena delle Azzorre, passando per la foca barbata delle Isole Svalbard e i pigoscelidi antartici dell’isola di Zavodovski.
Un viaggio attraverso ogni angolo del globo per scoprire un po’ di più su quel mondo di mistero che sono ancora gli Oceani e che abbiamo appena iniziato a conoscere. Un mondo ricco di biodiversità, fondamentale per la vita sul nostro pianeta ma fortemente minacciato dalla mano dell’uomo, dall’aumento della temperatura delle acque e dall’inquinamento, dalla pesca intensiva e dallo scioglimento dei ghiacci.
Un unico, grande oceano
Sono episodi ben distinti ma potrebbero anche essere un unico, lungo film le cinque parti in cui è composto Oceani del mondo. Perché alla base della docuserie prodotta da Barack e Michelle Obama c’è l’idea che le grandi masse d’acqua del nostro pianeta non siano altro che un unico grande oceano, collegato in ognuna delle sue parti da una forza costante e inesauribile. È proprio seguendo questa forza, ovvero la corrente oceanica globale che attraversa l’intero globo, che prende il via la narrazione della serie.
Un viaggio a tappe che fa proprie le forme e i modi dell’esplorazione dando vita a un documentario decisamente classico ma con qualche significativa variazione. Seguendo il modello di altre serie Netflix recenti come Il nostro pianeta, pur non potendone replicare appieno lo stupore suscitato dalle sue specifiche innovazioni tecnologiche, Oceani del mondo punta così sulla narrazione e sulla forza delle sue immagini, senza disdegnare comunque qualche trovata tecnica interessante (le body cam piazzate su alcuni animali).
Tante storie
Usando tutto l’armamentario del genere, adoperando stili, musiche e toni differenti a seconda delle situazioni, è così che la serie alterna sequenze drammatiche (le mante impigliate tra i rifiuti, gli allevamenti ittici, i pinguini imperatore soffocati dal caldo) a momenti di alleggerimento (i rituali di corteggiamento delle bavose occhiute e delle orate), storie commuoventi (la pulcinella di mare che attende la compagna) a inserti quasi thriller (l’attacco dell’elefante marino, quello delle orche).
Il risultato è una narrazione che non evita l’ormai imperante antropomorfizzazione dell’oggetto di studio ma anzi la cavalca, in cerca di un’empatia con i suoi protagonisti (le soggettive impossibili) forte quanto basta per sensibilizzare al tema. Perché Oceani del mondo vuole prima di tutto sensibilizzare. È per questo che, sin dai primi minuti, diventa una tragica costante la presenza dell’uomo. Nemmeno il documentario più classico, del resto, può fare oramai a meno di raccontare animali e interi ecosistemi senza sottolineare i cambiamenti che questi subiscono quotidianamente a causa delle nostre azioni.
Un mondo da preservare
Una presenza ingombrante, quella dell’uomo, verso cui la serie però si concentra quanto basta, senza indulgere in toni apocalittici o catastrofisti. Lontana dal documentario di denuncia, Oceani del mondo affronta infatti il problema mostrando soprattutto modelli virtuosi (la balena franca australe salvata dall’estinzione grazie a un patto tra diversi paesi) e ribadendo l’importanza della conservazione di quegli habitat e di quelle specie, fiduciosa che la bellezza del mondo mostrato basti a smuovere cuori e coscienze.
Del resto, è proprio quel mondo a restare al centro della serie. Un mondo fatto di scoperta e stupore, che alla semplice curiosità affianca immagini uniche e forse irripetibili, dal primo volo di un’uria di Brunnich, alle elaborate tecniche di caccia di una famiglia di orche, dalla tenacia del rarissimo pesce dalle mani maculate alle evoluzioni di un gruppo di delfini illuminati dal plancton. Tutto a concorrere per creare un mosaico parziale ma rappresentativo di un mondo bellissimo e terribile a un tempo. Da preservare con ogni mezzo necessario.
Oceani del mondo
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- La serie unisce sapientemente il fascino delle immagini alla sensibilizzazione sul tema dell'inquinamento
- Alcune sequenze e trovate di regia sono davvero suggestive ed emozionanti
Lati negativi
- L'eccessiva antropomorfizzazione delle specie riprese, soprattutto nei momenti più leggeri, a volte è evidente