Pinocchio: recensione del film di Matteo Garrone con Roberto Benigni
Matteo Garrone interpreta a suo modo la celebre fiaba italiana di Collodi
“C’era una volta…- Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. – No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.” Questo è uno degli incipit più famosi della storia della letteratura. Pinocchio, forse la fiaba più celebre al mondo, inizia in questo modo. Ed è così che vogliamo aprire questa recensione del film di Matteo Garrone, con le parole di chi a questo personaggio ha dato vita: Carlo Collodi. Pinocchio, come vedremo nella recensione, ha fatto parte dell’infanzia di ognuno di noi. Ancor prima dell’avvento del celebre film Disney, il burattino insegnava, attraverso le parole dei genitori, a non comportarsi come monelli e a non dire le bugie.
Proprio questo fa di Pinocchio un archetipo: il valore popolare che si dà a questo personaggio trascende la letteratura. Ormai è, infatti, di uso comune affidare ai bugiardi il classico naso lungo. Avvicinarsi a questo tipo di racconto e trasporlo sul grande schermo non è mai facile. Lo ha fatto Comencini con uno sceneggiato, ci ha pensato Fellini pur senza mai concludere il progetto, e in ultimo è toccato a Benigni, nel 2002. Da questi elenco escludiamo il già citato film d’animazione, oltre a vari altri film di minore importanza. Ora la palla ha deciso di prenderla e giocarla Garrone, assumendosi il rischio di questa non facile eredità.
Indice:
Pinocchio – Trama
Geppetto è un povero falegname che non ha famiglia né beni. Vive alla giornata, nell’attesa che qualche anima pia gli affidi un lavoro o gli dia da mangiare. Un giorno in paese arriva un teatro di burattini, dalla vista dei quali il buon falegname resta ammaliato. Geppetto decide, così, che creerà un suo burattino, bellissimo, con il quale girerà il mondo e si guadagnerà da vivere. L’altro falegname del paese: mastro Ciliegia, regala al povero falegname un pezzo di legno che, essendogli sembrato muoversi, lo aveva spaventato. Geppetto è felicissimo, è convinto che da quel bellissimo pezzo di legno non potrà ricavarne se non che un bellissimo burattino.
Messosi all’opera, Geppetto si rende conto che qualcosa di strano nel legno c’è, in effetti. Inizia a capire che forse in quel ciocco batte un cuore. Terminata l’opera si rende conto che è così, e dalla materia inanimata prende vita Pinocchio. Geppetto non può contenere la gioia nell’essere diventato padre. Ma subito si rende conto che Pinocchio non è facilmente gestibile, anzi, è appena nato ma ha subito voglia di scoprire il mondo e correre a perdifiato. Geppetto avrà da faticare, ma l’amore per il figlio appena avuto è enorme. Il giorno dopo, però, Pinocchio deve andare a scuola, nonostante rimanga più affascinato dal vicino teatro dei burattini.
Da quando Pinocchio decide di non andare a scuola per vedere lo spettacolo, la vita sua e di suo padre non saranno più le stesse. Per Pinocchio inizia una serie di avventure incredibili, che lo porteranno nei posti più disparati, con le persone più diverse. Così, tra fate e grilli, gatti e volpi, il pezzo di legno arriverà a comprendere che nella vita ci sono cose ben più importanti del divertimento.
Recensione di Pinocchio
Garrone è ormai un nome altisonante all’interno del panorama cinematografico nazionale e non solo. Dopo il Racconto dei Racconti, il regista torna ad esplorare la tradizione letteraria italiana e, in particolare, il mondo fiabesco. Pinocchio è senz’altro un film in cui Garrone mette una quantità non indifferente di devozione verso l’opera e il personaggio. Un’opera che difficilmente si riesce a collocare nel cinema italiano degli ultimi tempi. Per larghi tratti, se non fosse per i volti notissimi del cinema nostrano, potrebbe sembrare un film prodotto in un altro paese. Il giudizio va inteso in modo positivo, il cinema italiano sta tornando grande.
Il tema è quello della fiaba, e l’atmosfera è fiabesca dall’inizio alla fine. La trama è molto fedele al libro da cui è tratta, dunque segue i ritmi di narrazione propri del racconto, a tratti un po’ lenti. Le soluzioni narrative seguono diverse cesure concettuali tra una scena e l’altra: l’esempio più banale è che alla scena in cui Geppetto chiede il pezzo di legno a mastro Ciliegia segue immediatamente quella in cui il falegname lo lavora. Manca la continuità del trasporto del pezzo di legno, a cui si arriva in modo concettuale. Questo non toglie nulla al film, che punta su altro.
Incredibilmente funzionale è l’aspetto estetico complessivo. Ogni fotogramma sembra un dipinto, e tutto ruota attorno alla realizzazione di questi dipinti animati. La trama è nota a tutti, non c’era bisogno di snaturarla, ma l’atmosfera fiabesca viene restituita attraverso uno studio delle immagini assiduo ed evidente. Il Garrone cupo e crudo che tutti conosciamo scompare dietro a dei quadri che mai avremmo pensato di potergli commissionare.
Aspetti tecnici – Pinocchio recensione
Per il raggiungimento di un risultato estetico di questa portata è inevitabile che si punti molto sugli aspetti tecnici. Il trucco e gli effetti visivi compiono delle vere e proprie magie. Come già successo ne il Racconto dei Racconti, Garrone dimostra di saper gestire, grazie ai suoi collaboratori, in maniera eccelsa le dinamiche dei personaggi per metà umani e per metà animali. Pinocchio stesso è reso molto credibile da una complicata mistione di trucco e componenti grafiche. La regia è molto fluida, segue i ritmi del racconto ed è attenta soprattutto alle inquadrature larghe, sempre per il principio dei quadri-inquadrature.
Scena, invece, dinamica, è quella dell’incontro con il gatto e la volpe, che vengono presentati, anche dall’inquadratura, come personaggi di disturbo. La fotografia è l’aspetto migliore del film, con toni sempre asciutti e freddi, che tendono al grigio, al bianco e al marrone. In tutto questo si inserisce il rosso del vestito arrangiato da Geppetto a Pinocchio. Il rosso riesce a inserirsi in maniera perfetta nella scala cromatica e, in ogni scena si nota senza per questo risultare fastidioso. Più che al rosso del cappottino di Schindler’s List, si pensi alla giacca del Joker di Phillips, come paragone. Incredibilmente evocativa si dimostra anche la musica.
Gli attori sono tutti incredibilmente in parte. Da Benigni, assolutamente evidente la sua devozione al personaggio, a Proietti, che appare poco ma rende al massimo. Per non parlare poi dei numerosi personaggi minori, dalla lumaca al tonno, ma soprattutto il grillo e la scimmia, che non potrete dimenticare facilmente. L’amore che tutti abbiamo per la fiaba è evidentemente molto forte anche negli interpreti.
Considerazioni finali
Pinocchio è tornato dopo 17 anni, ed è inutile dire che il risultato complessivo sia migliore rispetto al film di Benigni. Questa recensione dovrebbe avervi fatto capire che questo Pinocchio è semplicemente, se così possiamo sminuire, una trasposizione dell’originale stesura. Non un film che chi non ama la fiaba può amare, perché questo Pinocchio non vuole essere altro rispetto a quello che Collodi racconta. Tra qualche anno verrà certamente ricordato come “Il film” su Pinocchio, con buona pace per i suoi predecessori. Gli estimatori di Garrone storceranno il naso, ma questo è il film a cui il regista aspirava, non avrebbe voluto raccontarlo diversamente.
Adatto, sicuramente, ai bambini, che potranno imparare e divertirsi con questo film. Ma il pubblico a cui questo film è rivolto è, senz’altro, quello degli adulti, cresciuti con un personaggio come Pinocchio. Non possiamo dire che Garrone verrà ricordato per questo film, ma dobbiamo ringraziarlo per averci consegnato un’altra opera meravigliosa, divertente e commovente al contempo. La speranza che sorge in tutti noi alla fine di questa recensione di Pinocchio è che seguendo l’onda di questa pellicola, fatta con cognizione e passione, il nostro cinema torni ad essere un bambino, e non più un ciocco di legno.
Pinocchio
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- Estetica impeccabile
- Attori e personaggi perfetti
Lati negativi
- Gestione dei ritmi non uniformi