Prison School – Recensione dell’anime tratto dal manga di Akira Hiramoto

La recensione di Prison School, l’irriverente anime presente su Netflix

Netflix ha acquistato i diritti per lo streaming, nella propria piattaforma, di Prison School, un anime irriverente e dissacrante tratto dal manga ideato da Akira Hiramoto nel 2011. Tutto si svolge in un esclusivo college governato da tre imponenti e violente donne, la cui misandria è estrema. Da quando la scuola, sotto autorizzazione del preside, è stata aperta anche ai ragazzi, il loro odio verso il genere maschile dà vita ad una serie di gag surreali al limite del grottesco.

Prison School: la recensione e sinossi

Tratto dall’omonimo manga vincitore del Premio Kodansha e dalle vendite esponenziali (più di 3,5 milioni di copie), Prison School è l’anime ideale da vedere per farsi grosse risate in una cornice di violenza e ironia. Adatto a donne e uomini (ma non ai più piccoli), racconta le vicende di cinque ragazzi, i quali sono soli in mezzo ad un mare di donne. Sin da subito la storica lotta di genere viene posta al centro della narrazione, in maniera stereotipata ma intelligente.

Kiyoshi, Gakuto, Shingo, Joe e André pagheranno sin da subito la stupidità delle loro azioni. Il primissimo giorno di scuola, infatti, escogitano un piano per spiare le ragazze nell’intento di farsi la doccia, attraverso uno stratagemma tecnologico. Con due smartphone, di cui uno fatto entrare da una finestra aperta e l’altro nelle loro mani, avvieranno una videochiamata, con l’intento di sbirciare l’interno del bagno. Ma per loro sfortuna il piano fallisce e i cinque saranno scoperti.

Ed è proprio qui che inizia la serie di soprusi ai danni dei ragazzi da parte delle tre terribili aguzzine. Esse fanno parte di quella che viene chiamata “Associazione segreta studentesca”, guidata da Mari, la presidentessa. Le sue collaboratrici sono Meiko, la vicepresidentessa e Hana, la segretaria. Il loro odio verso i ragazzi sarà la chiave di lettura di tutto l’anime, con picchi di violenza inauditi e pochi, anzi pochissimi momenti di compassione.

Prison School: analisi

Appena scoperti, i ragazzi saranno legati e picchiati selvaggiamente, per poi essere rinchiusi nella prigione della scuola. È da lì che i cinque saranno costretti a seguire le lezioni (tramite streaming) e studiare, ma il resto della giornata dovranno occuparla a svolgere dei lavori pesanti, come falciare l’erba o costruire capanni. E, puntualmente, verranno brutalmente picchiati nei momenti di fiacca o d’irriverenza.

Se la prima puntata funge da presentazione, dalla seconda entriamo nel vivo della narrazione. Qui viene presentato il preside, di cui non si sa il nome. Egli è il padre della presidentessa Mari, la quale ha sviluppato l’odio per il genere maschile dalle ossessioni perverse del genitore. Il preside, infatti, verrà scoperto dalla figlia più volte nell’atto di guardare fotografie pornografiche o video analoghi. Egli, inoltre, detiene una collezione di fotografie di sederi femminili, che Kiyoshi scopre.

Ecco che quindi lo stereotipo maschile (ma anche femminile) salta subito fuori, costruendo la base per la narrazione futura. L’uomo, a prescindere dall’età, ha la fissazione per le forme femminili, e di conseguenza le donne di ogni età lo odiano per questa sua mania. In tempi delicati come questi, in una continua lotta per l’emancipazione e il rispetto, la figura della femminista più radicale trova in questo anime la risoluzione del suo sogno. La donna che comanda e l’uomo che subisce.

Se non fosse che le tre donne sono rappresentate quasi sempre come mamma le ha fatte. Le loro divise, in particolare quella della vicepresidentessa, sono estremamente scollate, e le loro gonne sono super striminzite, per non lasciare spazio all’immaginazione, ma solo alla vista. Abbigliamento che farebbe rabbrividire qualunque femminista sul pianeta.

Prison School: l’intreccio

Prison School: la recensione

In questo quadro di reciproci stereotipi, le azioni dei ragazzi diventano il motore dello scorrere degli eventi. Il piano di Kiyoshi e Gakuto per fuggire verrà perfezionato di giorno in giorno. Il primo vuole presentarsi all’appuntamento con Chiyo, l’unica studentessa, oltre Anzu, che crede nella bontà dei ragazzi; il secondo vuole ottenere un’action figure delle “Cronache dei 3 regni”, disponibile nel mercato solo una volta ogni quattro anni.

Nel frattempo gli altri tre ragazzi subiscono passivamente i soprusi e la violenza, in particolare André. Il più robusto dei cinque, infatti, gode nel venire picchiato dalla vicepresidentessa, e farà di tutto per cercare di ottenere una punizione. Joe è invece interessato solo alle sue amate formiche, alle quali ha anche dato un nome. Shingo, invece, vuole attirare l’attenzione di Anzu, una studentessa del secondo anno.

Tra gag, incomprensioni e piani strampalati, procede la prigionia dei cinque ragazzi, ognuno con le proprie caratteristiche e le proprie ossessioni. Ciò che li accomuna è la passione per le ragazze, ma anche un forte senso di amicizia, che tuttavia verrà messo alla prova in più occasioni. L’Associazione segreta studentesca, nel frattempo, escogita un piano per incastrare i ragazzi e cercare di farli espellere.

Violenza, volgarità, stereotipi, ma anche valori come amicizia e amore vengono mischiati perfettamente in questo anime v.m. 14. C’è chi storce il naso, gridando alla banalità e al luogo comune e chi, al contrario, lo reputa geniale e divertente. Prison School è, in realtà, un mix di entrambe le versioni. Non si può infatti certamente dire che l’originalità spicchi. Alcune gag sono scontate, ma funzionano proprio per la loro prevedibilità. Altre, invece, sono del tutto inaspettate, data la loro esagerazione. Tuttavia il genio di Hiramoto è pienamente percepibile, soprattutto per il modo in cui viene trattato il tema della lotta tra sessi.

Prison School: conclusioni

È solo nell’ultima puntata che si scoprirà la sorte dei cinque prigionieri, i quali, sotto sotto, hanno conquistato il cuore delle tre terribili donne. Complice il preside, che porrà loro una domanda cruciale, attraverso la quale la loro permanenza nella scuola potrà essere confermata o posta fuori discussione. Una domanda alla quale, come da copione, solo un uomo con la passione per il sesso opposto potrà essere in grado di rispondere.

Prison School è, in conclusione, un anime (e un manga) imperdibile. Mai, infatti, il tema del rapporto e della lotta tra uomo e donna era stato trattato in questi termini. I ruoli che si ribaltano, gli stereotipi funzionali, la violenza estrema e la volgarità fungono da recettori tra i due sessi. E, se qualcuno dovesse sentirsi offeso, in realtà non dovrebbe.

Perché Prison School non vuole dare un modello di comportamento, ma solo ironizzare sull’eterna lotta tra i sessi, in modo estremamente ricercato.

Prison School

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Narrazione ben costruita
  • Ottimo sviluppo dei personaggi

Lati negativi

  • Leggermente scontato
  • Stereotipi un po' eccessivi

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