Quando l’azione annoia, recensione di The Accountant – FilmPost
The Accountant di Gavin O’Connor racconta la storia di Christian Wolff (Ben Affleck), genio della matematica affetto da autismo, che svolge sotto copertura il lavoro di contabile per diverse organizzazioni criminali. Sullo schermo si susseguono i flashback del piccolo Christian (dalla vita familiare agli allenamenti con il padre), la storia parallela dei due detective del tesoro che gli danno la caccia e dell’assassino che sarà incaricato di ucciderlo. Sono molti i personaggi di contorno le cui vicende si intrecciano a quelle del protagonista, intreccio che risulta talmente contorto da rendere inutilmente complessa una trama semplice. Dal punto di vista tecnico il film è discreto: la regia funziona, gli effetti speciali sono buoni, le scene d’azione sono ben fatte e la recitazione discreta (sembra quasi che la sindrome del protagonista voglia giustificare il volto mono-espressivo di Affleck) ma ad affossare il film è la sceneggiatura; voler infittire la storia con miriadi di sotto-trame non rende e il risultato è abbastanza scadente, i colpi di scena sono palesi e prevedibili (alcuni talmente forzati da risultare ridicoli). The Accountant non è il solito action movie americano ma resta un film mediocre, l’adrenalina muore sul nascere a causa dello svolgimento lento e fumoso della storia e arrivati alla conclusione non si prova nulla, né soddisfazione né sollievo, perché? Perché il film non attira, non coinvolge e non lascia il fiato sul collo. L’idea di un protagonista autistico, capace di sfruttare le sue capacità mnemoniche in un contesto come questo, è interessante e poteva essere un’ottima base per fare qualcosa di diverso ma la caratterizzazione del personaggio si perde negli stereotipi e in una resa scialba. Poteva essere una buona occasione per offrire un prodotto diverso, occasione buttata via purtroppo.
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