After Life 2: recensione della seconda stagione della serie con Ricky Gervais
Ricky Gervais torna a scrivere, dirigere e interpretare la seconda stagione del famoso show Netflix
L’anno scorso Ricky Gervais sorprese tutti. Dopo circa tre anni di assenza dai riflettori, con la collaborazione di Netflix pubblicò After Life. Una serie a metà tra il dramma e la black comedy che ottenne grande successo, sia di pubblico che di critica. Il finale della prima stagione però, non lasciava presagire un ritorno per una seconda. Ciononostante, il suo protagonista, Tony, aveva ancora qualcosa da dire e così Netflix ha rinnovato la collaborazione per After Life 2, di cui vi proponiamo la nostra recensione.
Gervais ha sempre fatto del black humour una delle sue armi principali ed è sempre stato un personaggio senza troppi peli sulla lingua. Basti guardare come ha condotto questo anno i Golden Globe. Questo è stato uno dei punti di forza di After Life, trattare un argomento difficile come la morte, tramite la comicità. Scritta, diretta ed interpretata dallo stesso Gervais, After Life racconta la storia di Tony e il suo tentativo di superare la morte della moglie. Se la prima stagione è considerata un piccolo gioiello e a prima vista sembrava un prodotto auto conclusivo, questa seconda stagione si rivela riuscita, dando l’ennesima prova della bravura e delle capacità artistiche di Ricky Gervais.
Indice
- Il problema dei sequel
- Il vero significato dell’After Life
- I personaggi secondari
- Analisi tecnica
- Considerazioni finali
Il problema dei sequel – After Life 2, la recensione
La prima stagione di After Life era perfetta così. Aveva un inizio e una fine e guardandola risulta evidente che fosse auto conclusiva e che nei progetti iniziali di Gervais non fosse contemplata una seconda stagione. La domanda che quindi sorge spontanea prima di approcciarsi al sequel è: ce n’era bisogno? La risposta è no. Nell’industria cinematografica moderna quella di produrre sequel per ogni prodotto è una tendenza ormai ben consolidata. Determinati film e serie, al momento della loro scrittura, vengono pensati già come prima parte di un qualcosa di più grande. Se in determinati casi il sequel è ben accetto (Terminator, Alien), in altri risulta solo un tentativo di battere il ferro finché è caldo, producendo seguiti che hanno come scopo principale l’incasso (vedasi la nuova trilogia di Star Wars).
La prima stagione di After Life raccontava il modo in cui un uomo affronta la morte della moglie, il suo percorso di accettazione del lutto e infine il tentativo di riscoprire la felicità. Un cerchio che si chiudeva perfettamente. Detta così, una seconda stagione potrebbe apparire solo come un tentativo di sfruttare un prodotto di successo per guadagnare qualcosa in più, ma fortunatamente non è questo il caso. Ricky Gervais è riuscito a dare senso ad un sequel che sembrava non averne, fornendo una serie che si collega perfettamente e con coerenza a quanto visto prima. La risposta alla domanda non cambia, non ce n’era bisogno, ciononostante After Life 2 riesce a stupire.
Il vero significato dell’After Life
“After life” significa dopo la vita e la prima stagione girava intorno al tentativo di Tony di dare un senso alla propria esistenza dopo la morte della moglie. Lisa era il motivo per cui Tony andava avanti, incarnando il concetto di vita stessa, ma dopo la fine di quella che noi definiamo la nostra vita, cosa resta? Vale la pena continuare? Queste domande spingevano il protagonista ad andare avanti facendo qualunque cosa gli passasse per la testa, senza curarsi di cosa o chi gli girasse intorno avendo come via di uscita il suicidio. In questa seconda stagione, tutto viene capovolto. La domanda iniziale era perché continuare a vivere; ora la prospettiva cambia, portando il protagonista a chiedersi come farlo. Tony, diversamente da quanto lasciato intendere nel finale della prima stagione, non si sente a proprio agio con se stesso e non è riuscito a superare la morte della moglie.
Ciononostante prova ad andare avanti cercando di essere d’aiuto per gli altri. Si rende conto di non essere solo e di avere ancora tante persone che tengono a lui. Riversare odio e rabbia sugli altri non ti fa sentire meglio, ma sostenere chi ha fatto lo stesso con te è un modo per dare nuovo senso alla propria vita. Uno dei “problemi” della precedente serie era il finale; il protagonista si rendeva conto dei propri errori e cambiava prospettiva. Il tutto però risultava piuttosto semplice e sbrigativo. Il primo passo verso il miglioramento di se stessi è acquisire consapevolezza dei propri sbagli, ma non basta questo per porre rimedio ai problemi e il viaggio è ancora lungo. Così in questa seconda stagione ci viene mostrato il percorso di redenzione del protagonista e il suo tentativo di ritornare a vivere, dopo la vita.
I personaggi secondari – After Life 2, la recensione
Uno dei pregi di questa seconda stagione sono i personaggi secondari. La prima parte di After Life introduceva dei personaggi esilaranti e che avevano un ruolo importante nel percorso intrapreso da Tony. Nella seconda questi vengono approfonditi ancora di più e ognuno di loro ha una propria storia e un proprio background ben definito. Il tutto poi è perfettamente amalgamato con la trama della serie. Spesso in alcuni prodotti i personaggi secondari fungono da riempitivo per i momenti morti e sono solo un modo per interrompere la linea narrativa principale, dando una pausa al ritmo della serie. In After Life 2 ciò non accade, rendendoli uno dei suoi punti di forza.
Nella prima stagione la loro presenza era funzionale alla crescita del protagonista che vi riversava contro la propria rabbia e nel farlo dava vita a scene esilaranti, ma il ruolo che avevano all’interno della serie si limitava a questo. Adesso invece il tutto è mostrato da un’angolazione diversa. Tony acquisisce una visione nuova della vita e nel farlo cambia il suo modo di essere. Di conseguenza, si rende conto di non essere l’unico ad avere momenti bui e nel tentativo di aiutare gli altri, scopre tanti lati dei suoi colleghi che prima ignorava. Il punto di forza dei personaggi secondari non è la loro scrittura che era già brillante nella prima stagione, ma il modo in cui questi prendano maggiore importanza nella serie andando ad intrecciarsi perfettamente con ciò che accade al suo protagonista.
Analisi tecnica – After Life 2, la recensione
Ricky Gervais oltre a scrivere ed interpretare la serie, come nella prima stagione, è anche il regista. Dal punto di vista registico non c’è molto da dire, il tutto è chiaro e lineare come dovrebbe essere una serie del genere e non vi sono grandi difetti, fatta eccezione per una singola scena. In questa scena il volto di un personaggio è palesemente “incollato” su quello di un altro attore e il risultato è decisamente scadente. Fortunatamente il tutto dura davvero pochi secondi e non si può nemmeno considerare un difetto, essendo una tale minuzia. La qualità della serie infatti non è data dalla regia, ma dalle interpretazioni e dalla scrittura che, però, non raggiunge comunque i livelli della prima stagione. Gervais, come già fatto in passato, riesce a coniugare estremamente bene la comicità e il dramma, dando vita a situazioni esilaranti e dialoghi geniali.
Ciò che colpisce ancora di più poi, è la prova attoriale di tutti gli interpreti e in particolare del protagonista che ancora una volta riesce a far commuovere e ridere con una facilità disarmante. Purtroppo però nulla è perfetto e la serie non è priva di pecche. Quella più palese è la ripetitività di alcune scene. Intendiamoci, grazie alla cura che è stata riservata ai dialoghi non capiterà mai di annoiarsi. Nel corso della serie, però, vengono mostrate più volte situazioni identiche tra loro che differiscono unicamente per uno dei personaggi coinvolti e in determinati casi neanche per quello. Il problema purtroppo è alla base e nasce dall’idea di fare un seguito. Per quanto questa seconda stagione presenti una storia nuova e credibile, il rischio di cadere nel già visto era inevitabile.
Considerazioni finali – After Life 2, la recensione
L’anno scorso After Life ha sorpreso tutti e una seconda stagione era sicuramente una mossa azzardata. Fare un seguito di un prodotto così amato e con un suo finale, rischiava di essere qualcosa di superfluo e ripetitivo e così è stato, almeno in parte. La seconda stagione approfondisce il finale della prima e dà una chiusura più completa a quello che è il percorso di Tony. I dialoghi sono originali e brillanti, le interpretazioni perfettamente credibili e la trama porta avanti coerentemente ciò che è stato mostrato nella prima stagione. Tutte queste caratteristiche rendono la serie un prodotto di alta qualità.
In alcuni momenti la ripetitività si fa sentire e anche se non rende la visione pesante, non è di certo un pregio. Ciononostante Ricky Gervais è riuscito a dare nuova linfa ad un prodotto che sembrava concluso, senza snaturarlo. Bastava davvero poco per mandare in frantumi quanto raccontato precedentemente e la bravura del suo creatore è stata proprio nell’evitarlo. La seconda stagione di After Life è il miglior sequel che potessimo desiderare e il suo unico difetto è, appunto, l’essere un sequel.
After Life 2
Voto - 8
8
Lati positivi
- Porta avanti la storia in maniera coerente
- Interpretazioni e dialoghi brillanti
Lati negativi
- Eventi e situazioni simili ripetuti più volte nel corso della serie