Revenge room: analisi e recensione del corto sul revenge porn – Venezia 77
Condensato in meno di 20 minuti, un incubo sociale che troppe donne vivono quando l'amore finisce
L’adolescente Federica ha chiuso le porte della sua camera da letto e si dispera. Davide, il ragazzo di cui era innamorata ma che ha deciso di lasciare, le ha causato molta sofferenza: ha pubblicato foto e video porno che la ragazza gli aveva inviato. Da quel momento, Federica viene esclusa dalle amiche e viene etichettata dai ragazzi come poco di buono, ricevendo decine di messaggi volgari. A soccorrere Federica e Davide arrivano due figure che, in 15 minuti, promettono loro di risolvere l’incubo in cui sono finiti. Questa è al recensione di Revenge room, cortometraggio italiano prodotto da Rai e diretto da Diego Botta.
Fanno parte del cast Eleonora Gaggero (Fratelli unici, Come diventare grandi nonostante i genitori), Luca Chikovani (Lazzaro felice), Violante Placido (Lezioni di cioccolato, Ghost rider) e Alessio Boni (Non sono un assassino, La ragazza nella nebbia). La storia di Revenge room è nata dalla penna di Alessandro Diele, vincitore del contest “La realtà che non esiste”. Per la prima volta, Diele dirige un film di cui non ha firmato la sceneggiatura. Il corto è stato presentato come evento speciale alla 77a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia ed è disponibile su RaiPlay.
Indice
- Una storia transmediale
- Vendetta, a che prezzo?
- Non distruggiamo il bene che facciamo
- Educazione digitale
- Considerazioni finali
Una storia transmediale – Revenge room recensione
Il corto è considerato transmediale, in quanto può essere fruito in tre modalità differenti. La prima è come cortometraggio lineare diretto da Diego Botta, film che prevede la visione da parte di un pubblico di spettatori. La seconda è come prodotto in Virtual Reality 360°, e qui la regia è di Gennaro Coppola; il prodotto è inserito nel programma di Videocittà di Roma, il Festival della Visione, e anche sulla App Rai Cinema Channel VR. L’ultima possibilità è il video mapping narrativo, realizzato dal Rufa in collaborazione con la società di VFX Direct 2 BRAIN. Si tratta di una particolare forma di Realtà Aumentata in cui il coinvolgimento di chi guarda non è solo emotivo, ma diventa anche sensoriale. Grazie all’uso della tecnologia, si sceglie la superficie da mappare (cioè sulla quale proiettare), e viene costruito uno show in base alla superficie disponibile.
È possibile fruire di quest’ultima modalità a Roma in un evento legato al revenge porn. In questo quadro, vediamo come lo spettatore sia il vero protagonista, unitamente al messaggio che vuole far passare la storia. Il percorso di come la narrazione transmediale si è sviluppata è molto interessante e permette di approcciarsi al cinema in un modo sempre nuovo. Infatti, attraverso diversi tipi di media, si perfeziona e integra l’esperienza dell’utente con nuove informazioni. Ogni medium, quindi, veicola informazione diverse e sviluppa la storia. In questo modo l’utente è chiamato a ricostruire il significato complessivo di un’opera integrando i vari media. Un esempio pratico: il media di partenza potrebbe essere una saga cinematografica, e quelli secondari dei video games, una serie di libri e fumetti e giochi di ruolo. Parliamo in questo caso di Star Wars.
Vendetta, a che prezzo? – Revenge room recensione
Quelle foto, quei video, quando hanno cominciato a girare e le mie amiche hanno cominciato a guardarmi come se avessi una malattia.
Con l’immediatezza del web e la messaggistica online, è facile condividere una foto o un filmato. Accade anche con materiale a sfondo sessuale che dovrebbe rimanere privato, e che invece un componente della coppia decide di diffondere. Questo è il revenge porn, che nasce dal desiderio di vendetta che elude il consenso del partner. L’atto di pubblicazione è considerato violenza sessuale; infatti la legge italiana prevede che chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati e senza il consenso delle persone rappresentate, debba essere punito con la reclusione da 1 a 6 anni e multato da 5.000 a 15.000 euro.
Se a questo fenomeno è stato dato un disegno di legge, significa che i casi sono stati molteplici; talvolta sono gli uomini che compie violenza sulla donna, la quale viene estromessa dalla sua quotidianità. Amicizie che si rompono, paura di mostrarsi in pubblico come se “tutti sapessero”, e tanta vergogna. Ma vergogna per cosa, esattamente? Per aver condiviso dei momenti di intimità con quello che si considerava il proprio partner? Per aver accettato (o proposto) di realizzare scatti e video piccanti che sarebbero dovuti rimanere privati?
Non distruggiamo il bene che facciamo
Federica è distrutta quando scopre quello che Davide ha fatto quando lei l’ha lasciato, e non riconosce la persona che ha amato e che ora l’ha tradita. Il corto vuole lanciare il messaggio che un gesto d’impulso, se condiviso sul web, può avere ripercussioni serie. E se anche qui la parte maschile pronuncia la frase terribile “comunque se l’è cercata”, ripetuto in tanti ambiti quando si tratta di violenza sulle donne, allora non resta alle donne che una cosa: cercare di adattarsi ad una società sbagliata, in cui la privacy non è tutelata in alcun modo. Ma l’errore sta a monte e risiede nel comportamento umano; per questo non dovremmo permettere alla rabbia, alla gelosia e agli impulsi di avere la meglio su di noi.
Avrebbe dovuto pensarlo anche Davide, che subito dopo aver inviato il materiale pornografico ai suoi contatti si è pentito. Peccato che la reputazione della ragazza che dice di amare ancora sia compromessa per sempre. Parla il regista: “Sul revenge porn sapevo quello che sanno tutti, a partire da quegli episodi più drammatici di cronaca, che hanno portato a dei suicidi”. Mi rendo conto che il mondo è cambiato molto, si è evoluto”. I social e le chat sono ambienti in cui ci sono le nostre identità digitali, di cui non abbiamo più il controllo: la nostra identità sta tra quello che siamo in realtà e quello che ci raccontiamo all’esterno. In questo mondo la reputazione è sempre più importante e sempre più fragile, essendo alla mercé di commenti e insulti gratuiti. Immaginiamoci quando succede per dei contenuti che sono privati.”
Educazione digitale – Revenge room recensione
Un tempo una coppia finiva una storia d’amore con gli insulti e poco più, e dicevi all’amico: quella è una stronza. Oggi basta un clic e un’immagine mandata per giocare insieme diventa un’arma. Non abbiamo un’educazione. Abbiamo strumenti che non riusciamo ad arrestare. Il protagonista dice: io volevo fermare tutto ma non ci sono riuscito.
Diego Botta racconta una società che non ha ricevuto un’educazione digitale. Siamo stati sommersi da innumerevoli dispositivi e modi nuovi di comunicare, forti di una tecnologia in continua evoluzione. Ma non riusciamo davvero a controllarli. Sarà capitato a tutti di sbagliare almeno una volta chat nell’invio di un messaggio. Davide invece lo fa di proposito, invia i video intimi di Federica e da quel momento non è possibile tornare indietro. Sul web tutto circola velocemente, e se il soggetto ha un certo seguito è facile che sia vittima di derisioni e insulti. Davide e Federica pagano così una mancata “guida all’utilizzo”, che in questo caso ha anche ripercussioni legali.
Il revenge porn non avrebbe la stessa efficacia se non esistessero piattaforme sulle quali attuarlo. Uno studio della European Women’s Lobby stima che in America una persona su 25 è stata vittima di revenge porn, in Inghilterra e in Australia una persona su 3 e in Europa circa 9 milioni di ragazze hanno subito una forma di violenza online prima dei 15 anni. Nei mesi di lockdown si è registrato in tutto il mondo un aumento dei casi di “vendetta porno”. Si stima che ogni giorno 53mila iscritti a chat si scambino immagini intime di migliaia di ragazze, anche minorenni, senza il loro consenso, con commenti denigratori, materiale pedo-pornografico, incitazione allo stupro e legittimazione del femminicidio.
Considerazioni finali – Revenge room recensione
Revenge Room racconta una piaga sociale in forma di thriller.
Mi è piaciuta la descrizione di queste stanze come delle escape room. Ho cercato di fare un racconto psicologico ed emotivo, ma all’interno di due escape room, che ho pensato un po’ plastiche: sono anche quelli due mondi virtuali. Tutto questo per entrare, fin dalle prime inquadrature del film, nel mondo delle storie di Instagram, dei social. Oltre ai due ragazzi, ci sono due personaggi misteriosi: ho utilizzato alcuni elementi del thriller per caricare le emozioni e il peso psicologico di chi lo vive. Quando ci sei dentro è un incubo, anche per chi non riesce a fermare tutto. È un incubo sia quello che succede a Davide sia quello che vive lei. Una stanza è speculare all’altra. E in entrambe la dinamica è tale che l’attore adulto conduca il giovane, il quale si lascia guidare. Volevo alternarli in un certo modo e mettere i ragazzi in montaggio alternato come se si parlassero tra loro, come se si dicessero le cose che non si sono mai detti. Come se dicessero: Ma cosa hai fatto? Ma io non volevo.
Il corto si rivolge a tutti i target di spettatori, anche i non amanti dei lungometraggi. Interessante la scelta di coinvolgere canali di distribuzione diversi. Peccato per la mancanza di tempo per approfondire la psicologia dei personaggi e conoscere lo sviluppo della storia. Sarebbe stato utile capire meglio anche il ruolo dei due adulti interpretati da Placido e Boni, perché i personaggi sembrano venir fuori dal nulla e non sappiamo molto di loro. Nel complesso, il corto è un prodotto da vedere per riflettere su un tema importante.
Revenge room
Voto - 6
6
Voto
Lati positivi
- Mette in luce un grave problema sociale
- Essendo breve, può agganciare anche chi non ama particolarmente guardare film
Lati negativi
- Troppo breve per permettere un approfondimento
- Alcuni aspetti non sono chiari