Rivolta in ufficio: recensione della nuova commedia messicana targata Netflix
La recensione dell'esordio cinematografico del regista Carlos Morett
Rivolta in ufficio è l’esordio cinematografico sul grande schermo di Carlos Morett, regista e sceneggiatore messicano. A distanza di dieci anni dalla sua ultima apparizione dietro la cinepresa (con il cortometraggio Morphos), il regista decide di proporsi al grande pubblico con una commedia dai tratti demenziali. La produzione, interamente targata Netflix, è stata resa disponibile sulla piattaforma streaming a partire dal 20 maggio 2020; essa annovera attori molto conosciuti del panorama latinoamericano, come ad esempio Barbara de Régil e Alejandro Suarez. L’opera in questione si focalizza sul mondo del lavoro e le sue contraddizioni, giocando con situazioni comiche e al limite del parossismo. Approfondiamo le tematiche di Rivolta in ufficio in questa nostra recensione.
Prima di approdare in rete, il film era stato distribuito nelle sale del Messico il 28 febbraio 2020. Al botteghino non ha avuto molto successo e tale fallimento rappresenta un po’ lo specchio di questo contenuto cinematografico. Il lungometraggio ha tantissimi problemi e possiamo fin da subito dire che l’approccio al mezzo cinematografico da parte di Morett è stato quanto mai incauto. Il risultato è infatti una pellicola mediocre, vuota e senza alcun valore artistico, con evidenti difetti in tutte le sue componenti. Ma entriamo subito nel vivo della recensione parlando della trama di Rivolta in ufficio.
Indice
La trama: Rivolta in ufficio recensione
Omar Buendia (Gustavo Egelhaaf) è un giovane messicano scapestrato, che gira per Città del Messico travestito da smartphone in vista di follower sui social network. Dopo l’infarto di suo nonno (Alejandro Suarez), che l’aveva spronato a trovare un posto fisso, deciderà finalmente di cercare un lavoro al fine di pagargli le cure mediche. Fortunatamente, dopo molti colloqui andati a vuoto, verrà assunto da una ditta di comunicazioni: la Relo Tech. Qui inizierà a lavorare sotto la supervisione della dottoressa Tania Davich (Barbara de Régil), dirigente dell’azienda. In questo modo farà anche la conoscenza della sua assistente, la giovane e bella Maribel Gandía (Anna Carreiro), della quale si innamorerà perdutamente. Tuttavia non è tutto oro quello che luccica e Omar, prima di ottenere un contratto a tempo indeterminato, dovrà presentare un progetto innovativo al C.d.a, superando così il periodo di prova.
Nel corso del suo lavoro incontrerà Quique (Carlos Macias Marquez) e Hugo (Cesar Rodriguez), due programmatori e sviluppatori di app appassionati di fumetti. Con loro Omar legherà fin da subito, instaurando una sana amicizia a partire dalla seconda settimana. In questo contesto sereno e disteso, il nostro protagonista concepirà un’idea innovativa per una nuova applicazione e, contemporaneamente, otterrà l’apprezzamento dell’amministratore delegato (il vecchio Braulio interpretato da Fernando Becerril), dopo averlo aiutato nel corso di uno dei suoi attacchi di claustrofobia. Ma la situazione cambierà repentinamente a causa del dirigente Roberto Davich (Mauricio Arguelles), fratello di Tania, che fa il doppio gioco a vantaggio della Krea Tecna, rivale della Relo Tech. Egli farà qualsiasi cosa per mettere i bastoni fra le ruote a Omar, il quale però non si arrenderà neanche davanti ai tradimenti. Come finirà?
Un contenuto caotico e dispersivo: Rivolta in ufficio recensione
Rivolta in ufficio, il cui titolo italiano ha poco a che vedere con la trama del film, è un’opera dai molteplici difetti. Il lungometraggio vorrebbe essere una commedia giovanile e originale, ma al contrario si concretizza in una sequela costante ed interminabile di cliché. I temi affrontati sono molto classici: il posto fisso, la storia d’amore tra ragazzi timidi, i paradossi dell’ambiente lavorativo, la lotta di classe e il valore degli affetti; tutte tematiche che se trattate sapientemente potrebbero coinvolgere positivamente lo spettatore. Tuttavia Morett non ci riesce neanche una volta, ma anzi si perde costantemente in gag demenziali irreali, noiose, ripetitive, volgari e omofobe. In aggiunta il tutto è trattato con una superficialità stupefacente che non solo abbassa il livello della narrazione, ma spesso la rende caotica e futile.
Si capisce infatti che la pellicola non è stata ben pensata poiché tutti i temi sovrariportati sono abbozzati o relegati in due o tre scene; anche l’impalcatura della tematica amorosa è fragilissima, dal momento che si passa dal tradimento all’amore in brevissimo tempo. La storia sembra seguire dall’inizio alla fine dei binari prestabiliti e le situazioni prospettate o ipotizzate dal pubblico si avverano con una precisione disarmante. Non ci sono colpi di scena e purtroppo non si ride mai. Questo è un grandissimo difetto del film, che dovrebbe invece essere una commedia: un genere orientato a suscitare il riso dello spettatore. Pertanto Morett realizza un esordio fallimentare poiché crea un lavoro dispersivo, dove le scene sembrano sovrapporsi l’una dietro l’altra senza un preciso ordine. Regna dunque il caos assoluto in questo lungometraggio, destinato a imbarazzare o irritare lo spettatore conformemente al suo carattere.
Il lato tecnico: Rivolta in ufficio recensione
Procediamo nella recensione di Rivolta in ufficio approfondendo il lato tecnico dell’opera. Tecnicamente il film è di basso livello e al di sotto della media dei prodotti Netflix, soprattutto a causa di un comparto registico deficitario in numerosi aspetti. Morett non padroneggia assolutamente il mezzo filmico e adotta una regia ingenua e mal calibrata, dedita all’abuso del campo e controcampo e del dolly zoom. Inserisce ralenti, carrellate a precedere, long take e dutch angle senza che ve ne sia bisogno e insiste eccessivamente sui primi piani. Dall’altro lato anche il montaggio e il découpage si rivelano deludenti e sincopati, intaccati da un’ossessiva frammentazione delle scene. La fotografia rappresenta un altro punto debole della produzione poiché risulta eccessivamente patinata ed incapace di armonizzarsi con gli effetti speciali.
Questi sono forse i peggior difetto dell’intero lungometraggio, poiché non solo appaiono realizzati in maniera grossolana, ma sono a tratti veramente inutili. Un’altra nota di demerito va spesa nei confronti del cast e delle loro performance attoriali; tutti quanti gli interpreti hanno offerto alcune delle loro peggiori prestazioni e Gustavo Egelhaaf ha confermato lo scetticismo di coloro che ne mettevano in dubbio le qualità attoriali. La scenografia è mediocre sotto tutti i punti di vista e viene inficiata dalla quantità abnorme di pubblicità occulta. L’unico elemento che si salva è forse la colonna sonora perché, nonostante risenta di alcune situazioni meta-cinematografiche infruttuose, riesce in qualche frangente ad aumentare l’impatto visivo delle sequenze. Infine non si comprende bene l’omofobia della pellicola, la quale tratta solo questo argomento col sarcasmo: l’arma ironica forse più potente, ma qui anche la più becera e fuori luogo.
Considerazioni finali: Rivolta in ufficio recensione
Nella conclusione della nostra recensione di Rivolta in ufficio vogliamo sottolineare come il film si qualifichi come insoddisfacente e mediocre. Esso fallisce praticamente in tutto, tratta gli argomenti con superficialità e non riesce mai a far ridere; i cliché abbondano e non vi è alcunché di originale. In certi casi la pellicola è addirittura diseducativa, quando per esempio insiste sulla critica insensata all’omosessualità o banalizza temi come il mobbing. A questo quadro già di per sé non roseo si aggiungono i problemi tecnici, che amplificano esponenzialmente le pecche evidenti della produzione. Essa è probabilmente la delusione più grande giacché ci troviamo davanti ad un colosso come Netflix, capace di creare contenuti nettamente superiori a quello in questione.
La valutazione dell’opera non può quindi che essere bassa alla luce di quanto detto precedentemente. Le lacune sono evidenti sotto tutte le possibili angolazioni e perciò il debutto cinematografico di Morett pare molto grezzo. Il vuoto narrativo ed interpretativo resta macroscopico e, si badi, neanche il citazionismo a “La febbre del sabato sera” sembra in grado di coprirlo o quanto meno limitarlo. Concludendo la nostra recensione di Rivolta in Ufficio esprimiamo dunque un giudizio fortemente negativo e ci troviamo totalmente d’accordo con le stroncature della critica.
Rivolta in ufficio
Voto - 3
3
Lati positivi
- La colonna sonora
Lati negativi
- Pessima sceneggiatura
- Prove attoriali mediocri
- La sommessa omofobia
- L'imperante superficialità e prevedibilità delle situazioni