Rustin: recensione del biopic Netflix con Colman Domingo
Su Netflix la storia vera dell'attivista Bayard Rustin con protagonista Colman Domingo
Rustin, disponibile su Netflix dal 17 novembre 2023, diretto da George C. Wolfe e tra i titoli più attesi della piattaforma streaming è la storia vera di Bayard Rustin, pionere statunitense del movimenti per i diritti civili, per i diritti degli omosessuali e per la non violenza. Una storia poco nota e una figura troppo poco conosciuta, organizzatore della marcia su Washington. Dal protagonista Colman Domingo a Chris Rock, da Aml Ameen a Jeffrey Wright, fino a Gus Halper, Michael Potts, Lilli Kay, Carra Petterson e molti altri, la produzione esecutiva è della Higher Ground Productions, società fondata da Barack e Michelle Obama. George C. Wolfe vede così nel suo Rustin (qui il trailer) la seconda collaborazione con Domingo, insieme a un grande cast e a un team di tutto rispetto.
Indice
Trama – Rustin, la recensione
Bayard Rustin è negli anni 40 che inizia il suo attivismo legandosi al movimento non violento, appartenente alla fede quacchera e da sempre sostenitore di una filosofia pacifista. La sua lotta per i diritti civili, insieme all’aiuto di King, culmina nella decisione e poi organizzazione della celebre marcia su Washington, un evento precedentemente costellato di dispute, minacce e rischi di rimanere vivi. Mentre razzismo e omofobia continuano a imperare senza sosta, Bayard, che non ha mai realmente tenuto nascosta la sua omosessualità è costretto, fin troppo, a farsi da parte, considerato attaccabile e sconveniente: si temeva che la causa si sarebbe trasformata in un fenomeno mediatico contro omosessuali dalle idee socialiste, essendo Bayard stato iscritto da giovane al Partito Comunista Americano e arrestato nel 1953 per omosessualità. Trovando inizialmente solo l’appoggio di King, nell’organizzazione della marcia Bayard mette anima e corpo, lavorando giorno e notte, in una collaborazione dove non esiste né ha senso l’odio di razza. Lontano dai riflettori, costretto a guardarsi continuamente le spalle, in un privato che sarebbe diventato subito pubblico, riesce a rendere la marcia uno dei momenti più importanti della storia degli Stati Uniti d’America e del mondo intero, rimanendo uno dei più importanti e meno conosciuti attivisti statunitensi.
Un biopic politico, sociale e personale – Rustin, la recensione
Una sequenza d’apertura capace di coinvolgere dalla primissima inquadratura e che mostra come leggi e riforme non siano mai il vero punto di arrivo del cambiamento, ma solo un lento e a volte inesorabile inizio. Rustin è la storia dell’attivista statunitense per i diritti civili e per i diritti degli omosessuali, e sostenitore della non violenza. Contro le posizioni “separatiste” di altri movimenti che combattevano per mettere fine alla segregazione razziale e alla discriminazione degli afroamericani, era un personaggio ritenuto estremamente scomodo, un uomo che non aveva mai nascosto la propria omosessualità per la quale venne arrestato nel 1953 e che organizzò la marcia su Washington. Quando 250.000 persone ascoltarono il famoso discorso di Martin Luther King, “I have a dream“. Un personaggio forse troppo complesso, troppo poco conosciuto, un uomo che ebbe innumerevoli vite e più volti. Una figura che era ambizioso raccontare in un film. L’esigenza e la percepibile necessità di voler dare giustizia a un attivista fondamentale nella lotta per i diritti civili, fanno del film un omaggio, una celebrazione, rischiando di trasformarlo in quei prodotti biografici che si assomigliano tra loro sempre di più.
Un biopic che ha la responsabilità di essere un prodotto politico, sociale e personale e che decide, con un ottimo risultato cinematografico, di concentrare la narrazione sull’organizzazione della marcia, con poche e spesso frettolose sequenze volte invece a presentare l’uomo. Dove a saltare all’occhio è la magistrale interpretazione di Colman Domingo, già acclamato per le sue interpretazioni sul grande schermo come Selma – La strada per la libertà, Se la strada potesse parlare, Ma Rainey’s Black Bottom e sul piccolo schermo anche in Euphoria. Un film che fonda il proprio risultato e la propria riuscita sul personaggio protagonista, su una recitazione disinvolta, convincente, affascinante, persuasiva e ammaliante. Ecco che nella seconda metà della pellicola, storia e trama si riprendono ed è chiara la commozione finale, nel trionfo di un progetto che ha visto continue opposizioni, difficoltà e pericoli, ma mai rassegnazione. La marcia e la sua organizzazione sono così volutamente rappresentazione di un’omofobia e un razzismo che dilagano senza sosta, che non lasciano respiro e che sono tanto normalmente espliciti quanto rabbiosamente impliciti.
Conclusioni – Rustin, la recensione
Il film è così cadenzato dal continuo squillare dei telefoni, che può essere di vittoria o di un tentativo di sconfitta, dallo sferragliare senza sosta delle macchine da scrivere, da numeri che aumentano, mentre stazioni radio e studi televisivi non smettono di presentare Bayard come una sorta di mostro. Mentre Domingo recita con la voce, la gestualità, il tono, il linguaggio del corpo, i sorrisi sconnessi e fuori luogo e una sfrontata schiettezza, a funzionare maggiormente sono le scene dove gruppi di persone che lavorano insieme, in armonia, uniti dalla causa, nella confusione e nel rischio che ognuno di loro corre. Come le riunioni che si tengono tra gli organizzatori della marcia, prima e dopo che venne accettata la presenza di Bayard, tra personalità che oltre a King, vedono un brizzolato Chris Rock nei panni di Roy Wilkins e un brutale e provocatorio Jeffrey Wright nel ruolo di Clayton Powell Jr.. Il film è ricco di storia, di vita e di figure di spicco, e trova il suo punto massimo nella conclusione, nella folla al Lincoln Memorial, nel discorso che fece la Storia.
Rustin
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Magistrale interpretazione di Colman Doming
- Scene e sequenze corali intense e commoventi
Lati negativi
- Un racconto eccessivamente articolato