Servant: recensione della terza stagione della serie di M. Night Shyamalan
La serie Apple TV+ torna con dieci nuovi episodi che confermano tutto il buono visto in precedenza
Sono innumerevoli gli show televisivi che con il passare del tempo e delle stagioni mostrano leggeri segni di cedimento. Da Il Trono di Spade passando per Westworld, tantissimi titoli non hanno passato la prova del tempo o hanno deluso le aspettative con stagioni non ritenute all’altezza delle precedenti. Mettiamolo subito in chiaro: Servant 3, di cui vi proponiamo la recensione, non fa parte di questa categoria. Sembra tutt’altro, migliorando nel tempo e invecchiando come solo il vino può. La serie prodotta dal visionario M. Night Shyamalan sta risaltando ogni anno sempre più nel già eccellente catalogo di Apple TV+. Queste nuove puntate confermano le ottime premesse viste negli ultimi anni, portando ad un livello più alto ogni aspetto della narrazione e della messinscena. Ma dove eravamo rimasti?
Sono passati tre mesi da quando, alla fine della scorsa stagione, zia Josephine si è presentata a Philadelphia e a seminato il panico in casa Turner. Jericho è tornato e la situazione sembra essere sotto controllo e finalmente al sicuro. Leanne però non è tranquilla: quegli eventi hanno traumatizzato la sua psiche e adesso tutto le sembra ostile e riconducibile alla Chiesa dei Santi Minori. La ragazza sa bene che non può essere finita così. Proteggere se stessa e la sua nuova famiglia non è semplice quando aleggia nell’aria la possibilità di un nuovo attacco. Gli altri però non sono di questo avviso e hanno l’intenzione di godersi il più possibile il ritorno del piccolo di casa. Quando però Sean inizierà a preparare del cibo per alcuni senzatetto, la stabilità raggiunta con tanta fatica inizierà a cedere. Così come gli equilibri mentali di tutti i coinvolti.
Indice
Il macabro nel quotidiano – Servant 3 recensione
Era chiaro fin dall’inizio, dai primissimi episodi: Servant non era una serie dalla fruizione facile, lontana da ritmi forsennati e con uno sviluppo atipico. E ci si è sempre chiesti come poteva andare avanti un prodotto simile; dove avrebbe trovato gli stimoli e le forze per risultare sempre interessante. Le risposte sono molte ma principalmente due tra esse sono quelle che rendono lo show scritto da Tony Basgallop uno dei fiori all’occhiello di Apple TV+. La prima è la più banale: il finale del pilot è talmente sconvolgente e ben costruito che è facile proseguire con la visione. Quello che però questa terza stagione mostra, ancor più delle due precedenti, è che quel pilot, così come quei twist che si susseguivano uno dopo l’altro, non erano nulla in confronto a quello che si poteva creare e comunicare giocando con la quotidianità dei Turner e manipolandola.
Lo avevamo già notato ma ora più che mai è evidente. Uno scricchiolio, un pianto, uno sguardo; così come la stessa casa, i rapporti con l’esterno e i piccoli gesti giornalieri. Tutto ciò, visto con la spietata lente indagatrice che contraddistingue il titolo, rende ogni singolo elemento inquietante e macabro. Anche una semplice preparazione di un piatto gourmet o una scena di ballo in soffitta. Nei migliori episodi (non che sia facile trovarne uno peggiore) è proprio questa normalità, ciò che sembra quieto, a generare, nella migliore delle ipotesi, un pervasivo senso di angoscia. Perché in Servant il normale e l’estraneo, il comune e il bizzarro, sono facce della stessa medaglia, sempre in dialogo e pronte a confluire l’una nell’altra.
La distorsione paranoica – Servant 3 recensione
Che ansia. Probabilmente è la frase che più spesso capiterà di esclamare durante i dieci episodi di questa terza tranches. È sorprendente – e non ci siamo mai abituati a ciò – riuscire ad intrattenere ed appassionare con qualcosa di estremamente anticlimatico. Basta solo sapere come farlo. Servant continua ad essere scritto divinamente. Ogni elemento è perfettamente dosato, calibrato al punto giusto e piazzato nel posto migliore al momento ideale; che sia un particolare focus nel corso della stagione o una sequenza all’interno della puntata. Con queste ultime puntatae, inoltre, cambia pesantemente lo sguardo sui Turner: due anni fa il fulcro era sempre Jericho e tutto sembrava gravitare attorno al bambino e al mistero legato alla sua vita; lo scorso anno, invece, era il culto, lo spirituale e l’azione a fare da padrone. Adesso la famiglia, il controllo, la paranoia.
Uno dei punti di forza della serie è però come questi aspetti vengono inquadrati, come si sceglie di mostrarli. La grande intuizione in una stagione così variegata, eterogenea e complessa è quella di cambiare per quasi ogni episodio il punto di vista. Non solo circa ciò che vediamo ma proprio quello di chi sceglie come mostrarcelo, attraverso l’obbiettivo di nove diversi registi (tra i quali, ancora una volta, spicca il talento di Ishana Shyamalan). E così lo stile si piega al contenuto, lo caratterizza e gli dona una forte identità ma non prevale, lasciando spazio al contesto ma potenziandone gli effetti. Così è sempre tutto diverso, pur restando uguale. Ciò che sembra però comune è una certa ottica deformante, attraverso la quale i volti, i corpi e gli oggetti mutano e acquisiscono nuovi significati.
Presente e futuro – Servant 3 recensione
Sono però ancora una volta i protagonisti a fare la differenza. Un cast che, stagione dopo stagione, ha dato sempre più prova delle proprie qualità, un affiatamento notevole e una chimica straordinaria. Se Rupert Grint dimostra di essere quello più a suo agio e Toby Kebbell è sempre preciso e impeccabile, sono i due principali personaggi femminili a risaltare, accendendo lo show. La Leanne di Nell Tiger Free e la Dorothy di Lauren Ambrose sono stupefacenti, sia insieme che singolarmente. E tutto passa da una sceneggiatura che valorizza pienamente gli interpreti: una scrittura che mette al centro la consapevolezza e l’indagine personale e psicologica dei protagonisti, che sia per una fede ritrovata, per una scoperta del proprio corpo, per l’accettazione di essere incapace di resistere alle tentazioni o di poter mettere in pericolo gli altri.
In una terza stagione che cresce di settimana in settimana, tutto pare ben strutturato e ben oltre le più rosee aspettative. L’unico neo che, al momento, fa storcere il naso è circa il suo futuro: se è vero che, specie nell’ultimo episodio, molti dei nodi vengono al pettine e alcuni elementi della trama vengono esplicitati, restano ancora tanti i dubbi da sciogliere e gli interrogativi sorti nel corso dei precedenti episodi. Concludiamo questa recensione di Servant 3 chiedendoci se riuscirà la serie Apple TV+ a stupire ancora una volta nella quarta e ultima stagione già confermata. Le premesse date dal season finale fanno ben sperare. La grande resa dei conti è ad un passo.
Servant 3
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- Un cast in perfetta forma: da Nell Tiger Free a Rupert Grint, ogni interpretazione è impeccabile
- La capacità di rendere inquietante e macabro anche ciò che potrebbe apparire convenzionale e quotidiano
- La regia diversa per ogni episodio che conferisce una precisa identità in relazione all’oggetto trattato
Lati negativi
- Come ogni anno, il finale è aperto a innumerevoli possibilità: la sensazione che però resti poco tempo per rispondere a tutto è forte