Sound of Metal: recensione del film di Darius Marder su Amazon Prime Video
Riz Ahmed è un batterista sordo nel film d'esordio di Darius Marder
È arrivato nel catalogo di Amazon Prime Video venerdì 4 dicembre Sound of Metal, film di cui vi proponiamo la nostra recensione, esordio alla regia in un lungometraggio di finzione per Darius Marder. Marder firma la sceneggiatura col fratello Abraham da un soggetto di Derek Cianfrance. Cianfrance e Marder avevano già collaborato alla stesura dello screenplay di Come un tuono con Ryan Gosling. A guidare il cast ci sono Riz Ahmed, vincitore nel 2017 di un Emmy come miglior attore protagonista nella miniserie The Night of e Olivia Cooke. Olivia Cooke è nota soprattutto per aver preso parte a Ouija (2014), Ready Player One (2018) e alla serie tv Bates Motel. Il film nasce da un progetto cui Cianfrance ha lavorato per anni, Metalhead, un ibrido tra fiction e documentario; al centro il duo sludge metal dei Jucifer e la progressiva perdita dell’udito del batterista Edgar Livengood.
Il progetto venne abbandonato, ma lo scheletro della trama, qui, viene arricchito e rimaneggiato. Ruben suona la batteria nel duo punk metal che ha fondato con la compagna Lou, chitarrista e cantante. Ex tossicodipendente, è pulito da quattro anni quando il suo mondo crolla. Perde l’udito e la sua vita e il suo equilibrio vanno letteralmente in pezzi. Vorrebbe farsi applicare un impianto cocleare – operazione costosa e complessa – ma prima deve accettare la sordità e imparare a conviverci. Per questo decide di farsi aiutare nella comunità di Joe, un reduce che ha perso l’udito in Vietnam. Inizia così un percorso di adattamento alla nuova condizione, continuando nel contempo a credere di poter tornare quello di prima.
Indice:
Suoni, echi, silenzio – Sound of Metal, la recensione
In Sound of Metal tutto è costruito attorno al suono, alle sue declinazioni, percezioni, alla sua assenza. Il film si apre con una sequenza adrenalinica in cui vediamo Ruben, su un palco, suonare la batteria con tutta la carica e la passione di cui è capace. Poco dopo scopriamo le sue abitudini quotidiane, i suoi tempi, i suoi ritmi. Che si tratti di una melodia, del rumore di un frullatore o di una macchina per preparare il caffè, capiamo fin dal principio che la componente sonora, nella sua forma più completa, è parte fondamentale della narrazione. La perdita dell’udito è, tanto per Ruben quanto per lo spettatore, improvvisa e spiazzante: non ci sono avvisaglie, sintomi o spiegazioni. Ci dobbiamo adattare gradualmente alla condizione di Ruben che diventa, in qualche modo, la condizione stessa di chi guarda.
Per tutto il film lo spettatore assume in maniera alternata sia la prospettiva uditiva esterna sia quella del protagonista; quest’ultima, da un certo punto in poi, fatta solo di voci ovattate, di echi, di vibrazioni. Darius Marder porta avanti questa istanza in maniera impeccabile, trattando il suono come un personaggio vero e proprio e creando un effetto di immersione totale, di partecipazione completa. In altre parole, grazie a questo impressionante lavoro sul suono, vengono a crearsi due mondi; quello del fuori e quello dentro la testa del protagonista, distorto e mediato dalla sordità. Si potrebbe obiettare che non si tratta di una scelta particolarmente originale, magari già vista; vero, ma la gestione stilistica unita alla splendida prova di Riz Ahmed creano un quadro davvero eccezionale.
Un viaggio di accettazione
Come accennato in apertura della nostra recensione di Sound of Metal, il protagonista è un ex tossicodipendente che ha trovato a fatica un equilibrio. Ruben ha in qualche modo “sostituito” l’eroina con un’altra dipendenza, quella dalla scarica di adrenalina provocata dall’esibirsi dal vivo, dalla musica. Dalla musica e dalla sua compagna, Lou, anche lei con una dipendenza alle spalle. Lou e la musica sono i mondi in cui Ruben ha trovato rifugio, grazie ai quali è riuscito a ricostruirsi una vita. Quando perde l’udito, capisce che la sua nuova condizione è una minaccia concreta per tutte e due le sue zone sicure. E così fatica ad accettare l’aiuto, lotta strenuamente per relegare la sua sordità nella sfera delle faccende risolvibili, degli incidenti di percorso.
Quello di Ruben è un vero e proprio viaggio di accettazione, della sua condizione e della necessità di doversi ricostruire di nuovo. Nella descrizione di questo viaggio non c’è nessun sentimentalismo, nessun intento di innalzare il protagonista a modello da cui trarre ispirazione. Sound of Metal non è una parabola da cui ricavare conforto e men che meno è una favola edificante. Alla fine del viaggio, Ruben non ha ancora accettato fino in fondo la sua sordità; forse, viene da pensare, non lo farà mai, perché non vuole o non può permettersi di farlo. Quanto alla necessità di doversi ricostruire da zero, il finale lascia il nostro protagonista a dover fare i conti con una serie di possibilità; possibilità da vagliare in un silenzio – questo sì, davvero assordante – che allo spettatore e forse allo stesso Ruben suona allo stesso modo come salvifico e disperato.
Riz Ahmed e Olivia Cooke – Sound of Metal, la recensione
Riz Ahmed regge sulle sue spalle buona parte del film, con una performance totale, permeata da un realismo quasi cinico dall’inizio alla fine. Per prepararsi a interpretare il ruolo di Ruben, Ahmed ha studiato per mesi il linguaggio dei segni e imparato a suonare la batteria; questo si traduce, sullo schermo, in una prova credibile, mai forzata, estremamente naturale e di grande impatto emotivo. Darius Marder ha scelto attori non professionisti per rappresentare i personaggi non udenti, come nel caso di Paul Raci che nel film interpreta Joe. L’esperienza reale di Raci nei gruppi di recupero per non udenti con tossicodipendenze traspare tutta sullo schermo. Raci è un Joe paziente, tanto accogliente quanto fermo nelle sue decisioni, anche nelle più dolorose.
Alcuni dei momenti più emozionanti e commoventi del film vedono Ruben e Joe interagire, in un contrasto struggente di emozioni; la chimica tra i due attori, affinata in mesi di lavoro fianco a fianco, è evidente. Altrettanto brava Olivia Cooke che, con una presenza tutto sommato limitata nei 120 minuti di durata del film, riesce ad essere incisiva e profonda nelle sfumature, nei tormenti del suo personaggio. Parte della critica statunitense parla di Riz Ahmed come un candidato papabile per la nomination agli Oscar 2021 nella categoria Miglior attore protagonista. Ipotesi plausibile, tanto più che l’attore britannico non fa nulla per calcare la mano in tal senso, grazie anche a un personaggio scritto in maniera impeccabile e a una direzione pulita, essenziale e straordinariamente efficace.
Conclusioni
Arrivati alla fine della nostra recensione di Sound of Metal non possiamo fare altro che promuovere l’esordio di Darius Marder a pieni voti. Per l’utilizzo della componente sonora, per una regia priva di qualsivoglia virtuosismo e al servizio di una scrittura semplice e solida. Sound of Metal è un film profondamente emozionante, che non mette in campo alcun genere di artificio per toccare le corde sentimentali più immediate dello spettatore. Coerente anche la scelta di una fotografia dai colori desaturati, perfettamente in linea coi toni del film; film che racconta una storia “faticosa”, scomoda e malinconica.
Vale la pena sottolineare ancora una volta l’ottima prova di Riz Ahmed, frutto di un talento puro unito a una preparazione accurata, al servizio di una parte non facile. Volendo trovare un difetto a tutti i costi, forse, potrebbe essere la durata leggermente eccessiva; soprattutto avvicinandosi al finale alcuni tempi paiono un po’ troppo dilatati. Sound of Metal è sicuramente un film da non perdere e chissà che nella prossima (sicuramente anomala) stagione dei premi la magnifica interpretazione di Ahmed possa avere il giusto riconoscimento.
Sound of Metal
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- La splendida prova di Riz Ahmed
- La gestione dei suoni
Lati negativi
- Durata (forse) un po' eccessiva