Squid Game: la sfida – recensione del reality show di Netflix

Squid Game: la sfida è una grottesca parodia di una serie che è portavoce della condizione socio-economica coreana

Squid Game, assieme a Parasite, sono stati i due prodotti che hanno aperto le porte al grande pubblico in Occidente al cinema coreano. Entrambi, non a caso, mettono in scena le dinamiche di una società profondamente divisa e ingiusta: i ricchi sono pochi e tengono ben stretti i loro averi, mentre i poveri sono sempre più poveri e lasciati a loro stessi. La disperazione è tale che, nelle serie e nei film coreani spesso si denuncia il traffico di organi umani promessi da debitori insolventi obbligati da una triste situazione economica oppure contro la loro volontà . È il caso di Squid Game e del motivo per cui il protagonista, Seung Ji-hun, decide di partecipare al gioco una volta conosciute le regole: uccidere o essere ucciso sembra una prospettiva migliore che cedere i propri organi a creditori inferociti.

Squid Game basa la sua tensione narrativa sulla disperazione che si scontra con l’indifferenza estrema: quella dei moderatori di giochi e dei ricchi occidentali che hanno indetto il gioco solamente per il loro personale divertimento. Pane et circenses per i ricchi e annoiati uomini bianchi. Ha del grottesco, quindi, la scelta di Netflix di trasformare Squid Game in un reality show con concorrenti che simulano la propria morte e un ricchissimo montepremi. Noi spettatori siamo diventati i ricchi annoiati che indossano una maschera d’oro mentre scommettono sulla vita altrui.

Indice

Una non voluta parodia – Squid Game: la sfida, la recensione

Per tentare di renderlo un programma di puro intrattenimento, Squid Game: la sfida viene svuotato di ogni suo significato originale che viene rimpiazzato da dinamiche di potere tra i concorrenti, dai tentativi di empatizzare con loro e la curiosità data dai sodalizi che si creano con il passare degli episodi, le strategie e i tradimenti.
L’incipit è già poco entusiasmante, ma dalle prime battute si capisce che l’idea di Netflix era destinata ad affondare senza troppi indugi. La prima puntata si concentra su “Red light, green light”, la famosa versione di Un, due, tre, stella coreana con la ormai iconica e inquietante bambola.

Squid Game: la sfida.

Squid Game: la sfida. Netflix.

Fin dall’annuncio del programma, una domanda era la più gettonata: nella serie tv, i concorrenti non vengono gentilmente scortati fuori una volta che avevano perso, ma vengono uccisi sul posto. Come tenta il reality di replicare quel momento? La risposta era ovvia, ma il risultato è più parodico che d’effetto. Vedere i concorrenti fingere di morire, accasciarsi a terra con un sacchetto che rilascia un liquido nero all’altezza del cuore è già anticlimatico, ma vedere i loro compagni reagire come se realmente qualcuno stesse morendo davanti ai loro occhi è alquanto grottesco.

Le differenze inevitabili tra la serie tv e il reality – Squid Game: la sfida, la recensione

La narrazione è costruita in modo tale da riportare un’esperienza simile a quella provata nella serie che si basa sui contrasti, sulla tensione e, specialmente, sulla pressione psicologica esercitata sui concorrenti che non hanno via d’uscita. In Squid Game: la sfida, per ovvi motivi, tutto questo viene meno, ma la narrazione continua ad essere drammatica e a seguire la struttura della serie: le musiche sono le medesime, i giochi e l’estetica sono pressoché identici così come viene ricreata la pressione a cui i concorrenti sono sottoposti, senza però un reale motivo.

Squid Game: la sfida.

Squid Game: la sfida. Netflix.

Nemmeno il montepremi in palio lo è, al contrario è messo in ombra. Poche volte viene nominato, ancor meno spesso i concorrenti parlano della loro condizione economica in bilico e sempre in termini meno drammatici: si fantastica su quanto sia bella estinguere il mutuo, non del sollievo dal poter pagare i propri aguzzini e tenersi tutti gli organi al loro posto. Per tentare di creare una connessione con il pubblico, i concorrenti vengono intervistati, in una stanza più simile ad una sala degli interrogatori, e parlano di strategie, della loro vita, degli altri partecipanti ed alcuni confessano di stare lì per la sfida vera e propria. Il divario tra la serie e il reality è abissale.

In conclusione – Squid Game: la sfida, la recensione

Lo show è pensato per un pubblico americano che preferisce l’idea nostalgica del sogno che si realizza, dei drammi costruiti sui conflitti e la competizione piuttosto che per un pubblico asiatico che, al contrario, è completamente estromesso. Non a caso, la maggior parte dei concorrenti sono bianchi o afroamericani, solamente qualcuno di loro è asiatico. Non che stupisca, come già detto Squid Game: la sfida svuota la serie da cui è tratta da tutti i suoi contenuti politici per ridarcela esclusivamente da un punto di vista ludico, ma che non funziona anche a causa della conoscenza preventiva che lo spettatore ha nei confronti dei giochi e dell’inevitabile paragone con la serie.

Squid Game: la sfida.

Squid Game: la sfida. Netflix.

Solamente la nona puntata risulta originale poiché si discosta dall’opera originale per abbracciare una meccanica puramente di gioco. Nel suo insieme, Squid Game: la sfida è una grottesca parodia di una serie che ha un messaggio e che denuncia attivamente il capitalismo. Tematiche che, per quanto banali, hanno un significato e un valore specialmente nel dipingere la cultura e le problematiche della Corea del sud. Eliminandoli e ridurre il tutto ad un gioco fittizio al massacro dove i soldi in palio sembrano non avere nemmeno importanza rende Squid Game: la sfida una burla poco riuscita.

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Squid Game: la sfida

Voto - 3

3

Lati positivi

  • La nona puntata si distacca dalla serie tv e riesce ad essere più interessante grazie alla sua struttura puramente da reality
  • Lati negativi

    • Squid Game viene resa una parodia grottesca di se stessa, svuotata di tutte le sue tematiche, la sua critica al capitalismo e alla società coreana
    • Anche come reality a premi non funziona molto, essendo esteticamente uguale alla serie e volendola ricalcare in – quasi – tutto perde di originalità

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