Stranger Things 4: recensione del Volume 2
La serie Netflix ci riserva un finale emozionante che segna un ritorno alle origini
Dopo una prima parte che aveva convinto per l’uso mai banale del citazionismo, per le atmosfere più cupe e dark e per la cura nell’introspezione dei personaggi, Stranger Things torna con il Volume 2 dopo poco più di un mese dall’uscita delle prime sette puntate.
La narrazione riprende esattamente lì dove ci aveva lasciato: con Eleven che fronteggia apertamente Henry, un gruppo di freaks pronti a combattere contro Vecna e una promessa da parte del reparto marketing di Netflix che le ultime due lunghe puntate sarebbero state “una carneficina”, per citare Joseph Quinn.
Stranger Things mantiene tutte le promesse, regalandoci un finale emozionante segnato da un ritorno alle origini con un’eroina nel ruolo più classico del termine, i suoi amici che fanno fronte comune e le atmosfere nostalgiche degli anni ’80 unite a quelle horror dei film del medesimo periodo. Un universo in continua espansione e che è ad un passo dalla sua meta finale.
Indice
- Un cerchio che si chiude
- We need a hero
- Ritorno alle origini
- I freaks salveranno il mondo, o almeno ci provano
- Conclusione
Un cerchio che si chiude – Stranger Things 4, la recensione
Con queste ultime due lunghe puntate – rispettivamente da un’ora e mezza e da due ore e venti -, Stranger Things chiude un cerchio. Riprendendo direttamente la fine del settimo episodio, con una Eleven furiosa contro Vecna, ci ritroviamo in una Hawkins ancora stordita dagli omicidi, il gruppo di liceali guidato da un Jason sconvolto per la morte della sua ragazza e convinto che una setta satanica l’abbia condotta alla morte e il folto numero di protagonisti pronto a combattere. In questa seconda parte, le atmosfere e le dinamiche riecheggiano nuovamente della narrazione delle stagioni precedenti, ma continuando con i riferimenti ai film horror sulle case infestate e agli slasher movies.
Un ritorno alle origini dunque, ma anche – come accennato – un cerchio che viene chiuso in due direzioni: queste ultime puntate hanno posizionato al giusto posto tutti i tasselli per prepararsi alla quinta ed ultima stagione. Ma, al tempo stesso, è andata anche ad arricchire gli eventi che hanno portato Eleven a quel punto, facendo guardare con occhi nuovi tutto quello che hanno affrontato fino a quel momento, ampliando l’universo creato dai fratelli Duffer.
We need a hero – Stranger Things 4, la recensione
Nelle puntate precedenti il vasto gruppo si è ritrovato diviso, ognuno ad affrontare su diversi fronti lo stesso nemico. Quel che univa i personaggi non era solo Vecna, ma soprattutto i rapporti interpersonali tra di loro. Steve e Nancy con la loro relazione che sembrava arrivata ad un punto d’arresto, Eddie e Dustin che sono il duo comico meglio congeniato (assieme a Dustin e Steve, insomma Dustin si è rivelato il vero asso della manica che sta bene in ogni situazione), Will alle prese con una cotta non ricambiata – e nemmeno capita – per Mike mentre Joyce è corsa a salvare Hopper.
Alle due vere protagoniste della stagione è stato riservato loro l’arco narrativo più introspettivo, questo finché la sceneggiatura non ha sentito la mancanza di un leader, un collante diverso dalle relazioni interpersonali. Quel che mancava nel Volume 1 era un eroe nel senso più tradizionale del termine e quello che è stata Eleven fin dall’inizio della serie tv. L’eroina coraggiosa che prende in mano le redini del gioco, che è sì aiutata dai suoi amici, ma che con coraggio ed intraprendenza riesce a capovolgere a suo favore qualsiasi situazione solo con le sue forze.
Ritorno alle origini – Stranger Things 4, la recensione
Stranger Things torna alle sue origini, al suo essere uno show nostalgico sugli anni Ottanta con un personaggio femminile atipico che segue un preciso percorso di crescita e redenzione. Già nella prima parte di questa quarta stagione, il cammino di Jane era legato indissolubilmente con quello di Vecna. La backstory di entrambi aveva punti in comune, traumi e similitudini che li hanno resi più uguali di quanto ad Eleven piaccia ammettere. Una catena che viene spezzata quando le diversità tra i due si amplificano.
La sceneggiatura si setta su un ruolo più classico dell’eroe e del villain, con similitudini che li rendono pericolosamente vicini ma sfumature che diventano man mano sempre più nette, rendendo evidente lo spazio nero che si crea tra i due. Una chiave emotiva che funziona alla perfezione, soprattutto come conclusione di una stagione che si è rivelata ricca sotto ogni punto di vista: dal citazionismo alle atmosfere horror, dagli archi narrativi dei personaggi alla tensione emotiva. Un crescendo che culmina, anche questo, in un classico scontro tra le forze del bene contro quelle del male, un escamotage narrativo che funziona sempre quando è messo in scena con pathos e adrenalina. Cosa in cui i Duffer Brothers sono maestri.
I freaks salveranno il mondo, o almeno ci provano- Stranger Things 4, la recensione
Il lungo finale ristabilisce gli equilibri, ma ne scombina altri. Com’era prevedibile, la battaglia finale occupa quasi tutti i circa 140 minuti che si svolgono su un terreno tutt’altro che neutro. Perché se è vero che Eleven torna ad indossare la sua armatura smagliante dell’eroina senza macchia, è anche vero che gli altri non restano a guardare. I ruoli spartiti trovano una propria locazione in quella che è un film d’azione dai tratti horror in ogni sua inquadratura. Perché se c’è una cosa che Stranger Things ci ha insegnato è che l’unione fa la forza, che i freaks, i disadattati, possono davvero salvare il mondo e che – per citare Lucas – quelli normali sono degli psicopatici.
Perché la normalità ad Hawkins sono dei ragazzetti che inseguono armati fino ai denti dei loro compagni di scuola, guidati da un rancoroso quanto ferito Jason, ma lo è anche un mondo parallelo abitato da creature assetate di sangue. Ad incarnarne l’essenza di questa stagione è Eddie, la vera rivelazione così come lo era stato Steve ai tempi, che rispecchia al pieno lo spirito di questa stagione: spacciatore dal cuore d’oro, è tormentato dal non essere riuscito a salvare Chrissy, cerca la sua redenzione nel sottosopra.
Questa quarta stagione è, in tutto e per tutto, un coming-of-age che mette al centro della narrazione i giovani protagonisti, allontanando – anche fisicamente – gli adulti che qui hanno un ruolo utile quanto marginale.
Conclusione – Stranger Things 4, la recensione
Con un finale emozionante, Stranger Things ci lascia con molta curiosità e un rinnovato interesse per una serie che, nella terza stagione, stava perdendo dei colpi. Dei difetti che possono essere facilmente perdonati dal momento che i fratelli Duffer ci rivelano i loro piani iniziali, andando a sconvolgere tutto quello che abbiamo visto fino a ora. Stranger Things ha il potere di rinnovarsi continuamente, giocando su dei binari già percorsi molte altre volte da serie più o meno simili, ma la sua forza sta nel costruire una narrazione nuova che si distacca notevolmente dalla serialità di genere contemporanea.
Un universo che i creatori avevano già preannunciato quando hanno dichiarato di essere interessati a focalizzarsi su uno spin-off della serie, ma, senza andare troppo lontani, da quando la serie stessa si è trasformata in un cult generazionale che ha coinvolto milioni di spettatori, tra i più nostalgici fino alla generazione Z. Stranger Things ha fatto con i suoi spettatori ciò che ha fatto con i suoi personaggi, lasciandoci col fiato sospeso ad aspettare la quinta stagione.
Stranger Things
Voto - 8
8
Lati positivi
- Il ritorno ai ruoli più classici dell'eroina e del villain
- Il lato emotivo che culmina in un finale d'azione ben congeniato
- Il ruolo cardine di Eddie che rappresenta lo spirito dell'intera stagione
Lati negativi
- Il gruppo degli adulti è lasciato più in sordina, viene privilegiato un coming-of-age che si focalizza solo sui protagonisti più giovani