Swiss Army Man: recensione del film con Daniel Radcliffe
La recensione di Swiss Army Man, comedy drama del 2016 con protagonisti Daniel Radcliffe e Paul Dano
Trovatosi su di un’isola deserta, Hank Thompson (Paul Dano) decide di togliersi la vita. Mentre prova (con scarsi risultati) ad appendersi ad un cappio improvvisato, Hank scorge un corpo esanime sul bagnasciuga. Una volta avvicinatosi al presunto morto (Daniel Radcliffe), Hank scopre che ha delle capacità incredibili, e tenta di avvantaggiarsene per tornare alla civiltà.
Queste le premesse di Swiss Army Man, presentato al Sundance film festival nel febbraio del 2016 e distribuito in maniera limitata nelle sale nel giugno dello stesso anno. Una commedia dai toni drammatici diretta da Daniel Kwan e Daniel Scheinert (famosi principalmente per la regia di diversi video musicali) che in pochi anni è riuscita a ritagliarsi uno spazio nell’universo delle commedie cult. Un film coraggioso, unico e inspiegabilmente toccante, riuscito perfettamente dalla coppia di registi che ha vinto una difficilissima scommessa. Grazie ai ritmi molto rapidi, l’interpretazione notevole di due attori amatissimi dal pubblico e la grande capacità di far ridere e commuovere, Swiss Army Man è una pietra miliare della commedia contemporanea. Ecco quindi Swiss Army Man, la recensione.
Swiss Army Man: la recensione
“La prima scorreggia del film ti farà ridere, l’ultima ti farà piangere.”
Potrà sembrare assurdo (com’è d’altronde tutta la pellicola), ma è con queste parole che i due registi del film hanno convinto Paul Dano ad accettare la parte. La scena iniziale è di quanto più surreale si sia mai visto nel cinema recente. Hank, dopo aver notato che il cadavere sulla spiaggia comincia ad emettere flatulenze, decide di utilizzare la propulsione per provare a raggiungere un nuovo posto, letteralmente cavalcandolo. In un turbinio di follia, i primi dieci minuti del film lasciano lo spettatore inevitabilmente sconcertato (al punto che a Sundance diversi spettatori abbandonarono la sala), mostrandogli qualcosa di assolutamente inaspettato e inimmaginabile. I protagonisti si trovano così a “navigare” tra le onde, in un vortice di entusiasmo e pazzia. Il tutto accompagnato dall’altrettanto folle colonna sonora, interamente cantata dai due protagonisti.
Quello che può sembrare un film no-sense e demenziale, svela quasi nell’immediato la sua vera natura: una favola che parla d’amore, di vita, di amicizia e solitudine. Un’opera dadaista che spiega la normalità con l’assurdo, la rende concreta e la distrugge, dando allo spettatore i cocci di qualcosa di buffo e meraviglioso.
Il primo elemento ad essere protagonista della storia, però, è senz’altro la morte, in numerose accezioni.
Swiss Army Man: l’importanza della morte
Avendo descritto l’incipit della storia, è chiaro quale sia il tema principale: la morte. La morte a cui Hank vorrebbe abbandonarsi, e la morte nella persona di Manny (il nome del cadavere). Dopo averne tratto vantaggio utilizzandolo come motoscafo, Hank si ritrova in una grotta, in compagnia unicamente di Manny. È lì che scopre un’altra delle tante funzionalità del morto: la capacità di vomitare acqua potabile. Con un’altra scena assurda e paradossale, i registi mandano un fortissimo messaggio: l’importanza della morte.
Un tema temuto, delicato, ed esorcizzato nei più diversi modi dalla nostra società. In questo film, invece, assume tratti morali molto netti e straordinariamente positivi. Hank, che stava provando ad uccidersi, scopre nella morte uno strumento utile a sopravvivere, metaforicamente e letteralmente. Manny diventa progressivamente lo Swiss Army Man (uomo multiuso) citato nel titolo, aiutando Hank nei modi più disparati. Inizia così un viaggio di coppia, dove lo schermo è riempito principalmente dalla grande interpretazione di entrambi i protagonisti.
La scelta degli attori gioca qui un ruoto importantissimo. Due volti bene impressi nella cultura cinematografica moderna, con storie diverse ma sentimenti piuttosto simili. Paul Dano, che a partire da Little Miss Sunshine ha lasciato un’impronta di spensierata giovinezza, di normalità adolescenziale; e ovviamente Daniel Radcliffe, che nella memoria dei più è ancora il maghetto Harry Potter. Questa scelta di casting permette allo spettatore di provare ancora più empatia e tenerezza nei confronti dei protagonisti, facendo leva sui sentimenti che i loro personaggi più ricordati suscitano.
Le attenzioni di Hank, che intanto continua ad approfittare delle capacità di Manny, portano quest’ultimo ad una svolta inaspettata: la sua rinascita. Esattamente come un bambino, Manny impara lentamente a parlare e comincia a fare i conti con le difficoltà del trovarsi in un corpo nuovo, che non sa bene come utilizzare. Ad averlo riportato in vita dalla morte è l’amore, che si manifesta nella sua crescita in senso lato, ma anche più praticamente.
Swiss Army Man recensione: l’amore nel film
Com’è inevitabile che sia, Hank si ritrova a dubitare dei suoi stessi occhi, temendo di essere preda di un’allucinazione. Tramite un montaggio rapido ed intelligente, i registi ci mostrano come Hank arrivi a perdersi nei suoi ricordi, proiettando la propria vita su Manny. L’amore che lui provava per una ragazza incontrata per caso su un autobus diventa il set cinematografico di una messa in scena in cui la realtà si mescola con la finzione e lascia tutti incerti su cosa credere. È tutto vero? Non ha nessuna importanza. L’amore è la parte integrante della seconda metà del film, e lascia allo spettatore il diritto di scegliere a cosa credere, perché il nucleo narrativo è un altro.
La progressiva crescita di Manny permette ad Hank di avvicinarsi sempre più alla civiltà, ma principalmente gli permette di riscoprire l’ingenuità e la delicatezza con cui un bambino (o un cadavere) penserebbe e si esprimerebbe.
L’amore, come dicevo, si manifesta però in varie forme. Dagli istinti più pratici di Manny (“Voglio fare sesso”), passando per la tenerezza quasi fraterna (“Vogliamo veramente tornare a casa?”), e finendo con un bacio tra i protagonisti che letteralmente salva loro la vita. Morte e amore si intrecciano così in un intelligente mix; mostrando allo spettatore le cose da un punto di vista capovolto ed innovativo, assurdo ma incredibilmente concreto. Il finale è un tripudio di avvenimenti ed emozioni, dove l’amore (che dapprima aveva fatto rinascere, crescere e salvato i protagonisti) uccide Manny, liberandolo in tutte le sue inevitabili contraddizioni terrene. Scopre il terribile potere delle menzogne, della vita vera. Scopre la pericolosità del pensiero, e scopre perciò così nuovamente la morte.
Swiss Army Man: conclusioni
Sia chiaro, non si tratta di un film semplice. Non nella sua accezione più comune. Si tratta di un film che, superato lo shock iniziale, dona emozioni fortissime. E lo fa raccontando alcuni tra i temi più complessi della nostra vita in modo genuino e semplice. Ci permette di mettere in dubbio alcune delle certezze più granitiche nell’esistenza di un essere umano, e di vederle dal punto di vista di chi non ci saremmo mai aspettati: un morto.
La capacità di raccontare l’amore e la morte attraverso un rapporto così assurdo, è probabilmente il lato positivo più forte di questo film, che ha dalla sua anche un comparto tecnico di tutto rispetto, dalle scelte fotografiche a quelle musicali, in linea con il resto della pellicola.
In conclusione, Swiss Army Man è un film che dovrebbe essere visto da tutti almeno una volta nella vita. Questo perché riesce con estrema chiarezza a fare luce su alcuni dei temi più difficili da raccontare al pubblico, ma anche a se stessi.
Swiss Army Man
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Semplicità ed innovazione narrativa
- grandi interpretazioni e grande colonna sonora
Lati negativi
- non adatto ad un pubblico ampio
- a volte eccessivamente criptico